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romane virtù nei generosi de' suoi tempi, raffermando così il primato della stirpe latina (chè altramente sarebbe stato follía) nella perenne vitalità dell' ingegno e del cuore italiano. Nel che, se ben si guardi, e' tiene gran parte di vero: avvegnachè, se ci fallisca l'autorità di materiale imperio, non ci fallirà, vivaddio, l' imperio intellettuale per nobile principato di scienza e d'arte. Non è questo, io mel so, tempo di lusingare in Italia la viltà e l'ozio de' molti con ricordanze di gloria: pure, a onore del vero e a conforto de' buoni, io non dubito di affermare che nel faticoso pellegrinaggio dell' umana specie verso cima lontana di verità e di bellezza, l' Italia ha in ogni tempo precorso ad ogni altra nazione. Se non che, la foga dell' affetto a questa terra gentile m' ha tratto un po' discosto dal mio argomento; a cui tornando dico che, derivata l'autorità dell' universale imperio da naturale sovranità della schiatta latina, segue di ne

1 « A torto gl' Italiani van lamentando come da gran tempo spenta quell'antica dignità, che alla già prospera Italia derivò da fama di bellissimi ingegni o da grandezza d'insigni virtù; perocche non sia a dubitare che non perduri anco alla nostra età quella vetusta indole d'ingegno e di virtù, che in noi, per benigna opera zione di questo cielo e di questo sole d'Italia, si fu già naturata. » Sigonio, Vita di A. Doria.

2 Chi primo recò nella storia lume di critico discernimento? Carlo Sigonio. Chi ricreò le scienze sperimentali? Galileo Galilei. Chi ringiovani la dottrina delle pene? Cesare Beccaria. Chi ristorò la vena speculativa? Giambattista Vico. E anco nella filologia e nell'arte critica i tanto vantati Alemanni non furon precorsi da un Vincenzo Borghini, da un Pier Vettori, da un Alessandro Tassoni?

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cessità che ella debba cessare, quando la civiltà in ogni parte della terra sia salita a uguale altezza, e le diversità di ogni schiatta sieno consumate nell' unità della perfezione civile. Di più, Dante vuole essere monarchia a custodia e a valida dimostrazione della legge scritta; la quale sarebbe inutile, quando gli uomini conoscessero perfettamente e serbassero l'equità naturale. Adunque, venuto il tempo della pace e dell' amore, i popoli avrebber potuto governar sè stessi secondo la parola interiore della coscienza, e così, fatta vana la ragione scritta, ogni autorità d' imperio sarebbe venuta meno per necessità di altissima provvidenza. Ond' è che nel Paradiso terrestre, figura di quel tempo lietissimo di libertà verace, quando gli affetti de' popoli non sorgeranno d'incerta vena, ma del volere di Dio, 2 Dante non è guidato da Virgilio, ma da la bella donna, contemplatrice ispirata, caro simbolo dell' amore umano, che, rampollando da Dio, mette per diritto corso nell'alta perfezione dell' essere. A che la scienza delle leggi, ov'è perfetto il senno dell' amore del bene? L'umana famiglia, fuori ormai dalle vie erte ed anguste, può prendere per duce il suo talento giustissimo e puro.

E qui io non voglio che l'affezione per Dante, Padre d'un'arte nuova, Maestro d'ogni

1 Confess., IV, 9.

2 Purg., XXVIII.

FRANCIOSI.

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italiana grandezza, mi scemi la libertà del giudizio. Io giudico esorbitante quel perenne privilegio d'imperio serbato ai Latini, e vano il credere che ad esso imperio null' altro ne segua; ma giudico bellissimo accenno e prezioso ai filosofi della storia e del diritto quella parola, onde Virgilio piglia commiato dal suo Discepolo; poichè nel progredire dei popoli verso la verità e verso il bene giace la ragione intima delle permutazioni civili e la giusta misura della politica libertà. 1

11. Matelda, o l'amore. 2

<< Una donna soletta, che si gia
Cantando ed iscegliendo fior da fiore. >>
Purg., XXVIII.

Sulla schietta cima del monte, tutta disciolta nell' aer vivo, dove non giunge il mugliare lontano delle acque, che si rompono all' imo, e dove brilla nitido il Sole, mentre l'aria novella va tremolando amorosa, innanzi agli occhi di Dante apparisce (miracolo gentile) Matelda, angeletta di quel terrestre Paradiso, che dell' infiorarsi e del mirare è beata: la quale, innamorando il Poeta delle movenze e

1 Vedi i miei Accenni di filosofia della storia, parte III, сар. 9. 2 Altrove scrissi di Matelda come donna: qui la riguardo nel suo significato allegorico.

del volto e della dolce parola, lo guida a Beatrice, e, ravvivando nella santissim' onda la sua tramortita virtù, lo dispone al cielo. Oh quanta soavità di vita e quanta gentilezza di operazione! Tu, nuova creatura, già non sei della terra, tu che ti pasci di vista serena e di fragranze; ma ne ricordi quella schiera gentile di api celesti, che nella rosa di Maria scendono ad infiorarsi e poi si tornano a Dio, quasi alveare, là dove suo lavoro s'insapora. Chè se ripenso l'ascoso intendimento di chi ti creò, io non so vedere in te, che splendi e ridi e canti come donna innamorata, se non leggiadro simbolo di amore, raggio, sorriso e armonía soavissima delle menti create: raggio, che schiara e avviva; sorriso, che muove da letizia di visione e di sentimento; armonía, ch' esce della contemplazione e dell' opera insieme accolte e fiorenti in giocondità d'unica vita.1 Levatevi, uomini e popoli, che tenete l'occhio fitto nelle cose terrene; non penate più: levatevi ad affissare quest' amorosa Matelda, presso lo specchio delle acque ristoratrici; 2 e quando per segreta ascensione dell' animo, saliti a le tranquille altezze dell' amore trionfale, come pellegrino in alpe senza vento, non udirete più il suono delle umane passioni, e, varcando i confini del firmamento, poserete in quel cielo

1 All'incontro laggiù, nella ghiaccia tenebrosa di Cocito, sorge Ugolino, terribile personificazione dell' odio umano.

2 Amore spirò a Dante la prima parola delle « Nuove Rime » lungo un rio molto chiaro d'onde. Cf. V. N., § XIX.

invisibile, ove splende Iddio, allora potrete dire di aver sentita e fecondata in voi tutta la virtù della dantesca visione, di esser giunti a quel termine bello, ove s'appunta ogni ubi ed ogni quando.

12. Luce e armonía, o l'ultima perfezione dell' umana città.

« Ed una melodia dolce correva

Per l'aer luminoso

Purg., XXIX.

Dall' ora che il simbolico pellegrino dei tre regni, ponendo giù l'animo altero nell'antico errore, con umile affetto si volse al di nascente e al monte felice, mai non gli raggiò si viva la bellissima luce, come qui sopra il sommo; ove la schietta natura rende schietto il candore di lei, simbolo di quella sapienza, che fu chiamata dal Savio « candore dell'eterna Luce. » Ma già si appressa il punto, in cui si rivelino all' umano intelletto le più alte cose e le più riposte: onde un subito lustro, che vince la vivezza del giorno, s' accende sotto 'l verde per la gran foresta (immagine del fitto rampollare d'ogni virtù), non a mo' di baleno, ma di albóre, che, durando, si accresca. Perchè poi la luce sveglia il suono 1

1 Il moto ordinato delle cose create, che Agostino crede esemplare dell'arte divina della musica, nella notte non si ode che lieve e in parte, mentre gli animali riposano e le piante son meno vive e sonanti.

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