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che la donna vada « bene acconcia » ma ella non deve nell' adornarsi dimenticare il pregio dell' artistica semplicità; e se porta una ghirlanda sul capo gentile, questa deve essere « gioliva e piccioletta >> poiché,

Grossa cosa è tenuta

Portar fastella in luogo di ghirlanda,
E quanto ell' è più bella
Tanto minor la porti;
Perocchè non ghirlanda
Ma piager fa piagere,
Nè fa l'ornato donna

Ma donna fa parer lo suo ornato.

Nè può la fanciulla del trecento avere ritrosia minore di quella che si esige dalle nostre. Ella deve temere chi spesso la guardi,

Nè mai con quello a riguardar dimori,
Nè mai dimostri che di ciò s'accorga,
Nè fugga s'ella il vede immantinentę,
Ma poco stante, quasi nol vedesse,

Partasi como per altro n' andasse.

Questi buoni consigli non impediscono che ella si creda maggiore delle altre, quando sono molti gli ammiratori che le vanno intorno,

E di certi si gabba

E di certi si ride,

E di certi altri fa cotali beffe,

E tanto va cosi d' intorno al fuoco,

Che quella beffa si converte in vero.

Se ciò può darle diletto ella impara a sonare « lo mezzo cannone, la viuola » o altro

Stormento onesto e bello,

Ovver d'un' arpa ch'è ben da gran Dama.

Deve anche la fanciulla, secondo l'usanza della terra ove si trova, ed il volere di sua madre

o borse fare,

O cucire o filare,

Sicchè poi che sarà

Con suo marito in casa,

Possa malinconia con ciò passare.

Solo il buon Messer Francesco da Barberino non sa decidere se si debba volere, che la fanciulla impari a leggere ed a scrivere, Che molti lodan ciò e molti biasman ciò,

poichè quando la donna è grande « maggiori sono i pericoli ».

Secondo il giudizio dei moderni, l'Italia del secolo XIV conobbe poco la falsa modestia e l'ipocrisia in generale, poichè nessun uomo fu schivo di apparire quale era; (1) ciò non impedisce al Barberino d'insegnare molta ipocrisia alle giovani fidanzate, che debbono mostrare di piegarsi quasi per forza ad accettare l'anello; ed egli crede che nel giorno delle nozze la sposa debba nella camera sua

Mangiare alquanto, che poi tra la gente
Mangiando men parrà più temperata.

Non par che tutti i cittadini di Firenze, che innanzi alle altre città d'Italia aveva importanza quasi pari a quella che ebbe Atene di fronte alla Grecia, la pensassero come messer Francesco da Barberino, rispetto all'istruzione della donna; poichè Giovanni Villani ci dice che ai suoi tempi sui 90,000 abitanti di Firenze, erano da otto a dieci mila i fanciulli e le fanciulle che « stavano a leggere, » e non solo in Firenze ma anche in altre città d'Italia non può mancare la coltura alle donne del trecento, poichè è impossibile che restino fuori di quel grande movimento del pensiero che precede la Rinascenza; è impossibile che fra le pareti domestiche e nelle pubbliche vie, nelle ore in cui sono raccolte accanto ai loro congiunti, o escono a far pompa della loro bellezza e dei ricchi ornamenti, esse non abbiano spesso occasione di acquistare dottrina e nuovo amore per ogni cosa bella; nella città ove si compiono mirabili opere d'arte, ove ad esse è rivolta la gentile parola dei poeti, ove si discute intorno all'amore, usando spesso il linguaggio allegorico e le sottigliezze scolastiche; ove per dilettarle si abbella la prosa, che sarà fra breve usata da Machiavelli e da Guicciardini; ove l'amore per la bellezza artistica non s'accende solo fra la gente più colta, ma in tutto il popolo.

(1) BURCKHARDT. L'Italia al tempo della Rinascenza, vol. I, pag. 178.

Non solo nei comuni che ancora difendono la propria libertà, ma anche nelle corti italiane ove Dante è accolto con rispetto, ove Petrarca è onorato altamente, e sono stimati l'ingegno ed il sapere, la donna non può, a causa della condizione dei tempi, essere priva di coltura e mostrarsi inferiore a quelle gentildonne italiane, che in tempi vicini ancora ebbero la lode dei trovatori. E se Dante ci dice che per essere intesi dalle donne, usarono gl' Italiani il volgare, parlando della virtù d'amore, ciò non toglie che Giovanni Boccaccio dedichi a Madonna Andrea Acciaiuoli il libro latino in cui, sapendo forse di essere inteso da molte, va esaltando la virtù la bellezza la coltura di donne illustri.

Non mancano neppure nel trecento donne di alto valore, e fra queste va ricordata Battista Malatesta, figliuola di Guido da Montefeltro e moglie di Galeazzo Malatesta signore di Pesaro; detta famosissima fra le donne del suo tempo e bellissima di corpo e di animo. Ella parlava con grazia il volgare ed il latino: scrisse orazioni eleganti in latino, fu dotta in filosofia ed il Petrarca l'esortò a continuare gli studii delle buone lettere.

Ed è pur nel trecento che Bettina Calderina, bolognese, maritata a Giovanni da San Giorgio, dottore famoso nell' insegnare il diritto canonico, ha tanta dottrina che se per infermità o altro motivo suo marito non può insegnare nella città di Padova ove risiede, ella fa le sue veci in mezzo a numero grandissimo di studenti.

Fra il nuovo splendore delle città italiane ove dimoravano spesso per forza i nobili, ed erano grandi le ricchezze acquistate colle industrie e coi commerci, piacque in modo eccessivo il lusso alle donne. Esse si caricavano di ornamenti d'oro, di gemme, di perle, e di queste avevano guernite anche le vesti. Usavano stoffe di panno, di lino, di seta e di velluto, portavano ghirlande d'oro e d'argento, intrecciatoi di perle ed altri ornamenti di testa di gran costo, e vestiti intagliati e bottoni d'argento dorato a quattro o sei file; ed a ben poco servivano le leggi fatte per renderle più moderate nello spendere per gli abbigliamenti, siccome erano già state inefficaci quelle per le donne del duecento; quando il Cardinale Latino, legato della Romagna, volle che fosse negata loro l'assoluzione se continuavano a portare vesti con lunghi strascichi; e questo fu per loro un' amarezza peggiore della morte. Costrette a piegarsi alla legge che le voleva modestamente vestite, dopo grandi schiamazzi vennero fuori di casa involte in veli finissimi trapunti d'oro, essendo cosi più seducenti di prima.

Nei documenti d'amore il Barberino dice che: « se le donne attendessero tanto a lavar la sua mente, quanto elle attendono a lavar la faccia, incontanente diventeriano di creatura umana angelica. E che s'elle s' intendessero tanto alle orazioni in camera, quanto elle attendono alle vanitadi alla finestra, verrebbono loro in picciol tempo i segni della Passione. >>

Esse sono tanto esperte nell' arte d'imbellettarsi e di celare i difetti della persona, che essendo raccolti a San Miniato a Monte parecchi pittori ed altri maestri, che discutono per sapere chi sia stato dopo Giotto più valente nel dipingere; mentre sono diversi i pareri, maestro Alberto Arnoldi dimostra che nè Giotto nè altri seppe usare i colori meglio delle donne; poichè se una fanciulla è nera così da parere uno scarafaggio, « strofina di qua, ingessa di là, mettila al sole » la fanno diventar più bianca di un cigno; se vi è « una figura pallida e gialla, con artificiati colori la fanno in forma di rosa. Quella che per difetto o per tempo pare secca, fanno divenire fiorita e verde, » ma questo non basta, esse compiono opere ancora più mirabili, poichè ci dice messer Franco Sacchetti che un viso il quale « sarà male proporzionato e avrà gli occhi grossi, tosto parranno di falcone; avrà il naso torto, tosto il faranno diritto; avrà mascelle d'asino, tosto l'assetteranno; avrà le spalle grosse, tosto le pialleranno; avrà l' una in fuori più che l'altra, tanto la rizzafferanno con bambagia, che proporzionate si mostreranno con giusta forma. ..... E se non mi credete guardate in tutta la nostra terra, e non troverete quasi donna che nera sia. Questo non è che la natura l'abbia fatte tutte bianche; ma per istudio le più di nere sono diventate bianche (1) ».

Questo ci prova ch' esse cercano già, come useranno le donne del cinquecento, d'uniformarsi nell' aspetto ad un tipo convenzionale universalmente accettato, anche a costo di violare le leggi naturali del bello; (2) ma bisogna pur dire che le arti delle donne dovettero fare grande impressione sull'animo di Franco Sacchetti, poichè egli prese moglie tre volte !

Le donne sanno anche senza studiare legge confondere i dottori, che vogliono mantenere i bandi fatti intorno ai loro ornamenti, e quando messere Amerigo degli Amerighi da Pesaro, il quale ha ufficio di giudice, viene ammonito perchè mostrasi negligente

(1) FRANCO Sacchetti, Novella CXXXVI.
(2) BURCKHARDT, op. cit. vol. II, pag. 130.

sugli ordini delle donne, il poveretto dice a sua discolpa: si fatti argomenti non trovai mai in nessuna legge, come sono quelli ch'elle fanno, e fra gli altri ve ne voglio nominare alcuni. E' si trova una donna col becchetto frastagliato avvolto sopra il cappuccio; il notaio mio dice: datemi il nome vostro, perocchè avete il becchetto intagliato; la buona donna piglia questo becchetto che è appiccicato al cappuccio con uno spillo e recaselo in mano, e dice ch'egli è una ghirlanda. Or va più oltre, trova molti bottoni portare dinanzi; dicesi a quella che è trovata: Questi bottoni voi non potete portare; e quella risponde: Messer si, posso, che questi non sono bottoni, sono coppelle, e se non mi credete guardate, e' non hanno picciuolo, e ancora non c'è vicino occhiello. Va il notaio all'altra che porta gli ermellini e dice: Che potrà apporre costei? Voi portate gli ermellini, e la vuole scrivere; la donna dice: Non scrivete, no, che questi non sono ermellini, anzi sono lattizzi. Dice il notaio: Che cosa è questo lattizzo? E la donna risponde: È una bestia (1) ».

Mentre i dottori di legge sono in guerra aperta contro le donne, e debbono rassegnarsi a contare le proprie sconfitte, i poeti non si limitano a ripetere versi d'amore alle persone amate; ma sanno anche dire la lode gentile per tutte le donne più belle della loro città; e Dante piega il fiero sirventese ad ufficio gentile, notando i nomi delle sessanta donne più belle di Firenze, fra le quali Beatrice è la nona; e se è di Boccaccio una poesia che gli viene attribuita, egli va enumerando altre donne gentili, fra le quali splendono Monna Vanna, la lombarda più bella di tutte, Filippa de' Bardi, Monna Lottiera dagli sguardi soavi e « La Vanna di Filippo, Primavera (2) ».

Ed a celebrare la grazia, la cortesia delle belle donne di Firenze, Franco Sacchetti va imitando in qualche modo Rambaldo di Vaquieras, che disse le lodi di Bels Cavaliers, e ci narra la battaglia delle vecchie colle giovani. Quando avvicinasi il momento della lotta le vecchie mandano per ogni boscaglia;

Per siepi, per spilonche e per fossati,
Cercando di lor arme e vettovaglia;

e si adunano in un casolare del Borgo della noce;

Con urli e canti di maniera oscura,

Che ne lo inferno non si fece mai

Tanto romor di strida e tanti guai.

(1) FRANCO SACCHETTI, Novella CXXXVII.

(2) DOMENICO MARIA MANNI, Istoria del Decamerone. Firenze, 1742, pag. 143.

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