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como era riuscito ad acquistare riputazione e stima universale.

6.

A poco a poco, potè restituire le visite e ricevette nuove manifestazioni di riverenza. Fra gli altri, rivide il cav. Reinhold, Ministro di Olanda in Toscana, che avea conosciuto a Roma.

Alla flussione d'occhi ora gli s'era aggiunta una seconda di gengive, per avere due denti cariati che richiamavaro gli umori. Avea dovuto spasimare quattro giorni e quattro notti. Poi anche quest' incomodo spari. La presa di un gelato era stato la causa immediata dell'acuto dolore, ma la causa prima era la carie (II, 225, 26). Era duopo aspettare che il gonfiore diminuisse, per assoggettarsi all'operazione, di cui preventivamente si spaventava, essendo a quei tempi dolorosissima.

A Firenze, gli uffici postali non istavano aperti se non quattr'ore al giorno; ed Egli, che non poteva uscire di pieno giorno, doveva attendere la visita d'un amico. per impostare una lettera; perchè avea scoperto che i servi dell'albergo si pigliavano i denari e gittavano la corrispondenza non affrancata (II, 223). Avea fatto molte conoscenze; ma di relazioni intime non ne contava che poche, dato il breve tempo da che era giunto; laonde non potea servirsi di questo mezzo che di rado. E, dopo che il Giordani era partito per la sua villeggiatura di Pisa, la cosa gli si facea più difficile; il che gli era di molto impaccio. Però non è a credere che soffrisse d'isolamento, perchè l'amico l'avea raccomandato e affidato ad altri amici suoi, dei quali non mancava mai alcuno ad assisterlo come fratello.

Da un mese, dacchè era arrivato a Firenze, per la debolezza degli occhi, non aveva ancora potuto vedere le tante cose rare e notabili di quella città (II, 224).

Ma che la sua fama crescesse col parlar che di Lui facevano i Letterati, lo dimostrava il fatto che, non

ostante i molti malanni e la grande difficoltà a leggere e scrivere, si sentiva fare di continuo lucrose profferte di pubblicazioni. Il che contribuiva non poco a tenergli sollevato l'animo; di modo che s'andava consolando al pensiero che non sarebbe morto del tutto (II, 219).

Al conforto dei presenti si aggiungeva quello dei lontani e della famiglia. Ma in quelle condizioni di salute, si sentiva stanco della vita, stanco della indifferenza filosofica. Non avea altri disegni, altre speranze che di morte. Sedeva colle braccia in croce, ed un morto avrebbe potuto dire di passare il tempo meglio di Lui (II, 228, 29, 30).

4. Il "Nuovo Ricoglitore,, di Milano, pubblicava la "Traduzione dell' Orazione di Gemisto „ nel suo fascicolo d'agosto; mentre a Firenze usciva alle stampe il volumetto delle "Operette morali. La parola del grande scrittore fu lasciata intatta dalla Censura, specie per l'opera del censore teologo Bini, che si contentò delle Avvertenze, dettate dall'abate Barsi (PIERGILI, Doc., XIV).

La pubblicazione di questo libro fu contemporanea a quella de' Promessi Sposi. E se a questi ultimi il pubblico fece migliore accoglienza, accadde perchè nel libro del Leopardi si discute il problema della vita, senza menomamente accennare alla lontana nè a Dio, nè alla vita futura; mentre quello del Manzoni era la glorificazione della Religione cristiana in un dramma, per porgere un'intuizione dell'avvenire, in cui rassegnazione, energia, confidenza, avrebbero condotto alla libertà. Quindi i Gesuiti confessori lo davano a leggere ai loro penitenti (Lettera di Monaldo a Giacomo, 23 giugno 1828). Ecco spiegata l'istantaneità del buon successo ottenuto dal romanzo manzoniano in tempi, nei quali la pubblicità era lentissima.

Non pertanto la prosa leopardiana vince l'altra.

A parte la sostanza, scrisse il Giordani: "In Leopardi prosatore è tanta l'arte, o piuttosto egli è tanto superiore all'arte, ch'ella niente apparisce e la principale arte di Lui, ossia la forza del suo intelletto, è nella esclusione d'ogni superfluo. È un'altezza d'animo che sdegna di frapporsi tra 'l suo lettore e 'l suo argomento,, (GIORDANI, 235).

A mano a mano che la salute glielo permetteva, Egli riprendeva ad incarnare le sue idee, i suoi progetti, fra i quali c'era la compilazione d'un' Enciclopedia popolare, che sarebbe stata un'opera letta per forza da ogni genere di persone (II, 232).

Malato cosi spesso, costretto a tenersi in riguardo sempre, dovette solo ai Letterati il conforto in mezzo alle sue sofferenze, e fu gran danno che non potesse chiedere distrazione alle glorie dell'Arte paesana. Le quali, dalle porte di bronzo del Ghiberti al Campanile di Giotto; dalla chiesa di Arnolfo alla Cupola del Brunelleschi; da santa Croce ai superbi palazzi, alle fontane monumentali, alle logge, ai chiostri, offrono allo spirito infinita materia di diletto. Laonde è facile supporre ed è logico ritenere per certo che là, dove ogni pietra parla di grandi avvenimenti, ogni via porta un nome immortale, quell'anima tanto superiore avrebbe tratto ispirazioni a nuovi nobilissimi canti. Forse vi contribui anche la poca famigliarità sua colla Storia del medio evo; seppure la parte di questa sua corrispondenza non andò smarrita, o fu lasciata fra i manoscritti Ranierani.

CAPITOLO XIV.

Passa l'inverno a Pisa

SOMMARIO: 1. Condizioni di sua salute. 2. Va a Pisa, dove

migliora. 3. L'inverno 1827-28.

5. Torna a Firenze.

mania.

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4. Risorge e canta. —

6. Non accetta una cattedra in Ger

7. Desidera Pisa, ma è costretto tornare a Re

canati.

1.

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Quell'anno, per disgrazia, verso la fine di agosto, la temperatura d'improvviso s'abbassò, e questo sbalzo fu per Lui veramente funesto. Gli occhi peggiorarono e l'infermo tornò ad invocare riposo nell'eternità.

Segui un settembre di temperatura più regolare, ed Egli non ne ebbe giovamento. Non poteva applicarsi affatto, e scriveva: "La mia debolezza d'occhi è la più grave e ostinata ch'io abbia sofferto da otto anni in qua, (II, 234).

Interrogato sul romanzo de' Promessi Sposi, rispose, non averne potuto sentir leggere che qualche pagina; le persone di gusto lo trovavano molto inferiore alla aspettazione; dagli altri era generalmente lodato (II, 231).

Il Manzoni stesso giunse a Firenze, e pel Nostro fu una grata conoscenza di più. Lo trovò uomo pieno

di amabilità e degno della sua fama (II, 235). E chi sa quali insegnamenti potevano scaturire dalle conversazioni di questi due Sommi, profondamente onesti com'erano nelle loro opposte convinzioni!

E qui è il caso di mettere in rilievo il solito carattere, anzi il più spiccato, che assorbiva tutti gli altri, della contessa Adelaide. Avendo per tant'anni amministrato il patrimonio di famiglia, seguitò ella sempre a curarsi solo di ciò che si riferiva a denaro. Per lei il matrimonio era un affare, un contratto, non altro. Quindi, come avea consigliato il marito a fare pratiche, per combinare, per mezzo di Giacomo a Roma, il matrimonio di Paolina col cav. Marini, Direttore del Catasto; cosi, dopo aver tentato lo stesso per Carlo a Bologna, seguitava ora a Firenze, a ricercar per lui, con premura, una sposa con dote.

Appena il figlio giunse là, la sorella gli scrisse: "Mamma si raccomanda a te, affinchè trovi qualche bella e ricca ragazza per Carlo,, (Lettera di Paolina, 27 giugno 1827). Poi, il 24 settembre, aggiungeva: “Mamma vuole che vi ricordi e vi preghi di fare qualche cosa, potendo a quest'oggetto; e io vedo che di ventimila scudi si contenterebbero.

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Questa donna fu sempre la stessa; nè per cambiare di circostanze, nè per succedersi di anni, smise mai l'amore all'interesse. Quando poi giunse qualche volta a dover trattare un matrimonio pei figli, rimandando sempre le cose all'infinito, non concluse mai nulla. Il vero si è, che avrebbe dato volentieri la mano di sua figlia ad un ricco, purche ella non si fosse dovuta espropriare di un centesimo. Onde avvenne che Paolina passò i suoi anni (1800-1869) sconfortata e nubile; e se Carlo volle ammogliarsi, dovette fare un atto di violenza contro la volontà della madre e sposò una cugina.

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