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zione spirituale. Occorre qui un'altra dispensa? ovvero la già ottenuta dispensa in radice ha sanato il matrimonio da qualsivoglia impedimento?

Per ben risolvere il caso, di cui nessun teologo o canonista che noi sappiamo fa parola, occorre disaminare la natura della dispensa in radice, e vedere se per essa dichiarasi tolto dal matrimonio qualsivoglia impedimento juris humani, ovvero quello solo che si esprime nella istanza. Ecco come Benedetto XIV definisce siffatta dispensa (Syn. Dioec. L. XIII, c. 21, n. 7): « Legis ecclesiasticae, quac impedimentum induxit abrogatio in casu particulari, coniuncta cum irritatione omnium cffectuum etiam antea ex lege sccutorum. Un'abrogazione della legge ecclesiastica che indusse l'impedimento nel caso particolare, congiunta colla irritazione di tutti gl'effetti legali seguiti anche prima. Parlasi adunque di quell'impedimento che si propone, non di altri: su di quello solamente versa la dispensa che s'è ottenuta. La dispensa in radice, infatti, quanto alla sostanza, è simile ad ogni altra dispensa, salvo solo che questa ha il suo effetto dal punto della concessione; quella retrotrahitur ad tempus initi matrimonii. Or poichè quando concedesi la dispensa ordinaria per un determinato impedimento, la dispensa si intende data per quel solo impedimento per cui si è chiesta, e non già per altri, perciò lo stesso deve dirsi della dispensa in radice.

Ciò si conferma dalla formola onde concedesi cotal dispensa dalla S. Penitenzieria. Questa dà facoltà al VeSCOVO " praefatum matrimonium uti profertur nulliter contractum, dummodo prior consensus perseveret, Apostolica auctoritate in radice sanandi, prolemque, sive susceptam, sive suscipiendam legitimam enunciandi ». ". Non si dice qui matrimonium QUAQUAVERSUS nulliter contractum, ma solo matrimonium UT PROFERTUR nulliter con

tractum; la dispensa dunque riguarda solo l'impedimento dichiarato nella domanda.

Di qui viene che nel caso del matrimonio di Giulio con Berta, non ostante la dispensa in radice di già ottenuta, fa mestieri chiederne un'altra per l'impedimento scoperto dopo, senza di che il matrimonio continua ad esser nullo.

106.

Se ad un solo oggetto si possano
annettere più indulgenze.

Si possono annettere più indulgenze ad un solo oggetto? P. es. la stessa corona benedetta dai PP. Crocigeri si può anche benedire da' PP. Domenicani, e guadagnare le indulgenze degli uni e degli altri?

Quando l'oggetto già benedetto con indulgenze ha le condizioni richieste perchè possa benedirsi con indulgenze diverse, nulla vieta che vi si possano annettere anche queste ultime. Però con un solo atto non si possono guadagnare quelle e queste indulgenze, dovendosi l'oggetto adibire a piacimento o per uno scopo o per un altro.

Così troviamo espresso in alcuni chiarimenti che il Direttore del Rosario Memorie Domenicane (Anno IX fasc. 1 pag. 4 della Copertina) attesta di aver avuti dalla Sacra Congr. delle Indulgenze, che noi, stante il loro interesse e la loro precisione e chiarezza crediamo utili riportare interamente in nota (1).

(1) 1. Per un decreto della S. Congregazione delle Indulgenze e Ss. Reliquie in data del 16 luglio 1887, gli oggetti arricchiti d'Indulgenze si hanno a dare ai fedeli affatto gratuitamente; sicchè se alcuna cosa si domanda o si riceve a qual

107.

Come un sacerdote possa accettare
l'officio di consigliere comunale.

Possono i Sacerdoti, senz'alcun permesso, accettar l'officio di consigliere comunale?

I Sacerdoti, in genere, non possono esercitare officii laicali senza il permesso dell'Autorità ecclesiastica. I Vescovi, nella presente disciplina, possono autorizzare i

siasi titolo di prezzo o di permuta o di rimunerazione o di limosina, se ne perdono per ciò stesso le indulgenze.

2. E ad evitare una tale perdita non giova punto di restituire dipoi il danaro o l'oggetto ricevuto.

3. Ciò non ostante, se una persona convenga con altre di comperare a spese comuni e far benedire corone e altri oggetti, quella che è a capo della impresa e della spesa può senza detrimento delle Indulgenze ricevere dalle altre socie il danaro convenuto, anche dopo la suddetta benedizione.

4. I Sacri oggetti possono essere arricchiti di più Indulgenze, come per esempio, le corone benedette dai PP. Crocigeri e dai PP, Domenicani; peraltro queste Indulgenze diverse non si possono cumulare insieme a un medesimo scopo; perciò chi con una delle dette corone reciti il Rosario alla Santissima Vergine potrà ogni volta lucrare per sè o per le anime purganti solo la indulgenza dei Crocigeri o solo quella dei Domenicani, ad arbitrio giusta la propria intenzione.

5. Non perdono l'Indulgenza i crocifissi, le corone, i rosarii, le statue, ecc. le quali prima di ogni uso siano passate di una in altra o più mani:

6. Rimangono le Indulgenze annesse alle corone, quando queste si facciano rilegare e si paghi il prezzo della rilegatura.

7. Restano parimenti le Indulgenze, se alle corone si cangi la medaglia o il crocifisso, ovvero si aggiungano altre medaglie o crocifissi, non essendo a questi ma ai grani applicate le Indulgenze.

8. Se all'insaputa di chi possiede le corone, le medaglie, ecc., fossero queste adoperate da altri, non viene per tal cagione perduta l'Indulgenza già applicata a quegli oggetti.

9. Benchè si tolga il privilegio delle Indulgenze in quella corona che sia usata da una persona e si regala o si presta ad altre persone, a fine di far loro acquistare le annesse Indulgenze, pur nondimeno quel privilegio non si toglie se la corona s'impresti ad altri semplicemente per contare.

10. Le corone, i crocifissi, le medaglie, ecc. già adoperate da persona defunta, rimangono prive delle Indulgenze ond'erano dotate, e queste non possono più guadagnarsi da chi riceve quelle in eredità".

Sacerdoti a far da consiglieri ed assessori municipali, non già da sindaci, da vice-sindaci e da tesorieri, e molto meno da membri della Congregazione di carità (Mon. Eccl. Vol. V. Par. II, pag. 252; Vol. VII, Par. II, p. 104, 109).

108.

Circa la facoltà di ridurre le messe, data
ai Vescovi dalla S. Sede.

Tizio ottenne dal Vescovo una riduzione di messe sopra un certo legato. Or si rivolge al Vescovo medesimo perchè la ridu zione sia più ristretta, stanti le tristi condizioni di sua famiglia. Può questi concederla, in virtù delle speciali facoltà che la S. Sede largisce ai Vescovi?

Non può. Imperocchè la facoltà, che la S. Sede suol concedere ai Vescovi di ridurre le messe, ha la condizione dummodo alias reducta non fuerint (V. Mon. Eccl. Vol. II, Par. III, pag. 55). Essendo stato una volta ridotto il numero delle messe, nel caso, non può più il Vescovo metterci mano.

109.

Se il parroco binante debba ricusare lo stipendio della seconda messa, richiesta per un funerale.

Roberto parroco ha la facoltà di binare. Un di, dopo detta la prima messa pro populo, lo si richiede di celebrare il funerale di un suo filiano. Può ricevere l'intero stipendio del funerale,

incluso quello della Messa? Che è da dire se lo si richiedesse della sola messa cantata funeraria?

È legge costante della Chiesa che chi ha il privilegio del binare nessun emolumento può ricevere per la seconda messa. Così la S. C. del Concilio in moltissime risoluzioni, come in Cameracen. 25 sept. 1858; in Ventimilien. 19 dec. 1835; in Treviren. 23 mar. 1861; in Nanceynen.-Tullien. etc. E però nella circolare della S. C. di Propaganda del 15 ott. 1864 agli Ordinarii delle Missioni fu dichiarato: Ex praxi generali, presbyteris non concedi eleemosynam recipere pro secunda missa, etiamsi de illis agatur qui parochiali munere instructi ideo stipendium pro prima missa nequeunt obtinere, quod eam pro populo applicare teneantur (Mon. Eccl. Vol. V, P. II, pag. 225).

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Il qual divieto di esigere emolumento per la seconda messa si estende a qualsivoglia obbligo di legato o di beneficio, o in altra guisa rinumerato (Lehmkul Th. Mor. Vol. I, n. 316; S. C. C. 28 apr. 1871). La detta messa può applicarsi solo per soddisfare qualche obbligo di mera carità, donde non si abbia emolumento (S. C. C. 14 sept. 1878 in Nanceyen.-Tullien. et Nemausien.; 5 mar 1887 in Vivarien.- Mon. Eccl. Vol, I p. 553, Vol. V, P. 1, pag. 27).

Solamente per rispetto di qualche lavoro estrinseco al S. Sacrifizio, o in riguardo al luogo o al tempo della celebrazione, può percepirsi qualche compenso. Così la S. C. del Conc. in Treviren. 23 mar. 1861 dichiarò: Posse permitti, prudenti arbitrio Episcopi, aliquam remunerationem intuitu laboris et incommodi, exclusa quacumque eleemosyna pro applicatione (secundae) missae -.

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La ragione di tal divieto è manifesta. Lo stipendio della messa non è per ragione dell'opera che si compie (il che sarebbe simoniaco), ma per titolo di sostenta

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