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contrahitur matrimonium testes fide digni, qui status. libertatem tempore vagationis concludenter probent: et si Ordinario opportunum videatur admitti etiam sponsus ad iuramentum suppletorium, constito tamen ipsum esse fide dignum. In casibus vero particularibus et difficilioribus r. p. D. Episcopus recurrat ad S. Congregationem. Quod si matrimonium adeo urgeat, ut tempus recurrendi non adsit, Episcopus curet concludentes probationes super status libertate prout expediens iudicaverit aliter colligere -.

Donde si può raccogliere che per coloro che han dimorato altrove e non possono indicare testimoni:

a) I parroci non devono acquietarsi alla loro negativa; ma debbono fare più e più volte istanze e premure perchè indichino delle persone che possano esaminarsi nel luogo della lor dimora. Potranno interrogarli dei negozi ivi trattati, delle relazioni ivi intraprese, e dalle risposte, indurli a nominar le persone.

b) Se le dette istanze a nulla approdano, non si dovrà scrivere all'Ordinario del luogo estraneo dove lo sposo ha dimorato. Sarebbe inutile la fede di stato libero poggiata sulle sole denunzie fatte in chiesa. Lo sposo, se di mala fede, potrebbe anche indicare un luogo per un altro, non essendoci persone che possano attestare la sua dimora.

c) Invece, nel luogo dove il matrimonio dovrà celebrarsi, potranno ammettersi testimoni fededegni che provino lo stato di libertà pel tempo della dimora fatta altrove. Ciò potrà compiersi soprattutto coi soldati, i quali per lo più vanno a militare con compagni dello stesso luogo.

d) In tal caso potrà pure ammettersi al giuramento suppletorio lo sposo, se però consti ch'egli è degno di fede.

e) Ma se il suo stato libero, pel tempo della dimora fatta in altro luogo, non può in niun modo provarsi

con testimoni, come si dovrà fare? - Se vi è tempo, e e il caso è difficile assai, si dovrà ricorrere alla S. C. del S. Officio. Se non v'è tempo, il Vescovo procurerà di raccogliere le prove necessarie come meglio crederà nel Signore. Nel quale caso, come a noi sembra, dovrà contentarsi del giuramento suppletorio.

57.

Del modo di recitare il Rorario insieme con più persone.

Quando più persone recitano il Rosario insieme, è necessario, per l'acquisto delle indulgenze, che tutte abbiano in mano la corona? Che dire dell'uso, in taluni laboratorî, di recitare il Rosario mentre si fatica?

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Quando più persone recitano il Rosario insieme, basta che una sola tenga in mano la corona benedetta perchè tutte lucrino le indulgenze. Così la S. C. delle Indulg. il 22 genn. 1858. L'uso predetto dei laboratorii è lodevolissimo, quando il lavoro manuale non distrae l'attenzione della mente: possono anche lucrarsi le indulgenze. Nel cit. decreto era prescritto: quod in hoc casu fideles omnes, ceteris curis remotis se componant pro oratione facienda una cum persona quae tenet coronam ». Ma la medesima S. C. il dì 13 nov. 1903 dichiarò: Fidelibus ab iis tantum occupationibus exterioribus esse abstinendum, quae internam attentionem impediunt ad devotam rosarii recitationem pro lucrandis indulgentiis praescriptam. Perciò le persone che lavorano in campagna, o che fanno insieme viaggi; le famiglie addette ad occupazioni manuali; gli operai delle fabbriche non distrattive, possono santamente recitare il Rosario durante le loro occupazioni, purchè uno solo tenga in mano la corona benedetta.

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58.

Da chi e come debba darsi la benedizione

in articulo mortis colla indulgenza plenaria.

La facoltà di dare la benedizione in articulo mortis colla plenaria indulgenza è concessa in generale ad ogni pastore di anime; oppure è necessaria una delegazione?

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La facoltà di dare la detta benedizione, non è generalmente nè del parroco nè del Vescovo. Si suol concedere per indulto Pontificio ai Vescovi colla facoltà di suddelegarla. In ordine alla quale benedizione si noti: a) Che questa si può dare tanto in articolo, quanto in pericolo di morte (S. C. Indul. 19 dec. 1885). b) Si può dare una volta solamente, e non più nella stessa malattia, benchè diuturna (S. C. I. 20 sept. 1775 e 12 febr. 1842). c) Nè l'infermo può lucrare l'indulgenza più volte, benchè più volte riceva la benedizione da più sacerdoti che ne hanno la facoltà (S. C. I. 5 febbraio 1841). d) E ciò, quantunque per diversi capi la riceva, p. e. per l'aggregazione alla confraternita del SS. Rosario, dello Scapolare, del Carmine ecc. (S. C. I. 12 mar. 1855). -e) Per le monache, può impartirla il solo confessore ordinario (S. C. I. 30 sept. 1775). f) La formola di Benedetto XIV, inserita nel Rituale, non è solo direttiva, ma ancora precettiva (S. C. I.5 febr. 1811). g) il confiteor, prescritto nella formola, non si deve tralasciare (S. C. I. 5 febr. 1841). h) Si può dare anche a coloro che non si son potuti confessare (S. C. I. 23 sept. 1775).

59.

Circa il caso di doni ricevuti dai regolari,
se sia riservato.

Ci si scrive dagli Stati Uniti di America: « In Monitore Eccl. Vol. VIII, Part. II, pag. 14 probare conamini, acceptionem munerum, seu potius retentionem eorum non esse casum Papae reservatum. Attamen in pagella S. Poenitentiariae, quae quandoque Sacedotibus, pro foro sacramentali conceditur, expresse hic casus sub n. VI vocatur Sedi Apostolicae reservatus. Iam equidem putarem, S. Poenitentiariam, qua organum Papae, scire reservationes Apostolicas. Quid ad hoc reponetis? »

Ecco le parole della pagella della S. Penitenzieria (Mon. Eccl. Vol. II, Par. III, pag. 73): - Absolvendi a casu Sedi Apostolicae reservato ob accepta munera a Regularibus utriusque sexus, iniuncta poenitentia salutari, et quando agitur de muneribus quae valorem decem scutorum non excedunt, imposita aliqua eleemosyna absolventis iudicio taxanda, et caute eroganda, cum primum poterit in beneficium Religionis cui facienda esset restitutio, dummodo tamen non constet, quod illa fuerint de bonis propriis Religionis: quatenus vero accepta munera vel fuerint ultra valorem scutorum decem, vel constet fuisse de bonis propriis Religionis; facta prius restitutione, quam si de praesenti adimplere nequeat, emissa seria promissione restituendi infra terminum absolventis arbitrio praefiniendum, alias sub reincidentia ».

È vero che qui si considera come riservato il caso dei doni ricevuti da' Regolari. Però vuolsi riflettere innanzi tutto che spesso la S. Sede, come insegna Benedetto XIV, in quanto a concessioni e facoltà, segue la parte più sicura, e spesso le dà solo ad cautelam. Certo, non si può prender norma dalle concessioni della S. Sede di quello che sia strettamente vietato di fare.

In questo caso, come ampiamente vedemmo altrove (Mon. Eccl. Vol. VIII, Par. II, p. 13 segg.), non vi ha documento alcuno che ne dimostri generalmente la riserva. Il caso è riversato solo per quella parte che riguarda la composizione coll'ordine monastico quando il dono è inferiore ai dieci scudi; e quando è superiore, e potendosi restituire, non si restituisca. Dobbiamo dire che la Sacra Penitenzieria in questo senso lo annovera fra i riservati e perciò concede la facoltà della detta composizione ed assegna le norme per l'assoluzione. Chi ha la pagella indicata, può avvalersi di questa facoltà. Da ciò però non discende che, fatta la restituzione, o quando ci sia vera impotenza di farla, non possa il peccato essere assolto da qualsivoglia confessore, come concedono tutt'i TT., non esclusi quelli che considerano questo caso come riservato (V. Ligor. L. VI, n. 580; Scavini T. III, n. 362 ed. XIV; Gury T. II, n. 712; A-Varceno V. II, p. 170 etc.).

60.

Se, eseguita una dispensa della S. Penitenzieria, possa mutarsi dal confessore la grave penitenza ingiunta d'ordine dello stesso sacro Tribunale.

Tizio confessore ottenne dalla Sacra Penitenzieria la facoltà di dispensare in foro poenitentiae il sac. Onofrio dall'obbligo di molte messe, ratione paupertatis, colla clausola: iniuncta gravi poenitentia. Tizio, nel dispensare quel sacerdote dal detto obbligo, gl'impose per penitenza di celebrare tre messe mensili per tutto il tempo di sua vita. Onofrio accettò quella penitenza e la esegui per un buon tratto di tempo: però ultimamente fa ricorso al suo confessore Tizio pregandolo che gli cambii quella penitenza, che nelle presenti circostanze gli si è resa assai gravosa. Tizio chiede se può contentarlo.

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