TAVOLA DI TUTTE LE SIMILITUDINI CHE OCCORRONO NELLA DIVINA COMMEDIA INFERNO. I. 1 2 3 SIMILITUDINI TRATTE DALLE COSE INANIMATE. II, 127. Quale i fioretti dal notturno gelo Chinati e chiusi, poi che 'l Sol gl' imbianca, Si drizzan tutti aperti in loro stelo; Tal mi fec' io di mia virtute stanca.... III, 25. Diverse lingue, orribili favelle, Voci alte e fioche, e suon di man con elle, Sempre in quell' aria senza tempo tinta, III, 112. Come d'autunno si levan le foglie Similemente il mal seme d' Adamo: FRANCIOSI. 19 4 5 6 7 69 10 V, 28. I'venni in luogo d'ogni luce muto, Che mugghia, come fa mar per tempesta, Se da contrarî venti è combattuto. VII, 22. Come fa l'onda là sovra Cariddi, Che si frange con quella in cui s' intoppa; VIII, 70. ...... Già le sue meschite Là entro certo ne la valle cerno IX, 64. E già venìa su per le torbid' onde Non altrimenti fatto che d'un vento E fa fuggir le fiere e li pastori. IX, 112. Si come ad Arli, ove 'l Rodano stagna, Qual è quella ruina, che nel fianco Che da cima del monte, onde si mosse, Cotal di quel burrato era la scesa. 11 12 13 14 15 16 .17 18 XIII, 40. Come d'un tizzo verde, che arso sia Così di quella scheggia usciva insieme XIII, 99. Quivi germoglia come gran di spelta. .... XIV, 29. Piovean di foco dilatate falde, Come di neve in alpe senza vento. .... XIV, 38. L'arena s'accendea, com'esca Sotto 'l focile........... XIV, 79. Quale del Bulicame esce il ruscello, XVI, 94. Come quel fiume, c'ha proprio cammino. Che si chiama Acquacheta suso, avante Rimbomba là sovra San Benedetto Cosi, giù d'una ripa discoscesa, XIX, 28. Qual suole il fiammeggiar delle cose unte Tal era li da' calcagni alle punte. I tuoi ragionamenti Cotal vestigio in terra di sè lascia, 20-21 Qual fumo in aere, od in acqua la schiuma. XXV, 58. Ellera abbarbicata mai non fue Ad alber si, come l'orribil fiera Per l'altrui membra avviticchiò le sue. XXV, 63. Nè l' un, nè l'altro già parea quel ch'era: Per lo papiro suso un color bruno, Che non è nero ancora, e 'l bianco muore. XXV, 84. Un serpentello acceso, Livido e nero come gran di pepe. XXVI, 85. Lo maggior corno della fiamma antica Li ruscelletti, che da' verdi colli Sempre mi stanno innanzi e non indarno: Che il male, ond' io nel volto mi discarno. Non fu tremoto già tanto rubesto, Che scotesse una torre cosi forte, Come Fialte a scotersi fu presto. XXXII, 23. Un lago, che per gelo Avea di vetro e non d'acqua sembiante. Di verno la Danoia in Ostericch, |