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due conti. Fra li duchi di maggior entrata sono il contestabile, il duca dell'Infantado e il duca di Medina Sidonia, i quali giungono per comune credenza alla somma di ducati cinquanta mila d'entrata per uno; poi il duca d'Alba che n'ha da trenta in quaranta mila; gli altri circa trenta mila, o poco meno. Fra i marchesi li principali sono il marchese di Villiena, e il marchese di .... le entrate dei quali due ascendono alla somma di quaranta mila ducati per uno. Il marchese di Viliena soleva essere molto più ricco; ma perchè favori già la parte della Beltrama', la quale diceva essere figliuola del re Enrico di Castiglia contro la regina donna Elisabetta, sorella del prefato re Enrico, ava della maestà cesarea, gli furono tolte molte cose. Gli altri marchesi hanno meno, sino alla somma di otto ovvero

....."

M'è parso da doversi mettere in nota, anzi che mantenere nel testo, questo che qui si dice della nominata Beltrama; « Avendo qui fatto menzione di questa Beltrama, la quale forse è ignota alle vostre eccellenze, non sarà fuori di proposito, ch' io ne tocchi due parole. Vostra serenità deve sapere, che il re Giovanni di Castiglia lasciò un figliuolo per nome Eurico, il quale successe a lui, e un' altro, il quale dopo alcune contenzioni con il fratello morì, e una figlia, che fu la regina donna Elisabetta. Il re Enrico ebbe per moglie una figlia del re allora di Portogallo, che fu donna di mala fama. Il re era giudicato impotente a generare: tuttavia di questa regina nacque una figlia, donna Giovanna, la quale volendo dopo la morte del padre succedere nel regno, le fu opposto che non era figlia del re Enrico, ma si della regina e d'uno detto Beltramo, il quale da essa era stato fatto duca di Albucherche, padre di questo duca presente, e così s' innalzò la sorella del re don Enrico defunto, donna Elisabetta, la quale si accostò a Ferdinando figliuolo del re d'Aragona, e tolselo per marito. Donna Giovanna si accostò al re di Portogallo ; e così diviso il regno, parte favoriva a donna Elisabetta, parte a donna Giovanna. Finalmente fatto esercito dall'una e dall'altra parte, vennero alle mani; i Portoghesi furono rotti, e così Castiglia restò della regina douna Elisabetta, la quale si obbligò dare per li alimenti a donna Giovanna da circa venti in ventidue mila ducați all'anno, e fu fatta la pace fra loro. Or questa donna Giovanna in Castiglia è chiamata la Beltrama; vive crò ora in Portogallo santissimamente, e con ottima fama. »

mero,

sette mila ducati. Li conti, come abbiamo detto, sono quarantadue, de' quali il principale è il conte di Benavente. Costui ha d'entrata da cinque mila ducati; li altri hanno molto manco, sino a otto, e sette mila ducati. Oltre questi son vi gli adelantadi ', dieci di nusonvi li quali hanno nelle provincie, dove sono capi, alcune preminenze, ma non giungono a gran somma, tranne lo adelantado di Granata, il quale ha da venti mila ducati d'entrata. In totale l'entrata di tutti questi signori di Castiglia ascende alla somma di un milione, e cento mila ducati. Costoro hanno giurisdizione ampla nelli loro stati; uiente di meno le appellazioni delle loro sentenze si devolvono alle cancellerie regie, se non sono lontani più di cinque leghe dal loco ove fanno residenza le cancellerie, ovvero la corte regia. Li servizi eziandio che paga il regno al re, come di sotto diremo, sono ripartiti secondo la porzione loro, e delli sudditi, e vassalli di questi particolari signori. Sono altresi obbligati ogni volta, che si fa guerra per interesse della corona di Castiglia, mandar una certa quantità di gente, secondo come il re fa la distribuzione. Sono eziandio obbligati d'andare in persona ogni fiata, che il re va in persona in campo. Gran parte delli castelli minori di Castiglia è sotto la giurisdizione di questi signori privati; le terre principali sono del re, e sono in numero molte, ma diciotto sono le principali, le quali sono capo ciascheduna d'esse d' una certa parte di Castiglia, come di sotto si dirà, dove parleremo del modo di convocar le corti del regno. Io ne ho veduto poche di queste diciotto, cioè Burgos, Vagliadolid, Ma

Vedi Vol. 1. pag. 23, not. 2.

drid, Guadalajar, e Toledo. Burgos è capo di Castiglia la Vecchia, come della Nuova è Toledo, le quali due contrastano insieme di preminenza. Burgos è città non molto grande, posta in una costa di monte, molto frigida e ventosa, abitata da mercadanti, li quali hanno grandi commercj in Francia e in Fiandra: Toledo è molto maggiore, popolatissima, posta su un sasso, e circondata da tre parti dal fiume Tago.

Il territorio universalmente della Spagna, eccelto l'Andalusia, la quale ha fama d'essere fertile, è molto arido, ed ha poca gente, avendo rispetto alla grandezza del paese. Il governo di Castiglia, oltre che in ciascheduna città sono li correggitori, ovvero mandati dal re, ovvero eletti da esse città, secondo li privilegj che hanno, e oltre i adelantadi e vice-rè delle provincie, sono due caucellerie principali; una d'esse fa residenza in Vagliadolid, e a lei riferisce tutta la Castiglia Vecchia; l'altra fa residenza in Granata, e a questa ha relazione tutta la Castiglia Nuova, eccetto però la città di Siviglia, la quale ha una giustizia da per sè. In Gallizia eziandio c'è un' altra cancelleria posta per comodità di quelli sudditi, acciò non siano costretti venire così da lontano alla espedizione delle loro liti. Queste cancellerie in Francia si chiameriano parlamenti, ed a Milano senati. Delle sentenze di tutti i giudici minori si può appellare a queste cancellerie, purchè le cause eccedano la somma di ducati sedici, e quando s'è avuto due sentenze conformi in queste cancellerie non c'è più appellazione, se non al consiglio generale del regno; ma bisogna, che colui, il quale appella depositi ducati millecinquecento, li quali, perdendo la lite, perde eziandio. Presidente di ciasche

duna cancelleria è un vescovo, perchè i prelati in Ispagna molto s'impacciano nel governo della giustizia e cose del regno.

Oltre queste cancellerie, sono nel regno di Castiglia ordinariamente cinque consigli; uno generale di giustizia ed altre provvidenze del regno, il secondo della guerra, il terzo delle Indie, il quarto dell'inquisizione, il quinto di stato: ma di quest'ultimo ci riserveremo a parlarne di sotto, dove diremo degl' istrumenti, cioè delli consiglieri, per li quali la cesarea maestà governa li suoi regni.

Il consiglio di giustizia è quello, al quale ho detto potersi appellare dalle sentenze conformi delle cancellerie, depositati ducati millecinquecento. Presidente di questo consiglio è l'arcivescovo di S. Giacomo, uomo, quel d'ora, di buona vita e buona fama. Il secondo consiglio, quello della guerra, è di cinque ovvero sei persone; cioè il commendator maggiore di S. Giacomo, ch'è il principale, Don Diego Vitado, Don Ugo di Moncada, il signor Cesare Fieramosca napolitano, vice gerente del vicerè di Napoli nell'officio di cavallerizzo maggiore; il maggiordomo maggiore ancora lui interviene in questo consiglio, ed insieme hanno cura di provedere, e procurare tutte le cose necessarie alla guerra.

Del consiglio dell' Indie presidente è il vescovo d'Ossuna, confessore di Cesare, frate di San Domenico, il qual era generale di quell' ordine. Fu da Cesare eletto a quell' episcopato, e suo confessore, poi fu fatto presidente di questo consiglio. È uomo di buon ingegno; aveva fama di buono religioso, niente di meno dopo avute queste dignità ha mostrato d'esser molto ambizioso, ed avere l'animo assai inquieto, talmente

che appresso tutti ha perso molto del suo credito, e appresso la maestà cesarea, per quel che intendo, non ha guadagnato nulla.

Il quarto consiglio è della inquisizione contro la pravità cretica. Presidente di questo consiglio è l'arcivescovo di Siviglia, uomo di gran sangue, di casa di Manrico, e di buona fama, e buona mente. Questo consiglio è di tanta autorità e tanta venerazione, che tutti tremano di lui. Nel suo procedere, procede con maggior severità, e più terrore di quello, che in questa eccellentissima repubblica soleva essere il consiglio dei Dieci. A me pare che eserciti una vera tirannide contro quei poveri cristiani novelli' delli quali hanno fatto tanto strazio, che più dire non si potria.

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Oltre questi consigli, sempre seguitano la corte regia tre deputati a vedere le petizioni, le quali si danno al re; sono costoro il dottor Caravagial, Don Giovan di Padilla, ora commendator maggiore di Calatrava, e il segretario Covos.

Ha eziandio il re li suoi tesorieri, ed aveva instituito un consiglio sopra li denari, che ora non esiste più.

Ne resta di narrare del modo di convocare le corti, quando la cesarea maestà ricerca servizj dal regno. Tutta la Castiglia, computando eziandio li vassalli delli signori particolari nominati di sopra, ha relazione a diciotto cittadi; e però quando il re vuole chiamar le corti del regno, si scrive a queste diciotto cittadi, ciascheduna delle quali elegge due procuratori, e li manda alla corte con ampla autorità di poter promettere e concludere il

■ Giudico che voglia dire dei protestanti.

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