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ORREI, parlando, procedere coraggiosamente con la fiaccola di un' idea, con l'arma lucente di un pensiero mio. E veramente il tema « Le Novellatrici e le Romanziere » più che a un gelido svolgimento storico, si presta a un'esposizione appassionata di idee individuali. Ne son lieta. Non so di poter raggiungere lo scopo, ma più volte, pensando al discorso che avrei dovuto pronunciare, mi son sentita sollevata dall'idea di sfuggire all' arida azione da topo di biblioteca, riposando, invece, in osservazioni speciali che mi nascevano spontanee nella mente, in una fusione bizzarra, ancora indefinita, abbozzo più che quadro.

Le letterate inglesi, tedesche, e anche le francesi, sono anzitutto novellatrici e romanziere: ed è naturale. Il nebuloso settentrione, dove il clima rigido obbliga a tanti mesi di vita ritirata, prepara all' osservazione, allo studio attento dei caratteri sociali. I costumi nordici, ben definiti, assodati da secoli, hanno dato alla società inglese e tedesca un carattere speciale, un tipo vero e proprio, non provinciale, ma nazionale, intrecciando trame svariate, e offrendo abbondante varietà al romanzo. Cosi non si può dire delle scrittrici italiane interrogando la nostra storia letteraria troviamo un gran numero di poetesse, cominciando dalla Nina di Dante da Maiano, la prima delle scrittrici italiane, in ordine di tempo (1290) e scendendo giù, giù, sino al principio del nostro secolo. Una delle ragioni di questa abbondanza di poetesse, sta senza dubbio, come fu

già osservato, in qualche cosa di gentilmente tradizionale, e nella dolcezza voluttuosa del clima, e nel fascino della lingua d'Italia, che è tutta una vibrante armonia. Ma v'è una ragione più alta, e più triste e forse più alta, perchè tanto triste: questa ragione sta nel dolore dell'Italia che per secoli ha offerto il più dilaniante contrasto di sorriso e di pianto, di luce e di ombre: ho detto di luce, poichè veramente si tratta di un immutabile raggio di cielo sereno: ma ho anche detto di ombre, poichè varie furono le oscurità, e tutte orribilmente cupe. Le espressioni del dolore si trovano quasi tutte nella storia della poesia: e le poetesse italiane, dedicandosi particolarmente alla lirica mesta, espressero in modo inconscio la tristezza del paese.

spesso anche

O poetessa come Gaspara Stampa e Vittoria Colonna, o scienziata, dedita agli studi positivi, alle indagini severe, come Laura Bassi e Gaetana Agnesi, o protettrice di letterati come Lucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo il Magnifico, o poliglotta, rinchiusa in contemplazioni sulla grandezza dei Greci e dei Latini come Ippolita Sforza e Domitilla Trivulzio, lodate dall' Ariosto ecco la donna italiana, nella storia intellettuale del passato. Scienziata, perchè spesso la scienza è il sorriso dell' oppresso, come nel seicento: innamorata dell'antico, perchè la nausea del presente ispira il desiderio di riposare nelle memorie gloriose, temperando il distendersi amaro della solitudine, e popolandola col mondo interiore dei ricordi luminosi.

Alla donna piaceva dunque la rivolta dell'anima contro la realtà, salendo al cielo in maniera deliziosa, sulle ali del lirismo, o vivendo in una specie di antichità contemporanea. Cosi sino al principio del secolo: ma proprio nei primi anni ancora non lo troviamo il tipo esatto della novellatrice e della romanziera. Si tratta invece della donna ispiratrice. Ispiratrici si potrebbero chiamare le molte donne gentili del Foscolo, e le donne del Leopardi: esse praticarono l'arte col cuore, colla parola, colla corrispondenza, questa ineffabile conversazione spirituale attraverso lo spazio. È ben qui che appare la donna patriotta, la forte e coraggiosa compagna degli uomini del 20. Solamente dopo il completo risveglio patriottico del 1848 la donna italiana entra davvero nel campo letterario.

Mancava, alle romanziere e alle novellatrici che affrontarono per le prime il giudizio del pubblico, il pregio della lingua: esse traducevano dal dialetto, parlato quasi esclusivamente: avevano uno stile stentato o ampolloso, e nell' intreccio imitavano i libri francesí. Avevano tutti i difetti che caratterizzano l'epoca romantica, e quella maniera particolare, alquanto monotona, di trattare l'amore, in cui cadde anche la Sand, e che fece dire stizzosamente a Francesco Domenico Guerrazzi: «questo continuo pettegolare d'amore assai m' arieggia il pranzo della marchesana di Monferrato, composto tutto di galline cucinate in diverso modo, è vero, ma pur sempre gal

line. »

Più che la lingua e lo stile erano cari alle prime romanziere gli intrecci complicati, gli amori infelici, le grandi disperazioni, le innocenze perseguitate che formano ancora la delizia dei fanatici lettori di appendici. In nessuna si riscontra lo studio tutto intimo, tutto interiore, lo studio così amato dalle scrittrici inglesi e che si potrebbe chiamare la patologia del focolare.

Adesso.... oh, adesso la lingua si impara da bimbi: si parla sui banchi della scuola: adesso la donna studia, nei libri, in sè, e fuori di sé si arriva così alla vita della nazione. E si potrebbe osservare che mentre nei tempi lontani è la tragedia che segna un periodo di gloria nazionale, come in Grecia la triade gloriosa di Eschilo, Sofocle, Euripide, nella più gloriosa Olimpiade, come assai più tardi in Inghilterra la tragedia di Guglielmo Shakspeare ai tempi della regina Elisabetta, ora è invece il romanzo che segna il superbo affermarsi del pensiero moderno e a questo affermarsi concorre robustamente anche la donna.

In principio fu un' unione di storico e di imaginario: di descrittivo e di narrativo: più storico che imaginario: e più descrittivo che narrativo. A questo genere appartennero Isabella Teotochi Albrizzi, e Giustina Renier Michiel. Isabella Albrizzi, autrice dei Ritratti d'Illustri Contemporanei, fu una bellissima veneziana di origine greca. Byron, che la visitava spesso, la chiamava la Staël veneziana. Giustina Renier Michiel, discendente di dogi, lasciò un bel volume sulle Origini delle Feste Veneziane: una viva narrazione, ritratta dal vero, e di grande accuratezza storica. La Michiel tra

dusse anche egregiamente l'Otello, il Macbeth e il Coriolano di Shakspeare.

Un altro genere che fu molto trattato, ma al quale accennerò appena, fu la novella educativa. Basterà ricordare la bolognese Anna Pepoli, la milanese Luigia Piola, e Caterina Franceschi Ferrucci, toscana, i cui scritti dimostrano sagacia, dottrina, e potenza di osservazione. Ella assomiglia un po' all' educatrice inglese miss Edgeworth, sebbene la Ferrucci non abbia dato ai proprî scritti una vera forma romanzesca.

La contessa Diodata Saluzzo Roero, torinese, scrisse, con qualche eleganza di stile, e con molto sentimento, dei Racconti. La sua novella, commoventissima, Beatrice di Tenda ispirò a Felice Romani il melodramma che venne poi musicato dolcissimamente da Vincenzo Bellini. Alla medesima autrice appartiene un lungo e dotto poema, ora dimenticato, sulle lotte filosofiche del terzo secolo in Alessandria d'Egitto, Ipazia o le Filosofie.

Il movimento romantico che prende origine dall'evoluzione storica delle opere di Gualtiero Scott, ebbe delle seguaci anche in Italia; poche, ma ne ebbe.

Tra queste la Modena Olivetti, la contessa Zauli Saiani, la Putti Filotico alla prima appartengono La figlia di Dante e il Vachero, storia genovese alla seconda si deve il Dante in Ravenna: alla terza il Carlo Guelfi.

Un libro di donna che destò improvviso entusiasmo, e venne poi anche prestamente dimenticato è I misteri del Chiostro della principessa Caracciolo, pubblicato nel 1864.

Luisa Amalia Paladini, di Lucca, trattò, con abbastanza successo, il romanzo sociale e patriottico. Nel suo libro La Famiglia del Soldato ella si propose di unire l'elemento domestico al patriottico, la virtù privata alla pubblica, applicando così felicemente il motto che sta all' esordio del libro: « Fa ciò che devi, avvenga che può. »

Un'opera migliore di quella della Paladini, è senza dubbio Olimpia Morato, scene dell'epoca della Rivoluzione, opera divisa in due volumi e dovuto alla penna della milanese Virginia Mulazzi. Il lavoro, come genere, appartiene allo studio biografico e insieme. al romanzo storico. Olimpia Morato, alto carattere, appartenente alla storia, era quasi ignoto agli Italiani, e Virginia Mulazzi seppe dare al tipo di Olimpia Morato un interesse reale: non bisogna però nascondere che prima di lei, il francese Jules Bonnet, aveva trat

tato il medesimo soggetto, col titolo: Olimpia Morato, episode de la Renaissance et de la Réforme en Italie.

Quattro gentildonne siciliane si diedero coraggiosamente al romanzo, con l'entusiasmo del loro affascinante paese: con la loro foga imaginosa: mettendo nelle loro creazioni un grande acume, e, più che tutto, una immensa potenza d'anima. Voglio parlare delle sorelle Stazzone, Cecilia, marchesa di Gregorio, e Concetta: della contessa Muzio Salvio: e della principessa Turrisi Colonna che, come prosatrice, pubblicò solamente un romanzo: Povero Amore, e, per dire il vero, fu migliore poetessa. Alla contessa Muzio Salvio si devono Adelina, Martina, Giannetta, Antonio e Brigida, le due Contesse, e Dio ti guardi. Il romanzo Arturo di Cecilia Stazzone contiene un'acutissima analisi psicologica e grande varietà di carattere. Zelmira, scritto da Concetta Stazzone, rivela un disordine selvaggio, pittoresco, una generosità di tocchi aspri, che ricorda la maniera. di Salvator Rosa. È strana la rassomiglianza letteraria tra queste due sorelle siciliane e le due sorelle inglesi Currer Bell. Come novellatrice, fu quasi perfetta Caterina Percoto. Ella ci offre il tipo della novella regionale: a detta del Tommasèo, la Percoto scrisse emulando la Sand nei suoi Idillii, come ideale. Nei Racconti, rivela dolori e fatti tragici dell' oppressione, evitando quasi sempre il soverchio romanticismo, la dolcezza troppo monotona, e l'imitazione, difetti in cui caddero, dopo di lei, la Pizzi, che scrisse però quasi sempre in francese, e la Margherita, e Viola, e Sara.

Alla Percoto fa riscontro la Codemo Gesterbrand di Venezia. che, con intenti ottimi, ma non sempre con successo, scrisse opere di immaginazione, su temi popolari: Le confessioni di un contadino, Andrea, Miserie e splendori della povera gente.

Ed eccoci arrivati alle novellatrici e alle romanziere dell'oggi: a Sara autrice delle Due Fidanzate e di Padre Noaro, scene della vita campestre, e già collaboratrice della ora morta Rivista Contemporanea, di Torino. Eccoci a Luisa Saredo che, collo pseudonimo di Lodovico Rosa, esordi nella letteratura di immaginazione, presentando al pubblico il romanzo Farfalle di Provincia: eccoci a Emma, lodata da Paolo Mantegazza per la fine analisi psichica e alla marchesa Colombi, la scrittrice dall' ingenua esposizione dei fatti, dal brio tutto bonarietà, che secondo me - è più novellatrice che romanziera.

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Eccoci, finalmente, alla Sofia Albini Bisi, alla Sangiuliano, a Fulvia ad altre, ed altre ancora. Cosi siam giunti alla novella esclu

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