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per assettare le cose sue con il pontefice. A Lione però non si credeva dovesse impetrare salvacondotto. Poi fra li monti in Savoja, a San Giovanni di Moriana, ritrovammo il prefato duca di Ferrara, il quale per più d'un miglio e mezzo ne venne incontro fuori della terra, e con noi usò umanissimo ufficio. Si ragionò di questi moti degl' Ispani, e della lega d'Italia ; ma il ritrovammo tanto riservato, quanto si può desiderare in un prudentissimo signore.

Continuando il nostro viaggio, giunti a Torino, visitammo la duchessa di Savoja, sorella seconda del re di Portogallo, e il signor di Ginevra, fratello del duca. La persona del duca intendem mo essere in Ginevra, e lì aspettammo d'aver un salvacondotto dal marchese di Pescara, per passare sicuri, il quale il mandò cortesemente, e in compagnia del gentiluomo che lo portò venimmo a Milano; ma prima capitammo a Casal di Monferrato, dove da quella signora marchesana fummo benissimo accolti. Visitammo sua signoria dopo cena: la trovammo in una camera in castello coperta di negro per ragione della sua vedovanza. Li era eziandio suo figliuolo, giovanetto di undici anni, due sue figlie, una delle quali è promessa al marchese di Mantova, e un fratello di suo marito. È donna giovane ancora, bella, prudente e molto amata dalli suoi.

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Partiti di là, giungemmo finalmente a Milano, dove ritrovammo il magnifico messer Marco Antonio Venier, oratore di vostra celsitudine appresso quel duca, molto travagliato per questi tumulti che occorrono. Li dimorammo un giorno per visitare il marchese di Pescara: visitammo sua signoria, la quale trovammo molto afflitta da una mala, anzi pessima dispo

sizione, dalla quale penso non sia per liberarsi. Lo ringraziammo della patente fattane, e del gentiluomo mandatone per sicurtà nostra. Furono poi usate molte parole generali, hinc et inde. Ne disse sua signoria di avere da conferire molte cose con noi, ma non potere per allora, perocchè era indisposto, e si riservò ad essere col magnifico orator Venier, e così prendemmo licenza da lui. In Milano femmo un altro ufficio, non ci parendo al proposito d'andare in castello a visitare l'eccellenza del signor duca, con monsignor Tommaso stato lungamente oratore del prefato signor duca alla corte cesarea, ed assai familiare mio, e intrinsichissimo del duca. Con lui dunque ci ritrovammo, e prima il pregammo che facesse le nostre scuse con la eccellenza del duca se non eramo andati in castello a visitarlo, come era nostro desiderio, perchè temevamo d'accrescere sospetto alli cesarei, e nuocere a sua signoria. Dopo gli dicemmo che confortasse sua eccellenza a stare saldo, e di buon animo, nè perdersi punto, perchè Dio non mancherebbe d'ajutarlo per qualche mezzo buono, nè mai mancheria da vostra serenità di fare ogni ufficio per la conservazione sua e del suo stato. Andò e ritornò dal duca, e per nome suo ci riferì, che sua eccellenza lauda va che non avessimo conferito con lei; poi ringraziava noi molto del buon animo, e buoni ricordi datigli, dicendo che così era per fare, e che pregava vostra celsitudine non l'abbandonasse.

Partiti da Milano, cavalcando con diligenza, siamo pervenuti alli piedi di vostra serenità, alla quale altro non mi resta dire, se non del secretario Trevisa

Mori in fatti in quel medesimo anno.

no, e di me. Di lui io non posso se non grandemente laudarmi, e raccomandarlo all'eccellentissime signorie vostre, perchè è affezionatissimo suo servitore, diligente, prudente, ed a me è stato ossequentissimo; non ha schivato nè fatica nè incomodità alcuna per servirle, talmente che a Pamplona prese un' egritudine, della quale poco mancò, che non morisse; però merita la grazia di vostra celsitudine, la quale deve riconoscer tale suo servitore.

Di me non posso dir altro, se non di non avere mancato di buon volere in servire le vostre eccellentissime signorie,e che non ho guardato a fatica oa spesa per onorarla e servirla nelle cose sue; solo la sufficenza è stata poca: pur se qualche frutto s'è avuto di questo mio servire di cinquantasei mesi, la laude si deve dare a Dio, il quale qualche fiata per vili, e bassi istrumenti opera buoni effetti, acciò tutti conoscano l'onore, e la laude essere debita a lui e non ad altri. Dixi.

RELAZIONE

DEL CLARISSIMO

MESSER NICCOLÒ TIEPOLO

RITORNATO AMBASCIATORE

DAL CONVENTO DI NIZZA

DOVE FU FATTA LA TREGUA

FRA

CARLO V. E FRANCESCO I.

CON L'INTERVENTO DI PAPA PAOLO III.

LETTA IN PREGADI IL DÌ 12 GIUCNO 1538.

1 Relations des Ambassadeurs Venitiens sur les affaires de France au XVI siècle, recueillies par M. N. Tommaseo. Paris 1838, Tome 1.

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