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VII.

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Non fè l'augel di Giove Ida sì mesta Per fare il ciel più bello, e più lucente Quando al regno di sopra fè presente Di quel, che Giove , e gli altri fan sì festa Ne fu a Menelao tanto molesta

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La forza del Pastor; benchè dolente
Ei poi ne fosse e la Trojana gente
Pur sparta un tempo, e la Grecia funesta;
Ch' a me non faccia più dispetti, ed onte
Lo aver perduto un' alma margherita
Con un mio sagro, e dilucido fonte
Essi da me altrove trasferita

Con sue bellezze rilucenti, e conte;

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Si che dal corso uman l'alma ho smarrita.

VIII.

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Deh!ch or potess' io disamar sì forte Com' io forte amo voi, Donna orgogliosa; Poi per amore m' odïate a morte Per disamar mi sareste amorosa :

Cosi avrei bene per diritta sorte 2

Ch'ora 'l mio cor mercè chieder non osa, E del gran torto, che m' è in vostra corte Fatto mi vengerìa alcuna cosa.

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Torto ben è, che non lo vi unqua pare, Non ausare in piacer, ciò ch'è piacente Ed essere odiato per amare :

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Ma al grado vostro in tutto so' obbidiente; E sarò alfin, che non posso altro fare; E fia mistiero, ch' io vegna vincente .

IX.

Non mi credeva tanto aver fallato, Che mi celasse mostrar suo chiarore La rosa del giardino, a cui son dato Perder potesse per altrui furore ;

Non sò, perchè mi avvenga, isventurato ;
Che sopra me non fu mai servidore
D'amarvi, fresco giglio dilicato;
Nova ferita avi data al mio core.
Per Dio vi prego, non siate altera;

Poi che 'l mio core avì 'n vostro tenore "
Nol sdegnate tener vostro servente :

Non è ragion, che lial servo pera :
Se ciò avvien, gran falsità fa Amore
Lo quale nasce cotanto sovente

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X.

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Dolente tristo e pien di smarrimento Sono rimaso amante disamato:

Tutt' or languisco, peno, e sto in pavento,
Piango, e sospir di quel, ch' ho disïato:
Il mio gran bene asceso è in tormento:
Or son molto salito alto montato :
Non truovo cosa che m' sia valimento
Se no' com' uomo a morte giudicato .

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Ohi lasso me! ch' io fuggo in ogni luoco, Poter credendo mia vita campure; E là ond' io vado trovo la mia morte :

La piacente m' ha messo in tale fuoco, Ch ardo tutto, e incendo del penare; Poi me non ama, ed io l' amo sì forte.

.

XI.

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Mille salute v mando, fior novello
Che di spinoso ramel sete nato :
Per bene amare in gioi' mi rannovello
E com' a visco augel m' avì pigliato
Fermo e lial di voi servo m' appello
E parmi bello di servire a grato :

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Che 'n vostro onore mio cor non è fello;
A vo' obbedire sempre apparecchiato.
Se per fallanza avesse fallato
Perdonimi la vostra canoscenza;
Al piacer vostro la vendetta sia:
Ch' ad ogni pena sofferir son dato
Nè mai per pena faraggio partenza
Pensando che voi sete spene mia

XII.

Se solamente de lo mio peccato
Portare penitenza mi valesse ;
Anzi me ne terria a bene nato :
Crederia Dio li miei prieghi audesse
Ma portar pena, ed esser giudicato

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De la follia, che altrui commettesse .
Credorsi che saria per sentenziato
Come omicida, qual uom m' offendesse :
Però Madonna non mi giudicate
Se la gente villana e scanoscente
Faceno quel, che chiede loro usanza :
E per scusato in cortesia m' aggiate;
Che sempre sto pensoso, e temorente :
De l' altrui fallo chiedo perdonanza .

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XIII.

Doglio, e sospiro di ciò, che m' avviene ; Che servo voi, soprana di biltate Ed in redoppio mi torna le pene, E voi, Madonna, di ciò non curate : Anzi mi date doglia, che mi tiene

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E che m' ancide se voi non m' atate :

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Sospiral core, quando mi sovviene

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Che voi m' amavi ed ora non m' amate :
E non è meraviglia, s' io mi doglio :
Che la ventura mia tutt' or disviene
E le bellezze vostre va indoppiando :
Quando mi
il
penso tempo, ch' aver soglio:
Indi speranza 'm' torna tutto 'l bene;
E li conforti me ne va mancando .

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XIV.

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Fera ventura è quella, che m' avviene Ch' altri fa 'l male ed io ne son colpato; E faccia il mal là v' io non pongo il piene : Nel luoco ov' io non vo' ci son trovato: Pur mal m' incontra adoperando il bene E porto pena de l' altrui peccato : So una cosa è quel, che mi sostiene Di ciò, ch' io ne son quasi consumato . Che la menzogna passa tostamente E la fermezza rimane in suo stato : E questo aggio veduto certamente .

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Però, Madonna aggiami per scusato ;
Che 'n verso voi non feci falso nente;
Che 'n verità non l'avre' pur pensato.

XV.

Ben si conosce lo servente e vede 9 Lo qual sua Donna di puro cuore ama Che ciò ch' è dentro, fora mostra in fede, Sempre di lei isguardando la fama : E sempre sua innoranza e valor chiede; Altro non prezza, non disia nè brama: Nè moveria per cosa alcuna il piede

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In ciò ch''a lei già mai recasse infama .
Dicol per voi Madonna, veramente:
Ch' io non potrei savere alcun dannaggio,
Che vi facesse danno, o disonore,

Che non desse tormento al mio coraggio:
Di cosa detta mi sento dolente;

Ed a voi rendo me come a Signore .

2

XVI.

Non per mio fallo (lasso) mi conviene Addimandar perdono, e pietanza,

Ed amorosi pianti, e dolci pene

Patir, ch' io n' aggio, non per mia fallanza :
Ma 'l fino Amore tanto mi distiene

Ch' aggio in ver quella, in cui tegno speranza,
Ch' io porto in pace ciò, che m' addiviene;
E di penar non faccio dimostranza

Però che 'n breve sua mercede attendo;
Che la mia donna è saggia, e canoscente;
Sì che tornare al primo luoco spero ;

Perch' io non son colpevol conoscendo; Ma pregherolla pietosamente

,

Ch'ella mi dica, perchè m' è guerrero.

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