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la quale s'apre in Maria, siccome quella, che simboleggia essa larghezza nell'atto della redenzione.1 Dell' odore di questa mistica rosa è pieno il creato; e come si leva su ne' campi lieti dell' Empireo, così discende fino alle triste valli abitate da coloro, che seggono nell'ombra della morte. E in chi poteva questo simbolo pigliar persona meglio che in Maria, a cui sovra ogni lode vuolsi dar quella di clemente e di pietosa? « Lodiamo in Maria la verginità (dirò col soave Bernardo), l' umiltà sua poniamo a miracolo; ma la misericordia a noi miseri rende più dolce sapore, la misericordia più caramente abbracciamo nell' animo, più spesso in mente, più volentieri in preghiera. » Ell'è dunque Maria, come personificazione della misericordia o larghezza divina, che, vincendo il duro giudicio della giustizia, muove Lucia, o la rivelazione, e per essa Beatrice, o la scienza di Dio, a trarre Virgilio dal Limbo, ossia a rinnovare l'umana scienza, si che, inalzata a dignità di documento morale e civile, tornasse al bene l'umanità; la quale, avvezza da lunga stagione alle ombre della carne, come vipistrello a quelle della notte, non poteva farsi d'un tratto aquila a riguardare nel bene rive

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1 Però le bellezze di Maria benedette dal XXIV seniori (Purg., XXIX) debbono intendersi per gli effetti della redenzione, la cui virtù consiste nel recare ogni potenza di bene in atto sommo di bellezza.

2 Nel quarto de' Sermoni sull' Assunzione. Vedi le Opere pubblicate per cura de' Benedettini, vol. I, pag. 1005.

lato dal Cristianesimo, lume di Sole vivissimo, che vince la debole armonía d' ogni vista carnale. Fu però degno del sapientissimo provveder divino che quel bene, posto dinanzi all' uomo singolo come luce dell' intelletto e manna dell' anima, ne rinnovasse il pensiero e la scienza, e che questa poi rinnovata traesse l'umanità, ancora involta nella caligine dei sensi, a contemplare in sè la similitudine di quel bene, che la sapienza del Cristo avea rivelato; affinchè per lenta preparazione fosse un dì fatta potente di avvisarlo in tutta la sua viva chiarezza e di scorgervi dentro il più alto esemplare della sua vita. Questo ha voluto significare il Poeta nel mandato di Virgilio e più chiaramente in quelle parole di Beatrice, ove quest' amanza del primo Amante rimprovera a Dante, come a figura dell' uman genere, che il suo amore per lei fosse scemato, allorchè le era cresciuta e bellezza e virtù, salendo da carne a spirito (cioè da' velami della Legge e de' Profeti alla bellezza spirituale dell' Evangelo sotto quelli nascosta), e che a rilevarlo a stato di virtù ella avesse dovuto pòrgere i suoi prieghi a Virgilio, o, nel senso allegorico, muovere l'umana scienza rinnovata a preparargli l' animo alla contemplazione e all' amore di sè, luce e bellezza divina. Non vuolsi credere però che l' umana

1 Vedi la Politica di A. Rosmini, III, 17.

scienza per sè sola potesse levarsi ad efficacia di virtù, se la non vista luce di Cristo, insinuandosi nel più segreto de' cuori, non agevolasse l'opera della scienza. Egli è per questo che, mentre Dante dormiva su' fiori della valletta, viene Lucia, simbolo di quella luce invisibile, e, dicendo a' compagni: « Lasciatemi pigliar costui che dorme; Sì l'agevolerò nella sua via, » lo piglia in collo, e, senza ch' ei se n'avvegga, il depone alla porta del Purgatorio, luogo di espiazione amorosa e di lieta operosità.

Toccato così del Sole increato e dell' opera sua nell' umana famiglia, è da toccare per ultimo dell' altissimo intendimento, a cui siffatta opera è vòlta. Questo, secondo la mente di Dante, è l'innalzamento dell' umana famiglia a Dio, come principio di quella potente unità d'amore, che farà lieta di sè l'eterna pace; ed è nobilmente figurato nell' inalzarsi di Dante alle stelle, riguardando in quel Sole, che le cose tutte a sè trae. 1 E come in questo trarre è ormai più l'opera dell' ardore, che della luce di Cristo; così Dante, nell' atto di levarsi su dalla terra, vede il Sole sfavillar d'intorno, Qual ferro, che bollente esce dal fuoco.2 Ma non sofferendo il Poeta di riguardar lun

1 Vangelo di San Giovanni, XII, 32.

Amor, che il ciel governi,

Tu il sai, che col tuo lume mi levasti. »

2 Parad., I.

Parad., I.

gamente in quel vivissimo fuoco, ne ritrae gli occhi e, fermatili in Beatrice, sente farsi divino: bella fantasía, nella quale è racchiuso un bellissimo vero; che, cioè, l'umanità in sull' ascendere dal tempo all' eterno, non potendo capire nell' animo l' infinità dell' Amore, ch'è Cristo stesso, ne mira l' immagine, quasi in ispecchio, nella sapienza rivelata; e in quest' immagine si trasmuta e s' inalza di lume in lume fino a quel cielo, ch'è pura luce d'intelletto, piena d'amore e d'allegrezza. 1

3. Iddio provvidente come amore.

<< In la sua volontade è nostra pace:

Ella è quel mare, al qual tutto si muove
Ciò ch'ella cria, o che natura face.

Parad., III.

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Il succedersi de' tre regni, in cui ho distinto il governo divino dell'umanità, non si fa in un punto; ma a mano a mano che l'umanità si va disponendo meglio all' uno che all' altro, la successione mirabilmente si adopera per segreta virtù di altissima Provvidenza. Però Dante in sull' uscire dell' Inferno vede da un pertugio tondo alquanto di quelle cose belle, che

1 Tutto ciò, che in questo Capo è stato detto a dichiarare come per Dante il Sole fosse simulacro del Cristo, giovi a conforto dell'interpretazione, già toccata nella prima parte, della città dolente e del monte sacro.

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porta il cielo del Purgatorio, cioè l' albóre della sapienza di Cristo; e in sullo spiccarsi dal Paradiso terrestre per trasvolar su nei cieli e' vede i fiumi, cioè gli affetti de' popoli, rampollanti, come da segreta vena, dal volere di Dio, e il Sole sfavillante, qual ferro che bollente esce dal fuoco, cioè Cristo più tosto in quanto amore che in quanto sapienza. Ma toccato il primo cielo, il Sole non è più ricordato come simbolo della signoría divina sull' umanità, e propriamente incomincia la signoría dell' Amore. La quale tanto era cara al pensiero di Dante, che ben dodici volte questi ne fa chiaro ed apposito cenno con sempre nuova dolcezza d'affetto e soavità di parola. 2 E veramente il contemplare le cose nel vincolo, che le congiunge, è più dilettoso che contemplarle ciascuna da sè; perchè nell' unione è bellezza di vita più manifesta e più viva. Onde l'amore, vincolo delle cose spirituali, com'è la più lieta e dolce cosa del mondo umano, così è il fonte del più alto gaudio nel mondo divino. Di

1 Solo nel canto XXIII, dove si torna a contemplare, raggiante di trionfale bellezza, la rinnovata città, il divino Salvatore delle anime è chiamato: Un Sol che tutte quante le accendea, Come fa 'l nostro le viste superne; bella comparazione, che rende lume al supremo simbolo del Purgatorio, e ci mostra onde muovano tutti i fulgori infinitamente vari delle anime abitatrici dei cieli.

2 Parad., I, 74; III, 53, 70-81, 85; VI, 71; VII, 65; XIV, 76; XVII, 111; XXVIII, 45; XXX, 52; XXXIII, 7-9, 145. Filippo Mariotti (Dante e la Statistica delle lingue) nota che il vocabolo amore nell'Inferno è usato solo 17 volte, nel Purgatorio 49, ma nel Paradiso, dove tutto è amore, 87 volte.

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