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prima del 28 maggio era ritornato, non potendo proseguire per la Germania! Il vero è questo. Come abbiam visto dalla Senile, I, 3, il P. era andato a Padova l'11 maggio, disposto a partir súbito per la Germania, ma trovate chiuse le strade non solo all'andata, ma anche al ritorno, dovette riparare nel Veneto. Per andare in Germania non gli venne in testa di ritornar da Padova a Milano! Nella XXIII, 14, infatti, scrivendo a Giovanni vescovo d' Olmutz dice: « Sappi che da Milano, non per andare a Venezia, ma per venire a Cesare ed a te io mi partii. Ma la fortuna rese il viaggio impossibile: anzi non solo il viaggio, ma il ritorno eziandio... ». Quindi, fatta di necessità virtú, riparò a Venezia. Cosí, dunque, da Padova, mosso per la Germania, trovando impedita l'andata ed anche il ritorno, riparò a Venezia. Ma quando? l'8 giugno, quando scriverebbe da Venezia la Sen. I, 3? Ma il 28 maggio, abbiamo una lettera al Boccaccio da Padova (Senili, I, 5), nella quale si parla appunto del viaggio mancato per gl'impedimenti di guerra, ond'egli, il P., ne ha smessa l'idea; sicché sembrerebbe che la prima volta, che andasse a Venezia, non fosse proprio l'8 giugno. Ma l'errore sta qui, che la Sen., I, 3 non deve ritenersi scritta da Venezia, come vuole il Fracassetti, bensi da Padova; perché sicuramente da Padova è datata la Fam. XXIII, 18, che reca la stessa data, 8 giugno ! Inoltre, sappiamo che il 22 giugno era ancóra a

del P.: ma quale ? L'errore dovrebbe essere almeno di più di un mese, e cosí al posto di maias dovremmo leggere Julii, Augusti, ecc. per trovarci a giugno, luglio, ecc. del 1362. Ma è possibile questo errore cosí madornale ? Facile scriver novembris per decembris, se questo non è errore di trascrizione; ma scriver maias per julii o augusti, mi sembra troppo! L'unica svista che può ammettersi è questa che il P. scrivendo il 21 maggio, dovendo cioè datar la lettera XII, Kal. junii, per la fretta (il ms. borgiano infatti aggiunge dopo la data un propere) scrivesse lo stesso mese in cui si trovava, senz' accorgersi che trasportava la data di un mese addietro. Se questo fosse vero, ne deriverebbe che il P. ai 21 maggio del 1362 si trovava a Venezia: né questo è impossibile! Seguire il P. a questo punto con la scorta del Fr. non si può, giacché il benemerito petrarchista qui si confonde maledettamente ed imbroglia la matassa (cfr. Fam., trad. it., XXIII, 13, 14; Sen. I, 3, 5; note), perché fa che il P., giunto a Padova l'I maggio, ritornasse a Milano per andare in Germania ; e mentre lo fa a Padova l'8 giugno, pensando a intraprendere il viaggio di Germania, lo stesso giorno lo fa a Venezia di ritorno, e avverte che

1 Un simile errore si ammette qui nella 2a lett. inedita del P.; ma vedremo che neppur esso può sussistere.

prima del 28 maggio era ritornato, non potendo proseguire per la Germania! Il vero è questo. Come abbiam visto dalla Senile, I, 3, il P. era andato a Padova l'11 maggio, disposto a partir súbito per la Germania, ma trovate chiuse le strade non solo all' andata, ma anche al ritorno, dovette riparare nel Veneto. Per andare in Germania non gli venne in testa di ritornar da Padova a Milano ! Nella XXIII, 14, infatti, scrivendo a Giovanni vescovo d' Olmutz dice: «< Sappi che da Milano, non per andare a Venezia, ma per venire a Cesare ed a te io mi partii. Ma la fortuna rese il viaggio impossibile: anzi non solo il viaggio, ma il ritorno eziandio... ». Quindi, fatta di necessità virtú, riparò a Venezia. Cosí, dunque, da Padova, mosso per la Germania, trovando impedita l'andata ed anche il ritorno, riparò a Venezia. Ma quando? l'8 giugno, quando scriverebbe da Venezia la Sen. I, 3? Ma il 28 maggio, abbiamo una lettera al Boccaccio da Padova (Senili, I, 5), nella quale si parla appunto del viaggio mancato per gl'impedimenti di guerra, ond'egli, il P., ne ha smessa l'idea; sicché sembrerebbe che la prima volta, che andasse a Venezia, non fosse proprio l'8 giugno. Ma l'errore sta qui, che la Sen., I, 3 non deve ritenersi scritta da Venezia, come vuole il Fracassetti, bensi da Padova; perché sicuramente da Padova è datata la Fam. XXIII, 18, che reca la stessa data, 8 giugno ! Inoltre, sappiamo che il 22 giugno era ancora a

Padova, come mostra una sua lettera qui pubblicata. Adunque, se egli stesso ci dice che da quel viaggio riparò a Venezia, trovando impedito il ritorno, cioè il ritorno a Padova, perché il 28 maggio ivi lo troviamo, e di poi l'8 e il 22 giugno; è giocoforza ammettere che a Venezia il Petrarca vi andasse prima, e cioè verso il 20 maggio, e di lí ritornasse a Padova!

Ma, se io credo probabile assai questo nuovo dato biografico, che corregge un dato falso del Fr., e cioè della sua dimora a Venezia nel maggio, anziché nel giugno del 1362; pur troppo io stesso debbo riconoscere, che la lettera XXII, 4, non può esser di quel tempo. O come, si può domandare, il P. ritorna da un viaggio e non ne fa cenno? Ma questo è nulla! In una lettera, anche qui pubblicata, il Boccaccio scrive a Barbato, che il P. va in Germania: la lettera del 13 maggio giunge a Barbato sui primi di giugno ; e Barbato risponde addolorato, ma confortato da varie ragioni, fra cui quella che in tal modo l'amico diventava libero. Or bene, se la lettera del P. fosse di quel tempo, Barbato, rispondendogli, nel congratularsi di esser andato via da Milano, non gli domanderebbe notizie del viaggio? Egli che tanto se n'era preoccupato? Ancóra, ed è l'ultima se la lettera del P. fosse del maggio, Barbato dicendo di averla ricevuta a Natale, cioè dopo sette mesi, non accennerebbe nemmeno a

cosí lungo tempo impiegato dalla lettera? Sicché bisogna concludere che la data della lettera è spostata di molto? Non credo. Ma, secondo me, bisogna concludere che la lettera di Barbato non risponde alla Fam., XXII, 4. Ed eccone le ragioni· Ad una semplice scorsa data alle due lettere, si vede súbito che Barbato non risponde precisamente alla lettera citata del P. Ma v'è qualcosa di più preciso da opporre. Scrive Barbato : «.... tuas... licteras, Venetiis scriptas... suscepi, quibus aliud fere respondere non opus, quoniam illas sic mire in dialogi prope modum alterius intexuisti votis atque conceptibus, quod tu tibi me passim ad singula uno eodemque contextu respondentem audisti »... Ora, dove è questo, nella lettera del P.? O io m'inganno, o a me pare che non vi sia! Né la frase che segue risponde veramente al concetto della lettera petrarchesca (quantunque non mi dissimulo che quel bone adhuc restantis spei risponda alla spem della lettera, e al fortiter feramus di questa risponde, in modo lontano però, il servemus fortiter quod servatum servandumque describis di Barbato). Ancóra Barbato dopo di aver richieste alcune opere al P. soggiunge: « Nam, ut verbis tuis semper mihi doctrinalibus utar, licet assidue mecum sis nec aliquando discedas, tamen in licteris et operibus tuis recentior atque vivacior mihi facies tua est». Comprendo che il desiderio di avere

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