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E quale è quei che disvuol ciò che volle, 37
E per nuovi pensier cangia proposta,
Si che dal cominciar tutto si tolle;
Tal mi fec'io in quella oscura costa: 40
Per che, pensando, consumai la impresa
Che fu nel cominciar cotanto tosta.
'Se io ho ben la tua parola intesa, ' 43
Rispuose del magnanimo quell'ombra,
L'anima tua è da viltate offesa,
La qual molte fiate l'uomo ingombra 46
Sì che d'onrata impresa lo rivolve.
Come falso veder bestia, quand' ombra.
Da questa tema a ciò che tu ti solve, 49
Dirotti perch'io venni, e quel che in-

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Nella diserta piaggia è impedito Si nel cammin, che volto è per paura E temo che non sia già sì smarrito, Ch'io mi sia tardi al soccorso levata, Per quel ch'io ho di lui nel cielo udito. Or muovi, e con la tua parola ornata, 67 E con ciò c' ha mestieri al suo campare, L' aiuta sì, ch'io ne sia consolata. Io son Beatrice che ti faccio andare: 70 Vegno del loco ove tornar disìo: Amor mi mosse che mi fa parlare. Quando sarò dinanzi al Signor mio, Di te mi loderò sovente a lui. Tacette allora, e poi comincia' io: - O donna di virtù, sola cui per L'umana spezie eccede ogni contento Da quel ciel che ha minor li cerchi sui; Tanto m' aggrada il tuo comandamento, 79 Che l'ubbidir, se già fosse, m'è tardi; Più non t'è uopo aprirmi il tuo talento. Ma dimmi la cagion che non ti guardi 82 Dello scender quaggiuso in questo cen[tro, Dall'ampio loco, ove tornar tu ardi. Da che tu vuoi saper cotanto adden[tro, 85 Dirotti brevemente, mi rispuose, -Perch'io non temo di venir qua entro.

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Di questo impedimento ov' io ti Sì che duro giudicio lassù fran Questa chiese Lucia in suo dima E disse: Ora ha bisogno il tu Di te, ed io a te lo raccomand Lucia, nimica di ciascun crudele Si mosse, e venne al loco dov' Che mi sedea con l'antica Rac Disse : - Beatrice, loda di Dio v Chè non soccorri quei che t'am Ch'uscio per te della volgare Non odi tu la pieta del suo pian

Non vedi tu la morte che il co Su la fiumana ove il mar non ha v Al mondo non fúr mai persone r

A far lor pro nè a fuggir lor Com'io dopo cotai parole fatte Venni quaggiù del mio beato sca Fidandomi nel tuo parlare one Ch' onora te e quei che udito l'h Poscia che m'ebbe ragionato que Gli occhi lucenti lagrimando v Perchè mi fece del venir più p E venni a te così com'ella volse

Dinanzi a quella fiera ti levai, Che del bel monte il corto andar Dunque che è? Perchè, perchè rist Perchè tanta viltà nel core alle Perchè ardire e franchezza non Poscia che tai tre donne benedet Curan di te nella corte del ciel E il mio parlar tanto ben t' impro Quali i fioretti dal notturno gelo Chinati e chiusi, poi che il sol

Si drizzan tutti aperti in loro Tal mi fec'io di mia virtude sta

E tanto buono ardire al cor mi Ch'io cominciai come persona O pietosa colei che mi soccorse, E te cortese ch' ubbidisti tosto Alle vere parole che ti porse! Tu m'hai con desiderio il cor disp Sì al venir con le parole tue, Ch'io son tornato nel primo pr

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Ed io: Maestro,

A lor, che lamen Rispuose: Dice Questi non hanno E la lor cieca vi Che invidiosi so Fama di loro il mo Misericordia eg Non ragioniam

Ed io, che riguard
Che girando co

Che d'ogni posa

E dietro le venia

Di gente, ch'i'

Che morte tant

Poscia ch'io v'eb

Degli angeli che non furon ribelli,
Nè fur fedeli a Dio, ma per sè fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli, 40
Nè lo profondo inferno li riceve,

Chè alone clovia i roi avrebben d'elli

Vidi e conobbi

Che fece per v
Incontanente int
Che quest'era
A Dio spiacen
Questi sciaurati,
Erano ignudi
Da mosconi e
Elle rigavan lor
Che, mischiat
Da fastidiosi
E poi che a rig
Vidi gente all
Per ch'io diss

Ch'io sappia qu
Le fa di trap
Com'io discer
Ed egli a me:
Quando noi

Su la trista
Allor con gli o
Temendo no
Infino al fiu
Ed ecco verso
Un vecchio
Gridando :
Non isperate

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I' vegno per Nelle tenebr E tu che se' c Partiti da c Ma poi ch'

Disse: Per :

Verrai a pia

Più live l

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Ma quell'anime, ch'eran lasse e nude, 100 Cangiar colore e dibattero i denti, Ratto che inteser le parole crude. Bestemmiavano Iddio e' lor parenti, 103 L'umana spezie, il luogo, il tempo e il [seme

Di lor semenza e di lor nascimenti. Poi si ritrasser tutte quante insieme, 106 Forte piangendo, alla riva malvagia, Che attende ciascun uom che Dio non

[teme. Caron dimonio, con occhi di bragia 109 Loro accennando, tutte le raccoglie; Batte col remo qualunque s'adagia. Come d'autunno si levan le foglie 112 L'una appresso dell' altra, infin che il

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CANTO IV.

Ruppemi l'alto sonno nella testa Un grave trono, sì ch'io mi risc Come persona che per forza è d E l'occhio riposato intorno mossi, Dritto levato, e fiso riguardai

Per conoscer lo loco dov'io foss: Vero è che in su la proda mi trov Della valle d'abisso dolorosa Che trono accoglie d'infiniti gua Oscura, profond'era e nebulosa

Tanto, che, per ficcar lo viso al Io non vi discernea alcuna cosa 'Or discendiam quaggiù nel cieco [d

Cominciò il poeta tutto smorto:

Io sarò primo, e tu sarai secon Ed io che del color mi fui accorte Dissi: Come verrò, se tu pave Che suoli al mio dubbiar esser con Ed egli a me: L'angoscia delle g Che son quaggiù, nel viso mi di Quella pietà, che tu per tema se Andiam, chè la via lunga ne sospign

Così si mise, e così mi fe' entra Nel primo cerchio che l'abisso c Quivi, secondo che per ascoltare,

Non avea pianto ma' che di sosp Che l'aura eterna facevan trema Ciò avvenia di duol sanza martiri Ch'avean le turbe ch'eran molte e

D' infanti e di femmine e di vir Lo buon maestro a me: 'Tu non dima Che spiriti son questi che tu ve Or vo' che sappi, innanzi che più Ch'ei non peccaro; e s'elli hanno

Non basta, perchè non ebber bat Ch'è porta della fede che tu cre E se furon dinanzi al cristianesmo Non adorar debitamente a Dio: E di questi cotai son io medesm Per tai difetti, e non per altro rio Semo perduti, e sol di tanto offe Che sanza spene vivemo in disic Gran duol mi prese al cor, quando

[te

Però che genti di molto valore Conobbi che in quel limbo eran se 'Dimmi, maestro mio, dimmi, signo Comincia' io per voler esser certDi quella fede che vince ogni er

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Di quel signor dell'altissimo canto, Che sopra gli altri com'aquila vola. Da ch'ebber ragionato insieme alquanto 97 Volsersi a me con salutevol cenno; E'l mio maestro sorrise di tanto·

E più d'onore ancor Ch'esser mi fecer Si ch' io fui sesto Così n'andammo in Parlando cose ch Si com'era il par Venimmo al piè d' Sette volte cerch Difeso intorno da Questo passammo

Per sette porte Giugnemmo in p Genti v'eran con

Di grande autor Parlavan rado, Traemmoci così d In luogo aperto Sì che veder si Colà diritto, sopr Mi fur mostrat Che del veder Io vidi Elettra c Tra' quai cono Cesare armato Vidi Cammilla e Dall'altra part Che con Lavi Vidi quel Bruto Lucrezia, Giu E solo in part Poi che innalzai Vidi il Maest Seder tra filo Tutti lo miran,

Quivi vid' io S Che innanzi Democrito che Diogenes, A Empedocles, E vidi il buon Diascoride d Tullio e Lin Euclide geome

Ippocrate, 4
Averrois, ch

Io non posso

Però che sì Che molte v La sesta com

Per altra v
Fuor della

E vengo in p

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ssai mi fenno, 100 la loro schiera, - cotanto senno. alla lumera, 103 tacere è bello, colà dov'era. mobile castello 106 d'alte mura, bel fiumicello. e terra dura; 109 i con questi savi; di fresca verdura. i tardi e gravi, 112 ne' lor sembianti: voci soavi.

an de' canti,

minoso ed alto,

ean tutti quanti.

verde smalto,

spiriti magni,

113

113

me stesso n'esalto. molti compagni, 121 Ettore ed Enea,

gli occhi grifagni. Pantasalea

124

vidi 'l re Latino
ua figlia, sedea.
cacciò Tarquino, 127
Marzia e Corniglia:
li il Saladino.
oco più le ciglia, 130
color che sanno
famiglia.

i onor gli fanno: 133
te e Platone [stanno:
altri più presso gl
ondo a caso pone, 156
gora e Tale,
lito e Zenone;
oglitor del quale, 139
e vidi Orfeo,

142

Seneca morale; Tolommeo, nna e Galieno, gran comento feo. di tutti appieno, 145 accia il lungo tema, I fatto il dir vien meno. a in due si scema: 148 mena il savio duca, 1, nell' aura che trema; ove non è che luca. 151

CANTO V.

Così discesi dal cerchio primaio

Giù nel secondo, che men loco cinghia, E tanto più dolor, che pugne a guaio. Stavvi Minos orribilmente, e ringhia; 4 Esamina le colpe nell'entrata,

Giudica e manda, secondo che avvin

[ghia.

7

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Dico che quando l'anima mal nata
Gli vien dinanzi, tutta si confessa;
E quel conoscitor delle peccata
Vede qual loco d'inferno è da essa:
Cignesi colla coda tante volte,
Quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: 13
Vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
Dicono e odono, e poi son giù volte.
O tu che vieni al doloroso ospizio,' 16
Disse Minos a me, quando mi vide,
Lasciando l'atto di cotanto offizio;
Guarda com'entri, e di cui tu ti fide: 19
Non t'inganni l'ampiezza dell'entrare!'
E il duca mio a lui: Perchè pur gride?
Non impedir lo suo fatale andare:
Vuolsi così colà, dove si puote
Ciò che si vuole, e più non dimandare. '
Ora incomincian le dolenti note

A farmisi sentire; or son venuto
Là dove molto pianto mi percuote.
Io venni in loco d'ogni luce muto,

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Che mugghia come fa mar per tempesta, Se da contrari venti è combattuto. La bufera infernal che mai non resta, 31 Mena gli spirti con la sua rapina; Voltando e percotendo li molesta. Quando giungon davanti alla ruina, 34 Quivi le strida, il compianto, il lamento; Bestemmian quivi la virtù divina. Intesi ch'a così fatto tormento

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Enno dannati i peccator carnali, Che la ragion sommettono al talento. E come gli stornei ne portan l' ali Nel freddo tempo, a schiera larga e piena, Così quel fiato gli spiriti mali: qua, di là, di giù, di su li ména; 43 Nulla speranza li conforta mai, Non che di posa, ma di minor pena. E come i gru van cantando lor lai, Facendo in aere di sè lunga riga; Così vidi venir, traendo guai, Ombre portate dalla detta briga;

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Perch' io dissi: 'Maestro, chi son quelle Genti, che l'aura nera sì gastiga?'

'La prima di color di cui nov Tu vuoi saper,' mi disse queg 'Fu imperadrice di molte fa A vizio di lussuria fu sì rotta, Che libito fe' licito in sua le Per tôrre il biasmo in che era c Ell'è Semiramis, di cui si legg

Che succedette a Nino e fu s Tenne la terra che il Soldan L'altra è colei che s'ancise an E ruppe fede al cener di Sic Poi è Cleopatras lussuriosa. Elena vedi, per cui tanto reo Tempo si volse, e vedi il gran Che con amore al fine comba Vedi Paris, Tristano '; e più c

Ombre mostrommi, e nominom Che amor di nostra vita dipa Poscia ch'io ebbi il mio dottore Nomar le donne antiche e i Pietà mi giunse, e fui quasi Io cominciai: Maestro, volent Parlerei a que' due che insier E paion sì al vento esser leg Ed egli a me: Vedrai quando s Più presso a noi; e tu allor Per quell'amor che i mena, e

Si tosto come il vento a noi li Mossi la voce: O anime affa Venite a noi parlar, s' altri no Quali colombe dal disio chiama Con l'ali alzate e ferme, al d Vegnon per l'aere dal voler Cotali uscir dalla schiera ov'è

A noi venendo per l'aere ma Si forte fu l'affettucso grido. 'O animal grazioso e benigno, Che visitando vai per l'aere Noi che tignemmo il mondo

Se fosse amico il re dell' univer Noi pregheremmo lui della t Poi che hai pietà del nostro mal Di quel che udire e che parlar vi Noi udiremo e parleremo a v Mentre che il vento, come fa Siede la terra, dove nata fui,

Su la marina dove il Po disc Per aver pace co' seguaci sui Amor, che al cor gentil ratto

Prese costui della bella persona Che mi fu tolta; e il modo a

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