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gli è stato spedito, senza brigarsi di pagarlo. Cipriano gl' impone l'obbligo di pagare, ovvero di restituire subito quelle cose. Or si chiede: Che deve dirsi della condotta di Cornelio e di Cipriano?

Cornelio non ha obbligo, nè di pagare il prezzo dei libri o dei giornali, nè di restituirli.

Non ha obbligo ratione contractus, perchè manca il suo consenso; e tutti sanno che il contratto poggia sul consenso delle parti contraenti.

Non ha obbligo ratione damnificationis, perchè non ha recato danno ingiusto a nessuno.

Non ha obbligo ratione iniustae acceptionis, perchè quelle cose a nessuno le ha tolte ingiustamente.

Neanco ratione rei acceptae, perchè il possessore di buona fede è quegli che riceve una cosa altrui, ignorando invincibilmente ch'è d' altri, però domino rationabiliter invito. È vero che qui il padrone sarebbe invitus; ma non rationalibiter. Egli infatti non avea nessun diritto di mandare, non richiesto, la sua merce ad altri, e molto meno d'imporre le condizioni o di pagarne il prezzo o di rimandarla indietro. E perciò chi l'ha ricevuta, non ha dovere di fare nè l'una cosa, nè l'altra. I diritti e i doveri sono correlativi: se manca il diritto, manca pure il dovere. Può taluno obbiettare :

a) È principio di diritto naturale che res clamat ad dominum. - È vero ciò quando il padrone non ne fa sperpero da sè. Ma nel caso egli, mandandola senza richiesta, la espone volontariamente al pericolo di perderla; e ciò perchè non ha diritto, come s'è visto, d'imporre l'obbligo della restituzione, o del pagamento.

b) Ma la restituzione della merce può farsi agevolmente senza danno di chi l'ha ricevuta. Mettiamo pure che possa farsi senza costui danno (1): ha egli que

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1. È vero che, appena ricevute le corrispondenze, senz' aprirle o sfogliarle, possono rimandarsi con un rifiuto. Ma ricevute che sono, o aperte, o sfogliate,

sť' obbligo? Chi glielo ha potuto imporre senza suo volere ?

c) Non può alcuno avvantaggiarsi della roba d'altri; e però deve restituire almeno id in quo factus est ditior. Nessuno può avvantaggiarsi della roba d'altri, quando il padrone è rationabiliter invitus; non già, come nel caso, è invitus irrationabiliter; e però deve attribuire a sè la perdita della sua merce.

Dalle cose fin qui esposte chiaro apparisce che Cornelio, nel caso, non ha obbligo alcuno di giustizia, nè di pagare il prezzo dei libri o dei giornali, ricevuti senza richiesta nè di restituirli al mittente. E però malamente si è diportato il confessore Cipriano con imporgli l'obbligo o di pagarli o di restituirli. Tutto al più poteva esortarlo a ciò, come atto di mera carità.

Non vuolsi però dir così quando alcuno abbia volontariamente accettato il programma di qualche pubblicazione e si sia associato ad essa. In tal caso è intervenuto un vero contratto di compra-vendita o di società ; e deve stare per giustizia a tutti i patti di associazione. Non può perciò essere assoluto chi ricusi di mandare il dovuto prezzo. E se fra i palti di abbonamento vi è ancor quello che alla scadenza l' associazione, senza preventivo avviso di disdetta, intendesi tacitamente rinnovata, questo patto stringerà pure la coscienza; cosicchè, quando il sottoscrittore abbia trascurato di fare a tempo opportuno l'avviso predetto, sarà tenuto per giustizia al pagamento del prezzo, anche senz' aver chiesta la rinnovazione dell' abbonamento.

fa d'uopo rimandarle con francobolli. Nessuno poi vuol rimandare un piego senza prima vederne il contenuto, per ben regolarsi.

124.

Se il parroco può dispensare dall' obbligo
del diginno e dell' astinenza.

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Cipriano parroco, anche alla presenza del Vescovo, dispensa dalla legge del magro taluni suoi filiani per motivi di salute, benchè non gravi. Si chiede: 1.o Può il parroco dispensare dalla legge del digiuno e dell'astinenza? 2.o Può anche dispensare alla presenza del suo Vescovo ? 3.o Che è da dire della condotta di Cipriano?

Al 1.o Il parroco può dispensare dalla legge del digiuno e dell'astinenza i singoli suoi filiani, nei casi particolari quando ci sia giusta causa; non già la intera parrocchia. È certo ciò (ed è ammesso da tutt'i TT.), se non per diritto comune, almeno per diritto consuetudinario. Si ascolti S. Alfonso (L. VI, n. 1032): « Parochi, licet dubitetur inter DD. an ex vi iuris communis possint dispensare in ieiuniis, iure tamen consuetudinis certe id possunt ex iusta causa cum suis subditis particularibus, non vero pro tota parochia. Ita ex communi sententia. E ne assegna la ragione: Ratio quia hoc expedit ad suave regimen ecclesiae nimis enim grave foret ex locis remotis adire Episcopos ad obtinedam dispensationem, cuius necessitas occurrit in diem. Anzi lo stesso S. Dottore, con altri molti, attribuiscono tal potestà pure ai vice-parroci, se i parroci espressamente non si oppongono: Id possunt etiam vicarii parochorum, qui exercent actus parochiales jurisdictionem exigentes, nisi parochi expresse repugnent. "

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Al 2.o Ma se il Vescovo è presente, può il parroco avvalersi di tal facoltà? Vi ha chi nega; ma S. Alfonso dice molto probabile la sentenza affermativa, per la ragione che anche la consuetudine può conferire la giurisdizione, la quale può esercitarsi anche innanzi al su

periore. Ecco le sue parole 1. c: Imo valde probabiliter potest parochus in iis dispensare, etiam praesente Episcopo quamvis enim parochi de iure hanc jurisdictionem non habeant, habent tamen, ut dictum est, ex consuetudine, quae satis potest jurisdictionem tribuere.

Al 3.o Poste le quali cose, chiaro apparisce come Cipriano abbia ben fatto in dispensare taluni filiani sull'astinenza, anche a vista del suo Vescovo. Quanto alla causa d'infermità, non è necessario che sia grave (per grave causa d'infermità non vi ha bisogno di dispensa); basta che non sia un pretesto per non digiunare, e che si possa dubitare se sia tale da scusare da quell'obbligo.

125.

In confessore estraneo che confessa in
confessionale di suore.

In C. vi ha un Conservatorio con poche oblate, ed una scuola; vi ha pure la propria chiesa, con un solo confessionale, destinato per le suore. Un confessore estraneo (non ordinario del pio luogo nè straordinario) un dì, richiesto da una sua penitente, pure estranea al pio luogo, la confessò nel detto confessionale. chiede: Poteva farlo ?

-

Si

Per diritto comune poteva farlo, purchè il confessionale stava in pubblica chiesa. La riserva del confessore ordinario e straordinario è solo per le Suore e per le altre che vivono in comunità. - Abbiamo detto per diritto comune; giacchè potrebb' essere ciò vietato per disposizioni particolari del Vescovo.

126.

Circa la facoltà dei cappellani sulla
celebrazione delle messe.

Fu costituita una rendita annua di L. 612 netta e consegnata al Capitolo di N. per una cappellania con messa quotidiana, da soddisfarsi per l. 51 mensuali nella chiesa di M. Si chiede se il cappellano, designato dal detto Capitolo, ha le seguenti facoltà: 1.o Di potersi astenere ob devotionem dalla celebrazione della messa una volta per settimana, senza che debba da altro sacerdote farsi supplire.

2.o Di poter (senza che debba farsi supplire) applicare a beneficio dell' anima sua o di qualche prossimo congiunto, senza ricevere stipendio, qualer vel quinquies in anno.

3.o Di non farsi supplire da altro quando egli sia impedito dal celebrare la messa per ragione d'infermità, per 15, 20, al sommo 30 giorni, sia continui, sia discontinui, nel periodo di un

anno.

4. Di far celebrare in sua sostituzione la messa della cappellania a stipendio minore, ma non inferiore della tassa dioce

sana.

In quanto alla 4.a facoltà, il cappellano l'ha certamente, purchè non osti la volontà del fondatore. Così venne definito nella Bolla Nuper di Innoc. XII, dove nel n. 21 al dubbio : "VIII. An hoc decretum habeat locum in beneficiis quae conferuntur in titulum, id est an rector beneficii qui potest per alium celebrare, teneatur sacerdoti celebranti dare stipendium ad rationem redituum beneficii fu risposto: Ad VIII. Non habere locum, sed satis esse, ut rector beneficii, qui potest missam per alium celebrare, tribuat sacerdoti celebranti eleemosynam congruam, secundum morem civitatis vel provinciae, nisi in fundatione ipsius beneficii aliud cautum fuerit. Ciò che si è dichiarato per un

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