Sayfadaki görseller
PDF
ePub

fetti più cari, e si curano solo dell'allegria del momento. Spesso intorno ai messaggieri che portano novelle degli uomini usciti all'assalto di altra terra, o a difesa della propria, esse si raccolgono piangenti, al pari delle donne di Pisa, che nel 1284 uscirono a sentir la notizie dolorose, dopo la battaglia della Meloria, o, incoronate di fiori, vanno incontro agl' imperatori stranieri, e si allietano tra le feste suntuose nei palazzi dei nuovi oppressori della patria.

Se nel trecento le donne passano gran parte del tempo ad imbellettarsi, esse sanno pure, nell'ora del pericolo, rimondare i fossi delle città e rifare gli steccati colle bertesche, siccome, a meraviglia degl'Italiani, fecero le donne di Pistoia, quando i Fiorentini permisero a quella città di provvedere nuovamente alla propra difesa; (1) o o vanno all'assalto delle case, come accadde a Pavia, quando dopo una predica del frate Jacopo Bossolaro, andarono uomini e donne, piccoli e grandi a distruggere quelle dei Beccaria; nel trecento ancora Dino Compagni ed il poeta Orlandi discutono freddamente intorno alla gelosia (2), ed invece Francesco Gonzaga lasciatosi ingannare dalla perfidia di Gian Galeazzo, fa troncare per gelosia il capo a sua moglie; e Marino Faliero, accecato dalla gelosia, dà causa all'offesa che gli vien fatta da Steno, e congiura contro lo Stato; nel trecento rimangono per lunghi anni impuniti i delitti di Giovanna di Napoli, e le fronti più audaci si chinano riverenti innanzi a Santa Caterina da Siena, la santa del popolo, la meravigliosa fanciulla, gloria del suo secolo.

Già al finire del trecento nelle opere di Dante, di Boccaccio, di Petrarca, nelle divine figure dipinte sulle pareti delle nostre chiese, e nelle altre espressioni dell'arte, come pure nella vita sociale, la Rinascenza ha già annunziato al mondo le sue prossime vittorie; e se il popolo vede ancora tra la bella natura, trasformate in demoni paurosi le divinità della Grecia e di Roma, esse appaiono invece come ammaliatrici nel silenzio delle selve, fra la spuma del mare, in mezzo ai fiori, pronte a sorridere colla grazia della giovinezza ai nuovi artisti d'Italia. E mentre il passato che è pur glorioso sta cosi vicino ancora alle glorie italiane dell'avvenire, scendono nella tomba le donne del trecento; passate sulle nostre terre fra un alternarsi bizzarro di pianto e di riso, di vittorie e di sventure, di pace lieta e di guerre sanguinose; ora vicino ai poeti ed

(1) GIOVANNI VILLANI, L. VIII. CLI.

(2) ISIDORO DEL LUNGO. Dino Compagni e la sua cronica, vol. I, pag. 362.

agli artisti, ora accanto ai ricchi popolani, agli accorti mercanti, ai tiranni crudeli, ai liberi cittadini; ora fra le città assediate e vinte, fra le lotte ed il sangue, ora fra le danze, il canto, le feste del popólo sovrano; e mentre dopo secoli le loro belle figure passano innanzi alla nostra fantasia, notasi con frequenza in esse qualche cosa d'indistinto, di misterioso, che ci costringe a meditare ed a sognare, interrogando la polvere del passato, e le grandi ombre che sfumano in lontananza. Esse scendono nella tomba, fra breve tempo splenderanno in modo nuovo per la grande coltura, per la virile fortezza, per la malia della beltà congiunta alla dottrina altre donne d'Italia: avremo nella vita reale Vittoria Colonna e Gaspara Stampa, avremo nella poesia le donne dell'Ariosto e del Tasso, Angelica e Clorinda, Bradamante e Sofronia; ma esse non potranno mai far dimenticare ai posteri le donne reali, e le grandi idealità femminili del duecento e del trecento; Beatrice e Francesca, la Pia dei Tolomei e Piccarda Donati, Selvaggia e Fiammetta, o Santa Caterina da Siena, accesa al pari di Dante e di Petrarca d'infinito amore per la patria.

Ed ora mentre le donne dell'Italia nuova, più colte ma non meno operose di quelle celebrate da Cacciaguida, mostrano in questa festa del lavoro ciò che sanno compiere tra le cure della famiglia, nelle scuole, nelle fabbriche, coll'opera della mano e del pensiero, colla costanza e coll' ingegno, essendo sempre donne modeste e gentili; ora che si affollano innanzi a noi, in questa città ridente, le grandi memorie del passato, e ci allettano le speranze dell' avvenire, ricordiamo pure le sventure e la cortesia delle donne italiane del trecento; ma pensiamo che se l'arte divina le rese immortali, noi, più felici ancora, apparteniamo al secolo che volle redenta l'Italia; siamo le figlie di quei soldati, che non consumarono gli anni tra le discordie fraterne, ma diedero il pensiero, l'opera, la vita, per la salvezza della gran patria comune.

MARIA SAVI LOPEZ.

SANTE ITALIANE

I.

OME si formò nella fiera anima di Dante l'idea di una donna così perfetta e di natura più celeste che terrena, quale egli seppe rappresentarla in Beatrice, da cui ha il nome e l'occasione la festa che si celebra

in questo mese ed in questa città?

L'alta mente e la potente immaginativa che crearono la Divina Commedia, forse non sarebbero bastate a colorire quell'alto ideale di donna spirituale, ispiratrice ed eccitatrice di nobili sensi e di puri e santi affetti, e che dell' amore si servi per conseguire un alto fine morale, religioso, civile; se già nella sua mente non fosse stato adombrato un tipo della donna perfetta.

Di dove gli sorse nella mente e nel cuore tipo siffatto di donna? Dal paganesimo certo che no; e neanche dal seno di quella così splendida società greca; la quale non seppe additare alle sue donne migliore esempio che la gelosa Giunone, l'altera Minerva, la voluttuosa Venere; nè lodarle e farle salire in fama per altra virtù, che per una perfezione di bellezza fisica, come la bella Crisi dalla rosea guancia, e Climene dai grandi occhi: le quali poi tutte della cosi esaltata bellezza non si servivano che a corrompere gli affetti dell'uomo, a snervare la sua energia, ad accendere la guerra e l'odio nella loro società.

Omero, il poeta sovrano, quando egli volle sublimare una donna

« ÖncekiDevam »