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che la statua non appaiono a tutti uguali, ma all'uno più, all' altro meno significano. No: l'opera d'arte è nelle coscienze. Nel quadro, nella statua, nel libro sonvi appena gli elementi, i dati di una impressione che varia secondo le gradazioni qualitative e quantitative delle coscienze. L'uomo più sensitivo, più immaginoso, più colto sentirà e comprenderà meglio di chi lo è meno. Talora persino non è differenza di più o di meno; ma, come ho detto, addirittura di qualità: occorre certo temperamento, certa esperienza, certo carattere contemplativo, certe tendenze speciali per poter riuscire ad esempio un lettore men lontano dal lettore ideale.

Onde la possibilità e talora la necessità d'uno che comunichi altrui le proprie impressioni, servendo da intermediario fra l'opera d'arte e lo spettatore. Dando precisamente ciò che può mancare altrui: e prima di tutto, già s'intende, tutte quelle notizie storico-biografiche, o filologiche occorrenti a ben capire il suo autore, poi il portato d'un lungo speciale pazientissimo studio come sarebbero relazioni e raffronti nuovi; classificasioni, divisioni utili e ogni altra sorta di maneggi e di modificazioni artificiali: ma sopratutto esperienza: cioè riflessioni e dati e fatti psicologici, logici e d'ogni altra natura, tutti destinati a comunicare o a completare l'impressione, a far sentire ciò che prima egli ha ben sentito.

Certo il primo, il più semplice, e forse il più efficace commento estetico è la lettura: la lettura buona, giusta, modulata, colorita; che nel presentare le parole già tra di loro aggruppate e messe in quelle relazioni che conviene, nel sottolineare, per così dire, le frasi salienti, colle pause più o men lunghe, con le infinite gradazioni e modulazioni della voce, del tono, non solo facilita la comprensione materiale del contenuto ed è per cosi dire

il primo commento filologico, ma ancora (come l'interprete musicale) rende il sentimento dell'opera letta e raggiunge spesso d'un tratto e, con poco, quello che gli sforzi del critico più provetto a tavolino non valgono a toccare.

Portentosi sono gli effetti d'una buona lettura: fatta bene apre addirittura nuori orizzonti al pensiero, e l'aver udito leggere non so..... un semplice sonetto da un bravo lettore fa spesso che tornandori colla mente vi scopriamo quello che altrimenti ci sarebbe passato inosservato. Eguale, maggiore è la potenza del bravo attore.

Ma non sempre la lettura basta, nè, se è il primo passo della spiegazione, è giusto e discreto pretendere ne sia l'ultimo.

Ci vuole qualcosa che penetri anche più addentro, nell'opera letta e nell'animo degli ascoltanti. Qualcosa che faciliti vie maggiormente la strada a quella simpatia che è pur necessario si stabilisca fra l'autore letto e il lettore. Qualcosa che prepari quest'ultimo e quello presenti convenientemente. Qualcosa insomma che non può dar la lettura, ma dà la spiegazione.

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La quale ancora vuol essere calda, viva, giusta - come la lettura, ma quel che più importa, completa. Quando l'insegnante ha dichiarato i vocaboli, all'uopo coll' etimologia, quando, se occorré, li ha anche tradotti in un linguaggio più comune e più noto, quando ha citato qualche fatto storico, qualche data, portato qualche paragone, notato qua é là una frase pittorica o scultoria, o una bella figura, non ha fatto niente. Nè valgono le intercalate esclamazioni: « Com'è bello! Vedete finezza d'arte! Oh cuore d'artista! » a comunicare una impressione, se non nei più facili ad essere........ suggestionati. L'opera d'arte non è, non compare ancora: bisogna ricostruirla, farla sorgere dinanzi

allo spirito degli uditori. E in che modo? Compendiando talora, talora amplificando; ora tracciando poche linee generali, ora ricorrendo a parecchi esempi vivi, palpabili, particolari. Ora risvegliando la memoria di esperienze comuni, ora sforzandosi di farne comprendere di quelle rare e fugaci; ora salendo di astrazione in astrazione, ora scendendo dall'astratto al concreto. Talora basta sottolineare una parola, insistere su un verso; talaltra coordinare idee che potrebbero passare inosservate, slegate: richiamar concetti, svilupparne, indovinarne.

Entrando poi con coraggio ed ardimento nell'esame del contenuto. L'opera d'arte non è sola forma: l'opera d'arte agisce ben più ancora colla forza d'un contenuto di cui la forma non è che l'atteggiamento in cui è fermato e presentato al lettore. Ora l'esame del contenuto porta spesso a questioni sostanziali, a discutere cioè la verità, la profondità, la acutezza, la bontà, la moralità ecc. di quanto si legge; cose tutte che hanno molta importanza e che sono in gran parte ragione dell'impressione estetica. Allora il commento estetico assorge a una nuova dignità. Diventa qui giusta conferma, là saria correzione: sempre una specie di rimasticazione della materia, che giova al commentatore e al lettore; una scrittura o un discorso che può avere significato e valore per sè. Gli scritti del De-Sanctis su Francesca, su Farinata, su Ugolino sono lavori artistici essi stessi; nè questo è il solo caso in cui una produzione letteraria esistente è pretesto all' esistenza di nuova produzione. Lo spirito moderno critico ed analizzatore volentieri s'appiglia a questo genere di letteratura, che può dar buoni frutti. Col pretesto d'un romanzo si possono toccare le più gravi questioni di morale, di politica, di sociologia. E certi pensieri di quest'indole non trovan verso di venir fuori per altra via.

Tale è l'ufficio del commentatore estetico: e tale il cammino che quando cominciai a scarabocchiare queste pagine mi immaginaro di tenere; se non l'ho tenuto, è certo che non l'ho fatto apposta.

CAMILLO TRIVERO.

Salò, 21 marzo 1892.

AGGIUNTA

Mi piace qui di riportare alcune pagine del De-Sanctis (Saggi critici - saggio sul Lamartine come critico, pag. 355 e segg.) le quali definiscono benissimo ciò che dovrebbe fare una critica estetica e insieme della possibilità e dei vantaggi d'una tal critica discorrono splendidamente.

Quando il poeta compone ha innanzi un fantasma che lo tira fuori dal suo stato ordinario e prosaico, gli agita la fantasia, gli scalda il cuore. Non crediate però ch'egli gitti sulla carta tutta intera la sua visione e tutte le sue impressioni. La sua penna riposa, ma non il suo cervello; rimane agitato, pensoso, la poesia si continua nella sua testa dove fluttuano molte altre immagini, parte proprie di essa visione, parte estranee e affatto personali.

Come faccia l'autore ad asserire questo, in virtù di qual Teorema, non bisogna certo chiederlo a certi critici d'oggi giorno, che sforzandosi d'essere positivi all' eccesso, non fanno che privarsi dei mezzi di scoprire in un lavoro d'arte quanto coi soli mezzi positivi è appunto impossibile cogliere, vale a dire il sentimento; che pure mi pare di qualche importanza nell'arte.

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