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era pieno di tradimenti (1). Carlo VIII passò i confini, le terre gli aprivano le porte come s' appresentava; solo Monte S. Giovanni fu difeso fortemente da Alfonso Davalos, che respinse tre assalti dei nemici, ma infine dovette cedere al numero. I francesi occuparono quel castello il dì 14 febbraio e per vendetta fecero crudeltà orrende. Quel giorno stesso il re fu consigliato d'abbandonare S. Germano e muovere alla volta di Capua. Così fece; la sera posò al castello di Mignano, il giorno appresso pose il campo a Teano. In quelle distrette i guerrieri di casa Fieramosca ebbero anche occasione di dare prove della loro fedeltà cavalleresca, perchè erano nell'esercito Ettore assai giovane ancora, già capitano dei balestrieri, ed il padre (2).

Quando Ferrante II andò a porre il campo a Teano, lasciò Rinaldo Fieramosca ed alquanti cavalleggieri a guardare il castello e la difficile valle di Mignano tra perchè, questi era uomo sperimentato per fede e valore, e perchè era signore di quella terra. Or mentre i nemici, resi audaci dalla facile conquista, avanzavano, Rinaldo venne a sapere, che nel campo del re v'era un pericolo maggiore di quello che i nemici stessi presentavano: tra le bande aragonesi s' era fatta la congiura di dar vivo ai francesi il giovane Ferrante e finire la guerra. Il fedele cavaliere, senza indugio, salito a cavallo, di notte, corse al re, lo av

(1) G. PASSARO afferma che in quel campo erano 200 squadre d' uomini d'arme, 4000 cavalleggieri, 10000 fanti gente buona e bella, in uno 90000 uomini comandati dal conte di Pitigliano. V'erano pure Virginio, Orsini e Jacopo Triulzio...» p. 65. V. NOT. GIACOмо p. 185. Pare troppa gente.

(2) G. PASSARO, p. 65. Ettore capitano dei balestrieri è nominato nella Cedola del 1495.

visò del pericolo, e lo consigliò a levare il campo da Teano, ed a ridursi in Capua. (1).

Ma tutto fu vano. Le genti d'arme si sbandarono, Capua apri le porte a Carlo, e Ferrante disperando del regno e dolente, che dovesse perderlo senza rompere una lancia, con le sue galere si ricoverò in Ischia. I francesi celebrarono la facile conquista con torneamenti e feste; e insuperbiti per tanta buona fortuna senza rispetto di parti e di grado con le insolenze loro oppressero gl' italiani.

Non trovo in nessuna cronaca, in nessun documento quello che fecero i cavalieri di casa Fieramosca durante la breve signoria di Carlo; certa cosa è che ebbero gran parte alla guerra di riscossa della fazione aragonese, dopo che Carlo VIII si partì da Napoli. Ferrante II, soccorso da Ferdinando il cattolico, che aveva mandato in Italia Gonsalvo di Cordova con 5000 fanti e 600 cavalli, cominciò a rioccupare le terre perdute; il dì 7 luglio 1495 si presentò con le sue galere a Napoli, ed il popolo sollevato ed armato contro i francesi da Giancarlo Tramontano (2) gli uscì incontro gridando: ferro, ferro! e combattendo per lui rese facile la conquista della città e della castella (3).

(1) Nella Cedola n.o 152 a fol. 13 leggesi : « A XV de febraro in Capua (1495) a Lo S. Rinaldo ferramosca. Cinquanta ducati allo quale la M. del S. Re li Comanda donare necti de elagio sonno per lo reparto de quilli Caporali foro pigliati a Migniano quali restaro in dicta terra per guardia de quella per ordine de S. M. »

(2) FARAGLIA Archivio Stor. nap. Anno V fas. I.

(3) Il re domandò al Cariteo, che cosa volesse dire quel grido. Il poeta rispose: ferrum est quod damnat. Così il testo di G. PASSARO; ma accennandosi al verso 112 della satira VI di Giovenale dovrebbe leggersi: ferrum est quod amant. Questo

Rimasero i francesi vinti, non domi, dispersi qua e là perseguitati dagli aragonesi. In una delle fazioni di quella guerra poco mancò, che Rinaldo col suo impeto non fosse cagione della rovina del re. Questi seguiva una forte mano di nemici, i quali movevano per la via di Nola, e con ogni studio evitava una grossa battaglia e frenava l'animo audace dei suoi cavalieri. S'erano un giorno i francesi accampati a Palma e prendevano riposo e ristoro, quand'ecco sovraggiungono a furia Rinaldo e Cervellione con le loro compagnie di cavalleggieri. I francesi, animosi, tolsero le armi, e s' affrontarono coi nemici in una zuffa tumultuosa; ma i cavalleggieri, cessato il primo impeto, mal sostenevano i nemici più numerosi di loro e volte le spalle, fuggendo vennero a dare nelle schiere dei fanti aragonesi, che non eran lontani: questi, presi da repentino sbigottimento, andarono in volta. Il re, Prospero Colonna, gli altri capitani visto il tumulto subitano, corsero a quetarlo; ma tanta trepidazione s'era messa ne' fanti, che non n' udivano le voci, non s'arrestavano nè agli atti, nè alle spade, che furono sguainate contro di loro, volti ad una fuga disperata. A grande fatica fu quetato il tumulto e frenata la fuga. Si racconta, che quel giorno l'esercito del re fu salvo a caso; poichè per la corsa dei cavalli e pel vento, s' era levato un nuvolo di polvere, che tolse ai francesi la veduta del tumulto delle bande aragonesi, e tornarono al campo loro col sospetto d'esser tratti negli agguati, Il re

grido mi pare meglio spiegato dall'epigramma VIII di SANNAZARO lib. II, epigrammaton. ediz. Cominiana) ad Ferrandum regem.

Ex ferro nomen tibi sit licet: aurea condis
Saecula; nam sub Te principe nemo metit.

acremente riprese Rinaldo e Cervellione; e per questo fatto corsero pure voci di perfidie e di tradimenti (1).

I francesi s'erano intanto afforzati in Gaeta, contro la quale città furono volti i pensieri e le armi del re Ferrante. L'assedio fu condotto dallo zio di lui Federigo. Ma il giovane re mori il giorno 7 ottobre 1496, e così in tempi difficilissimi ed in meno di due anni il regno ebbe cinque re: Ferrante I, Alfonso II, Carlo VIII, Ferrante II, e Federigo, che tolse la corona alla morte del nipote. Questi non abbandonò l'assedio di-Gaeta contro la quale si volse con cura maggiore, adoperandovi il fiore delle sue milizie. In queste era Rinaldo Fieramosca (2) e forse Ettore. Molti fatti d'arme resero memorabile questo assedio, specialmente quello del 5 novembre 1496, nel quale il re aragonese, come riferisce Notar Giacomo, occupò il borgo e il monte d' Orlando (3). In uno di essi morì Rinaldo di un colpo d' artiglieria (4).

(1) Giovio Hist. lib. III. NOTAR GIACOMO p. 195.

(2) PASSARO racconta, che Federigo era già all'assedio di Gaeta il 10 Febbraio 1496 (pag. 92); aggiunge che a di 8 settembre il re Ferrante vi mandò il campo (pag. 106); e che il giorno 18 novembre il re Federigo prese Gaeta, pagando duc. 12 mila ai Francesi (pag 111). FUSCOLILLO (pag. 62) afferma Gaeta essere stata presa il giorno 19 novembre. NOT. GIACOMO nota l'accordo per la resa di Gaeta al di 28 novembre, e riferisce, che l'ultimo di questo mese fu fatta in Napoli luminara per festeggiarla (pag. 212).

(3) Pag. 211. Dice il cronista « nge morero Cinco milia francise et pigliaro XX pezzi de arteglaria che haveano facti li bastiune fora la porta de lo burgo et fuggendo li francise se messero dentro la terra li nostri romasero ad alloggiare allo burgo et la domenica che foro li VI comenzaro ad bombardiare le nave de francise cioè una Galeacza et quattro nave etc. (4) Fra i processi dello r. camera della Sommaria, conser

Rinaldo fortissimo in guerra, era stato un signore largo e magnifico anche in pace. Viveva a modo di re, aveva casa ornatissima di tappeti, masserizie, arredi, argento, oro e gioie; aveva falconi e falconieri, mude di cani, cavalli e staffieri, godeva della caccia quando posavano le armi e con gli amici soleva prenderne diletto nel suo bosco di Romagnano. Era in ogni cosa splendidissimo. Una volta tenne una giostra in Capua e menovvi quattro destrieri coi ferri d'argento, otto staffieri con vesti di seta e collane d'oro. Aveva salvato il re dai tradimenti a Teano, mori combattendo per lui a Gaeta. Non a torto i sovrani di casa d'Aragona l'avevano amato e tenuto in grandissimo pregio (1). Quando fu ucciso, Porzia sua figliuola, fanciulla ancora, era nel monastero di S.a Maria di Capua, gli altri figli, tranne forse Alfonso giovinetto,

vati nell'Archivio di Stato di Napoli, ve n'he uno col n.o 278 Vol. 42 (Pandetta antica) riguardante una controversia tra Porzia Fieramosca, e Isabella Castriota, vedova di Guido Fieramosca pel paraggio della stessa Porzia. Nelle prove testimoniali si legge a fol. 20. t. « et dicto Signore Raynaldo disse <<< ipso testimonio (nobile de Cunczio di Capua) che morse in << cayeta de uno tiro de archabusio a tempo che ditta cita se << vedea assediata per lo serenissimo Re Federico. » Pirro de Jannotto riferisce..... « raynaldo morse in la impresa de Cayeta facta per lo serenissimo Re Federico con li francise et questo costa ad ipso testimonio come quello che in detto tempo se trovò in cayeta sopra de assedio et vidde morire dicto signor raynaldo in dicto assedio de artegliaria ». Io mi sono tenuto a ciò che riferisce questo testimonio di veduta. Altri confermano il fatto.

(1) Nello stesso processo Pirro de Jannotto dichiara « et era homo amato et prezato da li ry de casa di aragona » fol. 40. t.°

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