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Licei del Regno, io ho fermo in cuore che i giovani ne uscirebbero meglio assennati nell'arte dello scrivere e nella scienza della vita. Torniamo, io prego, a studiare in Dante come gli antichi; non per balbettarne i più facili passi, ma per convertirci in succo e sangue la sua potente parola: torniamo al più virtuoso scrittore, all'Italiano più italiano, al sovrano cantore dell' umana civiltà. In lui troveremo il più sincero esemplare della natura italiana (mirabile contemperamento di ragione e d'affetto, di pacato discorso e d'estro fervente); in lui l'immagine vera dell' età più feconda della storia nostra; in lui bellissimo documento d'ogni sapienza e d'ogni arte! << Siccome il bello (così Vincenzo Gioberti) non si può scompagnare dal bene e dal vero, io avrò per compiuta la redenzione delle lettere italiche, quando vedrò diffuso in tutte le persone, che attendono ad ingentilirsi, lo studio indefesso e amoroso e, direi quasi, la religione di Dante. »

Giovani: io sento nell' anima la verità della sentenza giobertiana, e sarò lietissimo se queste mie povere parole riusciranno a mettervi in amore la dantesca visione; si che, meditandovi sopra con istudio sempre crescente, possiate un giorno ripetere nel cuor vostro quei be' versi del Giusti, danteschi tutti e pur nuovi d' intendimento e d'arte: Sempre più c' innamora

Tua visïon, che poggia a tanta altezza;

FRANCIOSI.

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Nessun la vide tante volte ancora,

Che non trovasse in lei nuova bellezza;
Ben gusta il frutto della nuova pianta
Chi la sa tutta quanta;

In lei si specchia cui di ben far giova,
Per esempio di lei beltà si prova.

1

1 Per lo scoprimento del ritratto di Dante attribuito a Giotto.

DEL VELTRO ALLEGORICO 1

Questi non ciberà terra nè peltro,
Ma sapienza e amore e virtute,
E sua nazion sarà tra feltro e feltro »

Inf., 1.

ssendo principal debito di chi insegna procurare che le cose insegnate sieno persuase all' animo de' suoi discepoli, io ritorno sull'argomento del Veltro allegorico per raffermare l'interpretazione da me accennata, mostrando come sia priva di buon fondamento la credenza, sorta o perdurata nell'animo di alcuno di voi: che in quel Veltro si adombri

1 Era mia intenzione di passarmela leggermente intorno al Veltro; ma, trovando l'animo di alcuni de' miei alunni già saldo in false opinioni, tornai a parlarne: giacchè il falso concetto del Veltro dantesco impedisce che si giudichi rettamente dell' indole del Poeta, e che si vegga nel suo poema un meraviglioso documento di sapienza morale e civile. Dove trionfa amore di parte, ivi non può essere verità e giustizia.

un Ghibellino solenne di que' tempi e più facilmente Uguccione.

Nessuno dubitò mai che la dottrina politica, manifestata da Dante nella Monarchia e nel Convito, fosse diversa da quella toccata nella Divina Commedia. Or bene, se una è la dottrina politica dantesca, il Veltro allegorico prenunziato nel I dell' Inferno ha da essere o in genere un monarca universale, quale è dichiarato nella Monarchia e nel Convito, o in ispecie un principe o un guerriero di que' tempi, in cui quel concetto dantesco d' universale monarca acquistasse bellezza di vita.

<< Lo fondamento radicale (così il Poeta nel Convito) della imperiale maestà, secondo il vero, è la necessità dell' umana civiltà, che a uno fine è ordinata, cioè a vita felice; alla quale nullo per sè è sufficiente a venire senza l'aiuto d'alcuno: conciossiacosachè l'uomo. abbisogna di molte cose, alle quali uno solo satisfare non può. E però dice il Filosofo che l'uomo naturalmente è compagnevole animale: e siccome un uomo, a sua sufficienza, richiede compagnia domestica di famiglia; così una casa, a sua sufficienza, richiede una vicinanza; altrimenti molti difetti sosterrebbe, che sarebbono impedimento di felicità. E perocchè una vicinanza sè non può in tutto satisfare, conviene a satisfacimento di quella essere la città. Ancora la città richiede alle sue arti e alla sua difensione avere vicenda e fratellanza con le

circonvicine cittadi; e però fu fatto il regno. Onde, conciossiacosachè l' animo umano in terminata possessione di terra non si quieti, ma sempre desideri terra acquistare, siccome per esperienza vedemo, discordie e guerre conviene surgere tra regno e regno; le quali sono tribolazioni delle cittadi e, per le cittadi, delle vicinanze e, per le vicinanze, delle case e, per le case, dell'uomo; e così s' impedisce la felicità. Il perchè, a queste guerre e le loro cagioni tòrre via, conviene di necessità tutta la terra, e quanto all' umana generazione a possedere è dato, essere monarchía, cioè uno solo principato ed uno principe avere; il quale, tutto possedendo e più desiderare non possendo, li re tenga contenti nelli termini delli regni, sì che pace intra loro sia, nella quale si posino le cittadi, e in questa posa le vicinanze s' amino, in questo amore le case prendano ogni loro bisogno; il quale preso, l'uomo viva felicemente, ch'è quello per che l'uomo è nato. » Questo monarca, la cui necessità, largamente dimostrata nella Monarchia, qui brevemente si tocca come in compendio, doveva esser fornito di tre supreme cose, di potestà o virtù, di sapienza e di amore: di potestà, perchè quanto il giusto è più potente, tanto la giustiziu nella operazione sua è più ampia, cosicchè la giustizia sia potentissima nel mondo quando ella è in un soggetto volentissimo e potentissimo; di sapienza, cioè di verità filosofica, perchè a colui, che

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