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cioè dall'ottava sfera ei passa nella nona, ch'è il più veloce cielo, il velocissimo, il primo mobile, che rapisce tutti gli altri inferiori con sè nel moto diurno: Par. xxvIII

Errori geografici. tempi, Dante pone i termini dei climi ai termini del nostro emisfero: Par. xxvII. 82.

Secondo la Geografia de' suoi

Supponeva che il Mediterraneo avesse 90 gradi di estensione, mentre non ne ha che 50: ove ne avesse 90, sarebbe vero che ci farebbe meridiano, dove prima era orizzonte, perchè tanto accade a chi si muove sulla terra per 90 gradi di longitudine, cioè per un quarto di circonferenza di essa terra: Par. 1x. 86. ·

Il Poeta per altro egregiamente chiamava il Mediterraneo: La maggior valle in che l'acqua si spanda. Par. IX. 82. E tale, dice il Capocci, è veramente rimasa anche dopo che si è frugato per tutto il globo terracqueo, sendocchè le valli degli oceani non contano: ivi è la terra che propriamente si spande tra le acque. Lo che è detto con molta proprietà e da buon geologo.

Il Marocco distava assai meno da Gerusalemme da quello che il poeta suppone; ma quello, dice il Capocci, era allora lo stato d'incertezza, massime per le longitudini, nelle posizioni geografiche. Ed a me, aggiunge egli, sta in testa che egli che sapeva tutto quel che poteva sapersi in quel tempo, con quel suo meraviglioso acume, dovea nudrire qualche sospetto d'un tale errore; laonde piacemi di attribuire a quella espressione alla riva copre la notte già col piè Marocco (Purg. iv. 138), l'intendimento di designar un luogo anche più occidentale, ove prolungar dovevansi le rive di quell'impero.

Poneva l'Italia a mezza strada tra Gerusalemme e Marocco, cioè a 45° più ad occidente di quella città che son tre ore del giro diurno.

Ma indicava Marsiglia con la precisione del NauticalAlmanac. Buggea e Marsiglia hanno esattamente lo stesso grado di longitudine, e perciò lo stesso meridiano: Par. IX. 91.

Siviglia non si dilunga da Gerusalemme che di 50

anzicchè 90: Inf. xx. 124 Ma devesi riflettere, ne dice il Capocci, che il poeta non aveva a' suoi servigi quel bel globo che ora noi abbiamo in sul tavolo. Nè la terra ai suoi tempi era così ben compassata in lungo ed in largo, come ora è, nè lo stesso Marco Polo, suo contemporaneo, poteva esprimersi con maggior precisione di lui su tale oscura bisogna. Di più quando egli ne dice che la Luna toccava l'onda sotto Sibilia, vedete che positivamente ci dinota, che la non si trovava più culminante sopra Siviglia, ma più oltre in sull'oceano Atlantico; e con quel sotto Sibilia, conferma che la era già discesa nel suo curvo giro diurno, più giù verso occidente.

Da Gibilterra a' lidi opposti di Siria, non vi ha che la metà de' 90, ch'egli suppone, per far che l'orizzonte di uno de' detti due luoghi sia meridiano per l'altro: Par. Ix. Tal era allora lo stato infantile della geografia e della nautica, priva per anco della bussola, e de' sussidii poscia trovati per la esatta determinazione delle longitudini.

E presuponeva che a ponente in Ispagna ove cadono in mare le acque dell'Ebro, sovrastasse l'alta Libra, la Libra celeste, e per l'opposto ad oriente, le onde dell'altro fiume, il Gange, si muovesse sotto la sferza del Sole ivi culminante: Purg. xxvII. 1.

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Greco, da Coo (Inf. iv. 143; Purg. xxiv. 137; Conv. 1. 8); Galeno, di Pergamo in Asia, (Inf. iv. 143; Conv. 1. 8); ed Avicenna, Arabo, (Inf. iv. 143; Conv. 11. 14, 15; ш. 14; iv. 21); Avverrois, Arabo, (Inf. iv. 144; Conv. iv. 13.); e de' suoi tempi Taddeo, medico fiorentino, di gran reputazione nelle scienze fisiche che morì in Bologna nel 1295 (?) Par.x11. 83. Della generazione. La scienza fisiologica ed insieme la patologica gli rese agevole di fare della generazione de' corpi e dell' infusione dell'anima in essi, la più bella e nuova e filosofica e insieme poetica spiegazione. Per essa di leggieri si scorge come le antiche opinioni presentissero alcune scoperte della moderna embriologia, e che forse potrebbero farsi germe a qualche altra nuova scoperta. - Sulla generazione, scrive l'egregio D'. Asson, pensava con Aristotile, che lo sperma (parte elaborata e perfetta del sangue) non assorbito dalle vene, ma rimasto come alimento che dalle mense si leva, acquisti nel cuore quella virtù infor

(1) Nella gran Sala del R. Archivio centrale di Stato di Firenze, dedicata specialmente agli Archivi delle arti, tra le altre imagini, si vede dipinta quella di Dante Allighieri Med. Spez. MCCLXXXVII.

mativa medesima, che vi prende il sangue, che poi discorre le vene a ingenerare tutte le membra. Trasportato quindi agli organi genitali dell'uomo, e spinto nell'utero a immischiarsi col sangue mestruo, sopra questo come potenza allora operando, lo coagula e lo ravviva, e n'esce l'embrione, che di pianta fatto animale diviene alfine uomo pensante: Purg. xxv.

Dante nominò l'ombelico dalla sua vera funzione, la parte donde è preso prima nostro alimento; e definì l'intestino dalla più ignobile tra le sue elaborazioni, che vi sostengono gli alimenti; forse per servire all'opportunità dell'orrida bolgia tutta ingombra di sangue, di membra sparse, di viscere dilaniate: Inf. xxviii. D. Asson.

Le dottrine esposte nel Convito sulla generazione si risentono un poco degli errori degli Averroistici, da Dante stesso rigettati nel Purgatorio: Conv. iv. 21.

E il Prof. Filippo Cardona scriveva: Ben sapevasi da quell' altissimo, quasi al par degli odierni, come accada il mistero della generazione; onde parla a dilungo e da maestro, percorrendo la modernità, vuoi nel concedere all' uomo l'officio attivo e dare alla donna il passivo nel lavorio formativo del portato, vuoi nel fare a questo portato, come a soggetto della forza vitale correre il ciclo di vegetante di senziente e di razionale. Sapeva benissimo in che modo la creatura mediante il cordone ombellicale od ilo, viva di conserva colla pregnante; giacchè in un medesimo Canto parla due volte di quel delicato vincolo sanguifero, sia quando, a fare intendere la cicatrice che sta in mezzo del ventre, dicendo ove comincia nostra labbia, e quando per descrivere il cavo del ventre favella di quella parte, dove è primamente preso il nostro alimento intrauterino: Inf. xxv. 86.

Le tre vite, scrive pure il Dr. Asson, che, seguendo Aristotile, Dante ammise nell' uomo, rappresentano quelle tre manifestazioni somme della vita, alle quali si fanno riuscire anche oggidì tutte le funzioni, in cui ne consiste il magistero: le vegetabili o nutritive, le animali o sensitive e motrici e le intellettuali: Conv. Tr. III. c. 2; Purg. xxv. Dante espose egregiamente l'ordine, con cui vanno succedendosi queste funzioni nell' umano embrione. Questo, in

nanzi tutto, è pianta, diverso dalla vera pianta in ciò, che esso è in sulla via, e quella al termine di sua tipica formazione. In vero ascende quel primo sbozzo d'essere organico per la scalea della vita, e fassi animale, e tal si palesa perchè si muove e sente: primi atti dell'animalità, che il nostro poeta concede al zoofito, o fungo marino, estremo anello della serie:

Tanto ovra poi che già si muove e sente,
Come fungo marino.

Quinci si vanno formando e perfezionando gli organi: e al fine si palesano le alterne e antagonistiche posizioni del piegarsi e dello stendersi, i movimenti. Come poi il feto di semplice animale divenga fante, cioè acquisti con la favella intelletto, Dante n'apprende che, quando la testura del cerebro è perfetta, Dio, lieto della meravigliosa opera sua, vi soffia un novello spirito pieno di virtù, l'anima razionale, che tira in propria sostanza le altre due anime, una sola formandone, che sola governando le funzioni di tutte, vegeta, sente, riflette: Che vive, sente, e sè in sè rigira.

Così l'anima razionale uscita da Dio, si fa per Dante cagione e atto del corpo mostrando, colle maravigliose azioni a cui lo muove, la bontà dell'origine, e, benchè una, a diverse potenze conformasi, e nelle diverse membra risolvesi: Conv. Tratt. III. c. 2. - Consegue spontanea da questa dottrina un obbiezione a una sentenza di Averroe, che lo intelletto passivo o possibile (come chiamavasi allora dalla scuola), voleva dall'animo separato. E nel vero in esso era posto lo intendimento ch'è facoltà dell'anima razionale. Meno spontanea, anzi oserei dire meno rigorosamente giusta, ne sorge un'opposizione ad altra sentenza, allora dominante, che feriva dirittamente il principio dell'unità dell'anima : ed era che le tre anime l'una all'altra si succedessero. Come Dante potesse o sapesse conciliare, colla sua dottrina, che assente alla successione delle tre anime, la negazione di quella, io non dirò. Certo che, ammettendo poi l'unificazione delle due inferiori nella razionale, cerca di porre in accordo due opinioni, a prima giunta, irreconciliabili, la successione di tre anime e l'unità dell'anima. Egli mira indubbiamente a combattere la successione delle anime, e

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