bene, che in noi discendono da quell' unica Bontà, onde ogni cosa è buona; il suggello, che reca l'impronta del suo signore e accenna a proprietà gelosa, bene insegna, che immortalità è similitudine dell' Eterno e più stretto legame con la Vita senza fine; la lucerna, che più s'accende quanto più trovi d'alimento, ci fa ripensare come in noi quantunque carità si stende, Cresce sovr' essa l'eterno Valore; il giardino, che, infiorandosi, ride negli amori della luce, ne rende in atto vivo le bellezze degli ordinati affetti, che nello specchio della Mente infinita rendonsi l'un l'altro perpetuo riso d'allegrezza: 1 il tempio, possente unità e trasfigurazione ideale d'arte, di propositi e di speranze, ci adombra la più eccellente unità dell' angelica famiglia, che, volando e cantando, pur sempre torna Là, dove suo lavoro s'insapora. Innumerevoli, e tutte sfolgoranti di chiarissima luce, sono le metafore, onde il Nostro abbelli i luoghi più ardui del suo poema; chè dove nella trina luce dell' unica stella più si profonda, lontano dai sensi, Quanto per l'universo si squaderna, ivi è meglio palese il potere dell'alta fantasía; ma io, per 1 << Li nostri affetti, che solo infiammati « E vedea visi a carità suadi, D' altrui lume fregiati e del suo riso. » Ivi, XXXI, 49. non andare all' infinito, mi ccsserò dall'opera, dicendovi con lo stesso Poeta: I' non posso ritrar di tutte appieno; Che molte volte al fatto il dir vien meno. II. DELLE SIMILITUDINI. Ogni favellare intende a operazione di vita; ciascuno le udite cose piglia per sè; e l'animo più agevolmente riceve ciò che meglio conosce. Onde, a illustrare le cose di più lampante evidenza, con bell' accorgimento si usaron le similitudini. QUINTILIANO. Trovare la similitudine non fia malagevole al dicitore, se considera la natura di tutte le cose, o che favellino o che sieno mutole, o sieno dimestiche o fiere, o che si veggano o che non si possano vedere ...» GUIDOTTO BOLOGNESE. I. SIMILITUDINI TRATTE DALLE COSE INANIMATE. Ignoro se altri mai l'avvertisse; ma e' mi par chiaro dover noi togliere le nostre similitudini più volentieri dalle cose, che ci hanno lasciato nell'animo immagine meglio viva; il che nasce non tanto dal valore delle cose per sè, quanto da nostro natural talento, che ci fa inchinevoli più presto ad una cosa che ad un' altra. E chi pigliasse con questo avvedimento a raccogliere, illustrando, le similitudini de' più grandi Poeti, potrebbe cavarne argomenti nuovi e importanti all' intima storia dell' animo loro. 1 Dante, come ogni spirito valoroso e gentile, si piacque soprammodo del vagheggiare le antiche e pur sempre nuove bellezze della natura. Nè già nel chiuso della sua stanza, pensoso sovra il suo banco, e' valse ad acquistare tanta ricchezza e sì limpida verità di naturali raffronti, ma nell' aperta luce dei campi, rallargando il cuore e, come il Solitario d'Assisi, quasi pigliando affettuosa famigliarità con ogni più umile creatura. 2 Tra le bellissime viste, che attestano la bellezza infinita della Mente creatrice, una gli fu più cara; quella de' cieli e degli astri: onde nella sublime epistola all' Amico fiorentino, ove fa il magnanimo rifiuto, affermava restargli in ogni tempo e in ogni luogo il grande conforto di affissare le spere del Sole e delle stelle e di speculare dolcissime verità; e nelle sue similitudini spesso ai cieli e agli astri ritorna, e ne addita gli aspetti diversi e la varietà della luce, secondo il vario modo, in cui si porgono 1 Cotale avvertenza ebbe spesso il Venturi nel suo bel libro Delle similitudini dantesche; ove questo mio discorso ricorda e pur di lieto consentimento avvalora. 2 Pare proprio ch'e' si mettesse in cuore queste belle parole del suo Bernardo: « Le romite selve insegnano più e meglio che i libri; gli alberi e le pietre più e meglio che i maestri. Credi tu di non poter suggere il mėle dal sasso e l'olio dall' asprissima selce? Forse che monti non istillano dolcezze, i colli non mandano latte e mèle, e le valli non odorano di abbondevoli mèssi? » Ep. CVI. |