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genitori di Giulio, e neanco dal parroco o dal Vescovo: aveva avuto solo da Giulio le lettere di procura, da lui accettate; e però qualunque fosse le sua intenzione in tenere il fanciullo, era sempre valida la procura e non altri che Giulio rimase vero patrino di Cajo.

39.

Se possano far da patrini della Cresima i religiosi secolarizzati, le Suore di voti semplici, ed i preti secolari.

Possono far da patrini della Cresima i religiosi secolarizzati, le suore di voti semplici ed i preti secolari?

È certo che i Religiosi di voti solenni, così maschi, come femmine, hanno espresso divieto dal diritto di esercitare l'officio di patrino. "Non licet abbati vel monacho de baptismo suscipere filios vel commatres habere. Così il Cap. Non licet, 103, de Consecr. dist. 4. Così pure molti altri canoni del diritto e di Concilii; onde il Ferraris ha detto (v. Baptismus art. VII n. 42): Et idcirco hoc munus solet interdici omnibus regularibus in fere cunctis conciliis provincialibus et synodis dioecesanis. E però il Rituale Romano, pubblicato d'ordine di Paolo V, prescrisse come legge: Praeterea ad hoc etiam munus admitti non debent monachi vel sanctimoniales, neque alii cuiusvis ordinis regularis a saeculo segregati

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Or che deve dirsi de' religiosi secolarizzati? Fa d'uopo vedere se sono secolarizzati ad tempus, ovvero in perpetuo. I secolarizzati in perpetuo cessano di essere regolari, non dipendendo più dall'Ordine, nè avendo più obbligo di regola; rimane ad essi il solo dovere di adempiere i voti quoad substantialia. Questi perciò sono svincolati dalla proibizione fatta dai Canoni ai claustrali di

esercitar l'officio di patrino. Non così gli altri secolarizzati ad tempus, i quali non cessano di essere religiosi, e possono anche tornare al chiostro. A costoro non è dato di assumere l'officio di patrino che li obbligherebbe ad aver cura sempre nel secolo di chi sarebbe affidato alla loro sollecitudine.

Le suore di voti semplici sono anche incluse in questo divieto? Non v'ha dubbio che sì. Il Rituale lo estende non solo ai monaci ed alle monache, ma a tutti quei regolari che sono segregati dal secolo. Se adunque le suore di voti semplici vivono in case proprie del loro istituto, non possono essere esenti da tal divieto. Però, in caso di necessità, cotali suore potrebbero venire adibite a quest'officio. Ecco un decreto della S. C. dei Riti: Interdum accidit quod desint patrini pro Bapti smo solemni vel Confirmatione, sed tantummodo praesto sint moniales (sororis Charitatis). Quaeritur num in huiusmodi casu expediat conferre ea sacramenta sine patrinis, vel potius ut moniales adhibeantur ut matrinae in utroque sacramento pro foeminis? Resp. negative ad primam partem; affirmative ad secundam (15 febr. 1887 in Praef. Ap. Bengalae Centr. ad 2, n. 3670).

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Quanto ai preti secolari, non v'ha proibizione generale nel diritto. Nondimeno in moltissimi concilii provinciali ed in gran parte dei sinodi diocesani si vieta che gli ecclesiastici assumano l'officio di patrino. Segnatamente S. Carlo Borromeo consacrò tal divieto nel II Sinodo di Milano, e in una istruzione circa il battesimo prescrisse: Nec vero monachos regulares, clericosque saeculares sacris initiatos ad infantem de baptismo suscipiendum adhiberi sinet (parochus) . Ciò che dicesi del patrino del battesimo, va detto pure per quello della cresima.

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40.

Se valga l'indulgenza dell'altare privilegiato
quando la Messa si applica a più persone.

Si può applicare a qualche defunto l'indulgenza dell'altare pri vilegiato, quando la Messa si applica non solo al detto defunto ma ancora ad altri? E se questi altri fossero viventi?

L'indulgenza dell'altare privilegiato può applicarsi ad un solo defunto e non a più. Ciò fu definito dalla S. C. delle Indulgenze il dì 29 febbraio 1864: - Utrum privilegium altaris, sive proprie dictum, sive personale, applicari possit pluribus defunctorum animabus in cuiuscumque diei Missa (servatis servandis) sicuti expresse sed speciatim declaratum fuit a Sacra Congregatione die 19 mai 1761 pro Missa in die Commemorationis Omnium Fidelium Defunctorum die 2 novembris? Resp. Negative. È dunque fuori dubbio che l'indulgenza dell'altare privilegiato non può applicarsi che ad un solo defunto.

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Nondimeno altra è l'applicazione della indulgenza, altra l'applicazione della Messa. Quella non vuolsi confondere con questa. Quando l'indulgenza devesi applicare all'anima per cui s'è celebrata la Messa, non è necessario che la Messa si applichi solo a quella: può applicarsi anche ad altre, siccome si raccoglie da una dichiarazione della medesima Sacra Congregazione delle Indulgenze del dì 19 giugno 1880 approvata dal S. Padre. Fu chiesto: 20 Num apud Trappenses in missa, quae quotidie celebratur pro pluribus (fratribus scilicet, propinquis et benefactoribus) indulgentia altaris ad unum ex iis limitetur? - 3° Num privilegium inutile evaserit ex eo quod uni ex iis determinatae animae non consueverit applicari?» E la S. C. rispose: Ad 2um Affirma

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tive Ad 3um Negative". Di qui viene che se l'indulgenza dell'altare devesi applicare ad un solo defunto, non ne segue che la Messa deve pure applicarsi a quello solamente. Può invece applicarsi a più defunti, designandosene un solo cui s'intenda che giovi l'indulgenza. Questa designazione è necessaria; e quando non si faccia, e la Messa si applichi a più defunti, a nessuno gioverà l'indulgenza. Può farsi però colla intenzione che l'indulgenza valga a quello che sia più bisognoso, ovvero a chi sia il più vicino o il più lontano ad uscire dal Purgatorio, o anche a chi meglio piaccia al Signore.

Ma se la Messa si applica non solo al defunto cui deve giovar l'indulgenza, ma ad altri pure, fra questi altri non vi possono essere dei vivi? Non esitiamo a rispondere affermativamente. Imperocchè se l'applicazione della Messa è del tutto distinta da quella della indulgenza, se la indulgenza si applica tutta a quel solo defunto, per cui pure si celebra il S. Sacrifizio, non v' ha ragione di vietare che gli altri ai quali, insieme a quel primo, si applica il frutto medio del Sacrifizio, possano esser viventi; purchè però il rito della Messa sia pro defunctis quando lo consentono le rubriche, siccom'è disposto per gli altari privilegiati.

Anzi, quando anche la Messa si applichi tutta ad altri, benchè vivi, la sola indulgenza dell'altare può applicarsi a qualche defunto; e ciò fu dichiarato dalla medesima S. C. il dì 31 gennaio 1848 (1). Se n'eccettua

(1) Ecco testuale questo importante rescritto:

Tolosan. Viceparochus S. Exsuperii, dioçesis Tolosanae, humiliter proponit casum infrascriptum :

An quando requiritur Sacrificium Missae pro indulgentia lucranda, Missa possit offerri pro uno et indulgentia applicari pro altero?

Sac. Congregatio habita in Palatio Apost. Quirinali die 31 ianuarii 1848 respondendum esse censuit:

Communicetur oratori votum consultoris.

Jacobus Gallo Secret.

Votum Consultoris Hanc eamdam quaestionem enucleandam sibi proponit doctissimus P. Ioannes Cavalieri (Tom. II pag. 198 edit. Borgomen. 1748), scilicet

però quando nell'indulto di concessione ci siano le parole: qui pro defuncto Missam in tali altari dixerit, liberat animam etc. In tale caso fa d'uopo applicar l'indulgenza a quello per cui s'è applicata la Messa. Se poi nell'indulto manca il pro defuncto, l'indulgenza può applicarsi anche ad altri. Se n'eccettua pure l'altro caso, quando chi commette la celebrazione della Messa vuole che sia celebrata in altare con privilegio: non si può allora dividere l'applicazione della Messa da quella della indulgenza. Fuori di questi due casi sta fermo il principio che l'applicazione della Messa è divisibile da quella della indulgenza: per modo che può benissimo applicarsi la Messa ad uno od a più, e l'indulgenza ad un altro.

Queste cose noi scrivemmo quando non era nota la dichiarazione del S. Officio 8 luglio 1846, pubblicata non ha guari nella Collectanea S. C. de Propaganda Fide. Questa dirime la quistione in senso del tutto contrario. Fu chiesto infatti alla S. C.: Allorchè un prete celebra la Messa per un uomo vivente in altare privilegiato, può applicare l'indulgenza ad un'anima del Purgatorio, senza che le applichi parimente il frutto principale della Messa? » E la S. C. rispose: Negative, et dentur Decreta, seu Constitutiones Apostolicae Summorum Pontificum Ale

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an indulgentia et Sacrificium dividi queant? Respondet: « Decisio pendet ex « verbis indulti. Si enim cantat: qui pro defuncto Missam in tali altari dixerit, liberat animam eius etc., Sacrificium et indulgentia non possunt dividi, sed utrumque pro eodem defuncto est applicandum; si autem to pro defunctis in in«dulto desit, applicatio solius indulgentiae sufficit ad liberandam animam, et << sacrificium cuilibet poterit applicari... si tamen fundator, aut stipem erogans « imponat onus celebrandi in altari privilegiato, tunc praedicta divisibilitas locum non habet: per impositionem quippe talis oneris censetur etiam voluisse <applicationem indulgentiae. Secus est si sacerdos onus habeat sacrificandi, sed non in altari privilegiato; tunc quidem adimplet obligationem suam per applicationem sacrificii, et liber est quoad applicati onem indulgentiae, dummodo tamen celebret in altari, cuius privil gium non exquirat etiam applicationem missae ». Quae solutio et mihi arridet ".

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