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catione indulgentiarum, possit horum petere pretium ab accipientibus sine culpa, vel sine periculo indulgentias admittendi? An amittantur tantum, quando quis sibi eas res proprias fecerit, et iis usus fuerit cum intentione lucrandi indulgentias? Resp. Ad 2m. Negative ad primam partem; ad secundam: Non indigere responsione

Anzi le indulgenze si perdono, benchè gli oggetti indulgenziati si diano in permuta, o per doni ricevuti, o anche per elemosine a luoghi pii, secondo fu dichiarato dalla medesina S. C. il 16 luglio 1887: « III. An 1.o res indulgentiis ditatae tradi debeant fidelibus omnino gratis; ita ut 2.° si aliquid quocumque titulo sive pretii, sive permutationis, sive muneris, sive eleemosynae requiratur, vel accipiatur, indulgentiae ex hoc amittantur? Resp. Ad III, Affirmative ad utramque partem - (V. Mon. Eccl. Vol. V, Par. I, pag. 174).

Gli oggetti di divozione adunque, quando sono benedetti colle indulgenze, devono darsi affatto gratis, se pur si vogliano conservate le indulgenze. Neanco i rettori di chiesa possono darli come premio a coloro che fanno elemosine per le feste. Nè sarebbe scusato da colpa chi operasse altrimenti, trasgredendo così le giuste e sante ordinazioni della Chiesa.

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In quanto al 2.o dubbio, Alessandro VII, con decreto del dì 6 febbr. 1657, stabilì che gli oggetti di divozione non debbano passare di mano in mano, ma debbono conservarsi da coloro per cui furono benedetti. Proibi ancora di darli ad imprestito ad altri. Ecco le sue parole: Coronae, cruces, rosaria, numismata, quae vulgo medaglie nuncupantur, et sanctae imagines cum praefatis indulgentiis benedictae, non transeant personam illorum, quibus a Sanctitate Sua concessae sint, aut quibus ab his prima vice distribuuntur, neque commodari aut precario dari possunt, alioquin careant indulgentiis iam concessis (Mon. Eccl. l. c.). Però quando s'imprestino ad altri pel solo uso materiale, p. e. per

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numerare, colle corone, le Ave Maria, non perchè si guadagnino le indulgenze, queste non si perdono: An vi decreti de non commodandis coronis, indulgentiae concessae coronis S. Birgittae nuncupatis, adhuc durent, si dictae coronae commodentur dumtaxat ad enumerandos calculos, seu ad recitationem orationum? — Resp.: Affirmative (S. C. I. 9 febbr. 1745 il Ord. S. Birgittae).

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Siffatta proibizione deve intendersi di coloro che, nel ricevere tali oggetti indulgenziati, ebbero l'intenzione di tenerli per sè. Imperocchè se non ci fu questa intenzione, e se prima di usarli, andassero in altre mani, non perderebbero le indulgenze. Si ponga mente a questa dichiarazione: An amittant indulgentias cruces, coronae, rosaria, statuae etc., quae ante omnem usum, ab una deinde in aliam, tertiam et quartam quoque manum transierint? Resp. Negative (S. C. I. 7 mar. 1840 ad 2 Mon. Eccl. Vol. V, Par. I, pag. 174).

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In rispetto al terzo dubbio, come debba ripararsi alla perdita delle indulgenze, se gl'indicati oggetti si siano dati non meramente gratis, possiamo suggerire due modi: Uno è che gli oggetti si benedicano di nuovo da chi ne ha la facoltà; giacchè non è vietata siffatta nuova benedizione. Ma se ciò torna difficile, l'altro modo è quello di ricorrere a mezzo del Vescovo alla S. C. delle Indulgenze per ottenere una benigna sanatoria dal S. Padre. Cosi fece il Vescovo di Angoulême (Engolismen.) e n'ebbe subito la grazia, come dimostrasi dal Rescritto del 15 maggio 1886, riportato nel nostro Monitore Vol. IV, Par. II, pag. 247.

56.

Circa i casi matrimoniali, in cui può deferirsi
il giuramento suppletorio.

In quali casi matrimoniali può deferirsi il giuramento suppletorio?

Perchè possa supplirsi col giuramento alle altre prove di stato libero, occorre in primo luogo il privilegio Apostolico, il quale prima soleasi concedere dal S. Officio ai Vescovi ad annum, ed ora ad biennium; prima soleasi dare semplicemente, ed ora colla facoltà di suddelegare.

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Occorre in secondo luogo che non si possa ottenere la fede di stato libero dai luoghi dove uno sposo abbia dimorato imperocchè o egli sia stato vago, ovvero addetto alla milizia, se la prefata fede può aversi, la si deve, senz'altro, ricercare. - Mens autem est Sanctita tis Suæ, così nella formola dell'indulto, ut praedicta facultas in casibus tantum necessitatis adhibeatur ». E nella istruzione del S. Officio degli 11 gennaio 1865 (Mon. Eccl. Vol. VIII P. I, pag. 219) al quesito IV: Se la parte dell'istruzione (di Clem. X del 21 agosto 1670) Si contrahentes sint vagi, non procedatur ad licentiam contrahendi, nisi doceant per fidem Ordinariorum suorum esse liberos etc. rimanga senza vigore per ammettere al giuramento suppletorio i vaghi ed i militi, e se per gli uni e per gli altri tuttavia, oltre il giuramento suppletorio, si esigano le pubblicazioni nei luoghi in cui vagarono od esercitarono la milizia? » fu risposto: Indultum admittendi ad. iuramentum suppletorium locum dumtaxtat habere quando libertas status aliter legitime probari non potest ท. Quando adunque può provarsi legittimamente lo stato di libertà, si richiede di diritto questa prova.

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E quando è che il detto stato possa legittimamente provarsi? Quando, oltre alle pubblicazioni del luogo, vi hanno almeno due testimoni che conoscano la persona e possano senza dubbio attestare sulla costui libertà. Si ponga mente infatti al 1.o quesito della prefata istruzione degli 11 gennaio 1865: Se il Vescovo sia obbligato di accertare la libertà degli sposi che contraggono matrimonio nella sua diocesi prima delle pubblicazioni col processo dei testimoni, ancorchè essi abbiano sempre avuto domicilio nella diocesi stessa? - Resp.: Generatim loquendo, affirmative. Ciò che qui si dice della diocesi propria, deve pure dirsi delle diocesi estranee, dove gli sposi abbiano dimorato.

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Occorre in terzo luogo che, trattandosi di vaghi non veramente tali, non abbiano questi dimorato in un luogo estraneo più di un anno. Solo in questo caso possono ammettersi al giuramento suppletorio. Se più lunga dimora ivi abbiano fatta, non basta il solo giuramento. Così la detta Istruzione del S. Officio al dubbio II: Qual maggiore ampiezza di significato si possa dare alla denominazione di vaghi, e se sia lecito al Vescovo ammettere il giuramento, in luogo delle testimoniali delle Curie, e del processo su i testimoni pei matrimonii da celebrarsi nella diocesi, quelle persone che, non essendo veramente vaghi, furono contuttociò in parecchi luoghi diversi, e dichiarano di non poter somministrare testimoni alle Curie per le fedi di stato libero; ed in generale se si passano trattare come i vaghi in quanto non se ne possono ottenere le richieste testimoniali di libertà, ammettendoli al giuramento in riguardo a quei luoghi, dai quali non si possono le testimoniali ottenere? - Resp.: Affirmative, durante indulto admittendi ad iuramentum suppletorium, et servatis omnino clausulis in eodem indulto contentis, et dummodo mora in unoquoque vagationis loco non excesserit annum ».

Ma se non basta il solo giuramento per quelli che

abbiano dimorato più di un anno in un luogo estraneo e questi non possono addurre testimoni, come si dovrà fare? Come dovrassi chiarire il loro stato libero ed ammetterli al matrimonio? Si consideri bene la risoluzione del seguente dubbio V della cit. Istruzione:

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Se, quando mancano i testimoni, o essendo quelli difettosi nella conoscenza delle persone, cosicchè non valgano a rispondere alle interrogazioni prescritte dal sopraccitato decreto (di Clemente X del 21 agosto 1670), ed in particolare a quelle che sono espresse sotto i nn. 9 e 13 (1), come accade ordinariamente, possa il Vescovo permettere il matrimonio contentandosi delle pubblicacazioni in quei luoghi, nei quali si possono far eseguire, ed in mancanza anche di queste, o totali, o parziali, se possa ammettersi al giuramento ed assumer questo come prova totale di libertà, o come parziale per riguardo ai paesi, in cui non si possono fare le pubblicazioni, nè il processo dei testimoni?

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Resp.: Urgendum observantiam instructionis s. m. Clementis X, sub feria V 21 augusti 1670 cum adnexis declarationibus datis fer. IV 24 febr. 1847 (V. Mon. Eccl. Vol. II, Par. III, pag. 163 seqq.), et instandum ut parochi diligenter inquirant a contrahentibus testes fide dignos in respectivis locis examinandos. Si tamen id difficulter admodum fieri possit, admitti poterunt in Curia loci ubi

(1) Ecco i numeri citati della istruzione di Clem. X, che debbono ben tenersi presenti nell'esame dei testi:

. IX. Interrogetur de causa scientiae et AN SIT POSSIBILE quod aliquis ex illis (contrahere volentibus) habuerit uxorem vel maritum vel aliud impedimentum etc.; et quod ipse testis nesciat.

« Si responderit affirmative, supersedeatur, nisi ex aliis testibus probetur concludenter non habuisse uxorem vél maritum, neque ullum aliud impedi

mentum etc. "

« XIII. Interrogetur an esse poSSIT quod aliquis ex illis (si vidaus post mortem conjugis) transierint ad secunda vota absque eo quod ipse testis sciat.

« Si responderit affirmative, supersedeatur in licentia do nec producantur testés, per quos negativa coarctetur concludenter. "

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