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non si richiede una memoria distinta di tutt'i peccati, ma basta una notizia confusa dello stato del penitente. Si ascolti il La Croix (Lib. VI, Par. II, n. 1717): Quando vis poenitentiam imponere, non est opus habere distinclam memoriam omnium auditorum, sed sufficit confusa notitia status poenitentis, quae in co consistit, ut saltem memineris plura diversae speciei mortalia esse dicta, eaque in numero satis frequenti: tum enim judicare potes hunc esse peccatorum solito graviorem adeoque maiore poenitentia dignum .

Perciò, quando trattasi di un penitente di ritorno, ed il confessore siasi del tutto dimenticato dello stato di sua coscienza, per imporre la penitenza sacramentale, ba ta rivolgergli poche dimande e conoscerne qualche cosa in confuso: Si tamen, segue a dire lo stesso Autore, 1. c., ita esses oblitus omnia, ut nequidem confusam peccatorum notitiam haberes, teneris per paucas interrogationes repetere cognitionem aliquam status conscientiae poenitentis, attamen cavendo, ne reddas confessionem odiosam et nimis gravem poenitenti ».

Che se si vuole evitare il fastidio delle nuove domande, nel caso di assoluta dimenticanza dello stato del penitente, si dovrà provvedere col compierne il giudizio fin dalla prima volta che quegli si presenta e con assegnargli fin d'allora la penitenza. Al ritorno, basta che assicuri di aver fatto ciò che gli fu imposto, perchè lo si possa assolvere senza altro. Così lo stesso La-Croix 1. c. E contra, si iam imposueris poenitentiam, non est necesse, ut quando absolvis, etiam confuse memineris peccatorum vel poenitentiae impositae, sed satis est recordari esse confessum et latum esse de eo judicium; status enim poenitentis erat recolendus tantum in ordine ad formandum de eo judicium et ad taxandam poenitentiam, quod iam ante factum est; neque confessarius absolvit a peccatis distributive semptis, sed collective ab omnibus simul», Così pure il Tamburino de

Conf. 1. 3 c. 2 n. 8, il Bucceroni Casus Consc. T. II. n. 122 etc.

Richiamiamo su questo insegnamento l'attenzione dei confessori, specie dei missionarii, quando nei giorni di grande concorso è preziosa la economia del tempo. Allorchè non possono assolvere i penitenti la prima volta che si presentano (e giova assolverli sempre ch'è possibile), compiano però il giudizio ed impongano la penitenza. Al ritorno chiedano conto di ciò che i penitenti doveano fare (restituzioni, allontanamento di occasioni, condotta più corretta), e procedano all'assoluzione. Da quanto abbiamo detto può risolversi benissimo il caso proposto.

99.

Circa la confessione settimanale
per le indulgenze.

Quinzio è uso confessarsi ogni settimana; però non ha giorno fisso, confessandosi ora la domenica, ora il mercoledi, ora il sabato, e talvolta lascia pur passare una qualche settimana senza confessione. Può lucrare le indulgenze che cadono nella settimana, per cui si richiede la confessone?

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Clemente XII, con decreto della S. C. delle Indulg. 9 dic. 1763, concesse: Indultum omnibus Christifidelibus qui frequenti peccatorum confessione animum studentes expiare, semel saltem in hebdomada ad sacramentum poenitentiae accedere nisi legitime impediantur, consueverint et nullius lethalis culpae a se post praedictam ultimam confessionem commissae sibi conscii non sunt, ut omnes et quascumque indulgentias consequi possint, etiam sine actuali confessione, quae cete

roquin, iuxta praefati decreti definitionem, ad eas lucrandas necessaria esset. Nihil tamen innovando circa indulgentias iubilaei, tam ordinarii quam extraordinarii, aliasque ad instar iubilaei concessas, pro quibus assequendis, sicut et alia opera iniuncta ita et sacramentalis confessio tempore in earum concessione praescripto peragatur ..

Dunque coloro che hanno in uso di confessarsi ogni settimana, purchè si mantengano in grazia, possono acquistare, senz'altra confessione, tutte le indulgenze (tranne solo quella del giubileo) per cui si richiede la confessione come opera ingiunta.

Ma è necessario confessarsi ogni settimana in giorno fisso? Non è necessario, perchè ciò non si prescrive. Purchè la confessione si faccia fra i giorni della settimana, in qualunque giorno ha luogo, si gode questo indulto. Nè vale opporre il decreto della S. C. delle Indulg. del 19 nov. 1878; imperocchè in questo fu deciso che la settimana costa di sette giorni, non già di otto, e però la confessione deve farsi fra la domenica ed il sabato seguente, non già fra una domenica e l'altra (1). Così insegna pure il Lehmkul, Vol. II, n. 539 ed il Melata Man. de Indulg. Par. I, c. V, § 2. E perciò Quinzio, nel caso, può benissimo continuare la pratica di confessarsi talora la domenica, talora il mercoledì, talora il sabato, senza perdere le indulgenze.

Ma che è da dire s'egli fa passare talvolta qualche settimana senza confessarsi?

Qui è d'uopo distinguere: Se ciò fa per un giusto motivo, p. e. perchè non potè aver confessori, in tal caso pare a noi che non solo non perde l'indulto pel

(1) Lo stesso fu deciso per quelle diocesi che ottennero questo indulto per coloro che si confessano ogni due settimane: devono questi confessarsi ogni 14 giorni, non già due volte al mese (S. C. Ind. 15 novembre 1878 ad 2, e 26 febbraio 1886).

tratto successivo, ma può ancor guadagnare le indulgenze di quella settimana. Imperocchè nell'allegato documento di Clem. XIII sta detto nisi legitime impediantur: quando è dunque legittimamente impedito, nulla perde nè per le seguenti settimane nè per quella in cui non ebbe luogo la confessione.

Ma se non per giusta ragione, sivvero per trascuraggine, la confessione non si compie in quella settimana, è certo che l'indulto non si lucra. Sembra però che, ripigliandosi la confessione nelle settimane seguenti, l'indulto anche rivive, per la ragione che non si distrugge la consuetudine colla omissione di solo qualche atto. E questa è pure l'opinione del Lehmkul 1. c.: Imo, egli dice, si casu raro aliqua hebdomada sine confessione excidat, ne id quidem quidquam obest, quoniam consuetudinem hebdomadariae confessionis non destruit » (1).

100.

Se offenda la validità dell'ordinazione presbiterale la tradizione degli strumenti comune e non successiva.

Cajo sacerdote si ricorda che, quando si ordinò presbitero, non gli fu dato a toccare da solo il calice colla patena e coll'ostia, ma fu chiamato insieme con altri ordinandi a toccarlo. Or avendo letto nel Pontificale che la tradizione degl'istrumenti deve farsi successive, chiede se può star tranquillo circa la validità della su ordinazione.

Vuolsi distinguere la tradizione degli strumenti del presbiterato da quella degli altri ordini precedenti. In

(1) Questo va detto per coloro che non hanno l'uso di comunicarsi ogni giorno o quasi ogni giorno. Costoro possono lucrare tutte le indulgenze senza obbligo di confessione, come dal Decreto generale della S. C. delle Indulgenze 14 febbraio 1993.

questi la detta tradizione fuò farsi in comune, ammettendolo la rubrica del Pontificale e ancora le parole delle formole rispettive che sono in plurale. Non così nel presbiterato, in cui si prescrive: Pontifex... tradit cuilibet successive calicem cum vino et aqua et patenam superpositam cum hostia », e la formola è in singolare.

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Fa d'uopo stare strettamente a tal disposto, secondo defini la S. C. dei Riti il dì 11 marzo 1820 in Civitaten. ad 7, n. 4565 ediz. Gardell.: 3.o Ex Pontificali debentne successive tangere calicem et patenam subdiaconi et presbyteri in eorum ordinatione? Sufficitne quod simul tangant, et non successive singuli, et super duos aut tres aut quatuor simul tangentes materiam proferre formam, dum Pontificale dicit Accipite? Resp. Ad 3. Affirmative

quoad subdiaconos; negative quoad presbyteros: siquidem juxta Pontificalis Rubricam in ordinatione subdiaconorum super duos vel tres simul manu dextera tangentes calicem cum patena potest ab Episcopo proferri forma Videte cuius ministerium vobis traditur etc. In ordinatione vero presbyterorum cuilibet tradendus est calix cum vino et aqua et patena cum hostia, et cuilibet formula repetenda est in singulari: Accipe potestatem etc ».

Non ha dubbio adunque che vi è obbligo di far toccare successivamente ai presbiteri ordinandi il calice, la patena e l'ostia.

Ma vi è pericolo per la validità quando questa rubrica non si osserva? Purchè vi sia stato il tatto fisico degli strumenti, l'ordinazione sarà stata illecita, ma non invalida. Ecco una dichiarazione autentica del S. Officio che lo conferma :

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Il Vescovo N. N. espose alla S. C. dei Riti questo dubbio: Utrum validae sint ordinationes, in quibus traditio instrumentorum facta fuerit in communi, et non successive, uti in Rubrica Pontificalis Romani ». E n'ebbe la seguente risposta dal S. Ufficio Porro E.mi Patres una mecum Inquisitores generales, cui superius expo

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