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LETTERA X.

AL BIBLIOTECARIO CANONICO GASPARE ROSSI

SUR

UN MANOSCRITTO DI MARIO CUTELLI

A Lei che con tanta diligenza si è dato sin da gran tempo a ri fare la Biblioteca Sicula del Mongitore mi affretto far arrivare una importante notizia bibliografica, riguardante il primo fra tutti i nostri giureconsulti che abbian ragionato secondo i più solidi principii del dritto, il sommo catanese Mario Cutelli morto in Palermo il 18 settembre 1654.

Or Ella sappia che quell'uomo il quale fu famoso tra noi non solo per gl'interessanti affari trattati nella r. corte di Spagna, ma per le sue molte e dotte opere di civile dritto, d'ingegno robusto ed acre di giudizio, che mirò con ardita e sicura mano a scoprire i vizii allora inerenti alla costituzione politica della Sicilia, proponendo le riforme che piu all'uopo giudicava, compose un'opera non annunziata dal Mongitore, e di cui conservasene una copia nella libreria pubblica di questo Comune comprata nel 1782. Essa ha per titolo Vindiciae siculae nobilitatis, è in-8 e contiene 74 pagine, più 7 pagine d'indice: indi in altre 8 pagine si comprende la Descrizione di tutte le nobilissime casate della supernu ed inespugnabile città di Pisa scritta da monsignor Pietro Gambacurta da Venezia. Nella prima pagina di questo manoscritto si legge: Opusculum hoc gravi studio Marii Cutelli jurisperiti elaboratum latet; nam veritas odium parit.

LETTERA XI.

AL SIGNOR ABBATE EMMANUELE TADDEI

INTORNO

ALLE OPERE DEL PROF. FRANCESCO NASCE

MIO CARO SIG. ABATE

Speciale gloria di nostra Italia è stata mai sempre l'aver coltivato con felice successo in ogni tempo le lettere latine; nè altra nazione. a dir vero può vantare in questo ramo scrittori così famosi da far fronte allo stuolo classico degl'italiani latinisti di ogni età. La Sicilia pertanto, Ella ha meco altre volte convenuto, che fra' diversi stati d'Italia ne ha levato particolare rinomanza, e numerosa serie presenta di scrittori valorosi da primeggiare nel novero dei coltivatori più chiari dell'idioma del Lazio. Or sappia che non è spento per certo addi nostri un tale studio in questa terra, chè fervono ancora le latine scuole formate nello scorso secolo dal Murena, e dal Vesco, dal Platania e dal Traverso, e pochi eletti ingegni con somma cura vi attendono. L'epigrafia soprattutto ha occupato i latinanti con miglior successo che non nel secolo trascorso, e le iscrizioni del Grano, e queste del Nasce di cui le trasmetto una copia, di che mi ha Ella fatto ricerca, e talune altre di viventi scrittori sono tali da assicurare perenne fama agli autori, e da accrescere nome alla patria; ad onta di coloro i quali spingendo all'eccesso l'uso della italiana epigrafia, sbandita vorrebbero la divina lingua romana fin da quel posto che solo occupa in questi tempi alle latine lettere non propizii, ed eliminata e distrutta.

Francesco Nasce da Corleone già professore di lettere latine ed italiane in questa regia università di studii, fu uno di quegli eccellenti filologi dell'età nostra, di cui la Sicilia può certamente andar fastosa

MORT ILLARO vol. II.

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negli annali di sua letteratura. Lasciò egli talune latine operette, e fra queste precipuamente non poche iscrizioni, che ben sano consiglio è da stimarsi quello di averle raccolte e pubblicate. Son esse precedute dalla vita dell'Autore scritta in aureo latino dal ch. Benedetto Mondini, dotto personaggio non che versato nello studio delle fisiche scienze, ma nudrito al latte dei classici greci e latini, e del Nascè discepolo carissimo. In essa descrivonsi i periodi della vita del Nascè, e l'influenza si addita ch'egli ebbe nella coltura delle lettere appo noi, e con mano maestra rapidamente si cennano le vicende della let teratura in Sicilia, per istabilire il punto da cui partì il Nascè, fine di poter calcolare il progresso per lui fatto dalle lettere nostre. E di più cose vi si va ragionando, le quali abbenchè dal soggetto lontane, campo apprestarongli ad ingrandire il lavoro che vita eragli piaciuto addimandare. Agio ebbe così di parlare del seicentismo, tardi venuto in Sicilia, e poco tempo duratovi; come del pari di discorrere del romanticismo, genere straniero condotto negli ultimi tempi nella italiana letteratura, per lo quale si è levato dovunque cotanto ru

more.

a

Vengono poi le opere del Nascè, le quali comprendono iscrizioni e versi, e due augurali orazioni. Le iscrizioni proprio formano il mo numento della gloria di lui, e son desse nella maggior parte sì belle, sì latinamente fatte, così zeppe di idee e gravide di pensieri, e più che altro così unte di affetto e di dolcezza riboccanti che riguardarsi possono sicuramente per modello di latina epigrafia.

Io non ignoro che del Nascè si dice, dal nostro amico e mio maestro Domenico Scinà, con ragione e con grazia, che travagliava a musaico, difetto comune della scuola di Murena; ma musaici si danno di molto valore, e di perfezion singolare: e in nulla più è adatto il musaico quanto nelle epigrafi, e nelle epigrafi scritte in linguaggio già morto.

LETTERA XII.

AL SIG. VINCENZO LINARES

PEL

VIAGGETTO NEL VALLE DI TRAPANI

Voglio e debbo darvi ragguaglio del mio viaggetto fatto in questo valle di Trapani ove tuttavia mi rimango, e vi prego farne partecipi gli amici che m'attendono e che desiderano le mie nuove.

Partii come sapete il domani della nostra gita in Bagheria, e arrivai in Alcamo la sera, quando era appena giunto il sole al suo tramonto. Alcamo è una graziosa città, popolosa ed animata, ma sporca al maggior segno. I suoi abitanti in generale son poco industriosi e la più parte delle donne son dappoco. Le principali cose che vi si osservano son queste: la madonna dei miracoli per la quale celebrasi una sontuosa festa. Essa ha una chiesa fabbricata nel 1547 dal cap. Bernardo Vega ivi sepolto, fratello del vicerè Giovanni, ove trovasi alcun che di particolare, cioè la stessa madonna dipinta sopra pietra che si dice lavoro (sebbene rozzissimo) del 1221; il bel quadro del Patania nell'altare maggiore rappresentante s. Sebastiano, s. Rosalia, es. Rocco a piedi della Vergine; e nella sagrestia poi un pezzo di corazza di ferro e l'elmo che diconsi del Vega, e un disegno in grande fatto nel 1597 dal celebre alcamese poeta Bagolino, che esprime il rinvenimento della madonna, già accaduto cinquant'anni prima; in piedi del quale a sinistra di chi guarda evvi il ritratto del Bagolino da lui stesso eseguito, e sotto il quadro questi quattro suoi versi:

Nativum sophis natura hic duxerat antrum

Quod longum densi circumiere rupi

Nunc pro antro rutilans irrumpit in ethera templum
Vepribus an decuit delituisse deam.

Oltre a ciò poi son degne di esser vedute in Alcamo molte belle statue in istucco del rinomato Giacomo Serpotta nelle chiese della Badia nuova e di s. Chiara, varii lavori del Gagini, uno stupendo quadro del Novelli rappresentante il sacrificio della messa. Da Alcamo passai in Trapani, e mi sembrò quella città eccellente, ed ebbi somma pena a non potervi dimorar che due giorni; ne visitai la biblioteca, e vi ammirai delle preziosità che forse non si rinvengono in nessun'altra dell' Isola, e la nascente ma graziosa galleria. Buone trovai le chiese, alcune poi degne di considerazione per le pitture che racchiudono: il teatro! questo forse è una delle poche cose che mancano in Trapani, e a dir vero una città così bella, così culta, cosi ospitale, così fiorente di gioventù è peccato mancar d'un teatro. Avea il nostro architetto Gentile fatto un disegno per questo teatro e v'è an che sgombrato lo spiazzo, ma non è corrispondente il disegno a quanto ne scrisse il sig. Gallo (nell'Effemeridi n. 27 pag. 335) nella biografia del Gentile: io ho voluto osservar tutto minutamente cogli occhi miei e non è in poco che differisce il vero dal supposto. Si dice che nel centro del portico in fondo al vestibolo vi dovea essere un gruppo di tre statue cioè Apollo, Melpomene e Talia, e nulla di tutto ciò, perchè le statue nel disegno son due il diletto e la morale; Melpomene e Talia esser doveano due bassi rilievi sopra le finestre. Di più non si dice, che nella crutera del frontispizio venivan collocate la Musica e la Poesia, che entro il portico era destinato un fascione a basso rilievo esprimente i musici e poeti principali, e quel ch'è più si trascura di ac cennare una cosa importantissima, cioè che ai due lati eranvi due porte per l'uscita dalle logge onde rimaner più commoda l'uscita dalla porta principale per quei del parterre. Oh gran bella cosa è il Lazzaretto! esso già lo saprete è fabbricato nell'isoletta di sant'Antonio. La natura e l'arte pare che abbian fatto a gara per renderlo degno dei pubblici suffragi: desso è vasto ma non è già come dissero al sig. Gallo un immenso fabbricato; è molto avanzato, ma non è già condotto al suo termine. Quanto poi si è asserito, che vien chiuso in prospetto da una retta nel cui centro si apre l'ingresso decorato da colonne doriche, e custodito da ferriata, è tutto una fantasia; perchè non v'è ferriata, non vi son colonne nè doriche, nè joniche, nè corintie; non v'è porta centrale d'ingresso!. il fronte del prospetto contiene la casa del ca.

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