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Ricevi, donna, nel tuo grembo bello
Le mie lagrime amare;

Tu sai che ti son prossimo a fratello,
E tu nol puoi negare.

Vergine, non tardare,

Chè carità non suol patir dimora:
Non aspettar quell' ora

Che 'l lupo mangi la tua pecorella.

Ma benchè questo non sia un grado di bellezza poetica molto elevato, bisogna pur confessare che Iacopone non vi si mantiene generalmente: però s'egli da alcuni è preferito a'suoi contemporanei, più che una maggior perfezione di forma, n'è causa una certa ricchezza di idee provenienti da studio e da esperienza d'affari, ed anche un sentimento più profondo e più vivo.

Dal lato della dottrina fu unico, piuttostochè primo, in quel secolo Brunetto Latini, famoso altresì per essere stato maestro dell' Allighieri. Ma la sua maggior opera, che porta il nome di Tesoro e fu considerata come un' enciclopedia di quell'età, è scritta in prosa francese; e il lavoro in versi italiani intitolato il Tesoretto, come poesia, non ha pregi nè d'invenzione nè di stile o di lingua che lo distinguano dai già citati. Un altro lavoro poetico, il Pataffio, fu lungamente attribuito a Brunetto Latini: ora è provato che non gli appartiene; se gli appartenesse, non per questo meriterebbe che se ne citasse qui verun saggio.

Opere da potersi veramente dir letterarie non si trovano se non verso la fine del secolo XIII: perciò le scritture precedenti a Federico II, e nemmanco le poesie di quell' imperatore, de' suoi figli Enzo e Manfredi, di Pier delle Vigne suo segretario e di altri vissuti in quel tempo, e famosi in quella corte, non possono trovar luogo in questo Manuale. Ben è vero che, sotto questo rispetto, dovremmo forse escludere dal nostro libro tutti i poeti che precedettero l'Allighieri e il Petrarca: stimai nondimeno di dover dare qualche saggio delle poesie di Guido Guinicelli e di Guido Cavalcanti, non solo perchè furono lodati singolarmente da Dante, ma perchè in loro si scorgono già le tracce di quella perfezione che si veniva accostando: e nel trascurare affatto i primi fondatori di un'arte v'è una specie d'ingratitudine da cui l'animo naturalmente rifugge. Il Guinicelli fu bolognese: trovasi affermato che nel 1270 insegnava in

Bologna lettere umane: nel 1274 fu mandato in esilio colla fazione de' Lambertazzi alla quale aderiva la sua famiglia, e morì esule nel 1276. Nè molto diversi furono i casi di Guido Cavalcanti fiorentino. Perciocchè egli pure fu cacciato della patria per le discordie civili ond'era agitata al suo tempo; e benchè dopo alcuni anni ottenesse di poter ritornare, morì nondimeno ben tosto (nel 1300) in conseguenza dell'infermità cagionatagli dall' aria insalubre di Sarzana dove lo avevano relegato. Del resto nè l'uno nè l''altro ci fa sentire direttamente o indirettamente questi suoi casi ne' versi che ci rimangono di loro.

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ond' io mi doglio..

E' par che da verace piacimento

Lo fino amor discenda,

Guardando quel ch' al cor torni piacente.*
Chè poi ch' uom guarda cosa di talento,
Al cor pensieri abbenda,"

E cresce con disio immantinente;
E poi direttamente

Fiorisce e mena frutto.

1 Ancorch'è. Sebbene falla, erra chi vuol ragionare ec.
2 Scusami che ec. Ma questo mi serve di scusa, che io ec.

3 Tormente. Tormenti.

4 Guardando persona o cosa che riesca piacevole al cuore; o (come dice subito appresso) di talento, cioè cosa che gli talenti o gli piaccia. Al cor ec. Circonda, avviluppa il cuore di pensieri.

Però mi sento isdutto 1

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L'amor, crescendo, fiori e foglie ha messe,
E vien la mèsse e'l frutto non ricoglio.
Di ciò prender doloré deve e pianto
Lo core innamorato,

E lamentar di sua disavventura.

Perocchè nulla cosa all' uomo è tanto
Gravoso riputato,

Che sostenere affanno e gran tortura,
Servendo per caldura 2
D'essere meritato;3

E poi lo suo pensato

4

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1 Isdutto. Deviato, deluso; perchè dopo i fiori e le foglie, viene il tempo di mietere e non raccolgo alcun frutto.

2 Per caldura. Per caldo desiderio.

3 Meritato. Rimeritato, ricompensato.

Lo suo pensato. La cosa da lui pensata, il suo pensiero.

5 E per cc. E in luogo di pietà (pietanza) e compassione trova solo

orgoglio.

Chero. Chiedo, dall' ant. cherere, lat. quærere. ́

7 A voi ec. A voi che, per quanto a me pare (al mio parvente), potete fare tutto ciò che vi piace.

8 Allotta, per Allora, voce antiquata.

9 Spesso avviene che il servire con animo volonteroso non è rimeri tato (allolla che) quando chi serve aspetta il premio; ma viene poi un tempo ch'è accolto e rimunerato della sua servitù. Questa interpretazione è pel Nannucci, e la fonda sul provenzale escoill che significa accoglienza. Nel resto della canzone, dove tutti e due commentiamo colle stesse parole, siami permesso avvertire che il mio Manuale precedette di circa dieci anni 'opera del Nannucci.

SONETTO.

Veduto ho la lucente stella Diana

Che appare anzi che 'l giorno renda albore,
Che ha preso forma di figura umana;
Sovr' ogni altra mi par che dea splendore.
Viso di neve colorato in grana,1

Occhi lucenti, gai e pien' d' amore;

Non credo che nel mondo sia cristiana 2
Si piena di beltate e di valore.

Ed io dal suo valor sono assalito

Con si fera battaglia di sospiri,
Che avanti lei di gir non sare' ardito.
Così conoscess' ella i miei disíri,

Chè, senza dir, di lei sarei servito,3
Per la pietà che avrebbe de' martiri.

GUIDO CAVALCANTI.

SONETTO.

Avete in voi li fiori e la verdura, ·
E ciò che luce o è bello a vedere.
Risplende più che 'l Sol vostra figura;
Chi voi non vede, mai non può valere.*
In questo mondo non ha creatura
Si piena di beltà nè di piacere:
E chi d' Amor temesse, l'assicura
Vostro bel viso, e non può più temere.

Le donne che vi fanno compagnia

Assai mi piacen per lo vostro amore;
Ed io le prego, per lor cortesia,

Che qual più puote più yi faccia onore,
Ed aggia cara vostra signoria;

Perchè di tutte siete la migliore.

1 Grana. Coccola che tinge in rosso.

2 Cristiano e Cristiana per Uomo e Donna ora si userebbe solo neile

scritture famigliari.

3 Sarei servilo. Avrei il mio desiderio, sarei riamato.

Non può valere. Non può acquistar valore, virtù ec.
Piacen, per Piacciono, voce antiquata.

BALLATA.

Perch'io no spero di tornar giammai,

.

Ballatetta, in Toscana,

Va' tu leggiera e piana 2

Dritta alla Donna mia,
Ghe per sua cortesia

Ti farà molto onore.

Tu porterai novelle de' sospiri
Piene di doglia e di molta paura;
Ma guarda che persona non ti miri,
Che sia nemica di gentil natura;
Chè certo per la mia disavventura
Tu saresti contesa,

Tanto da lei ripresa,

Che mi sarebbe angoscia;

Dopo la morte poscia

Pianto e novel dolore.

Tu senti, Ballatetta, che la morte

Mi stringe sì, che vita m' abbandona,
E senti come 'l cor si sbatte forte
Per quel che ciascun spirito ragiona:
Tant'è distrutta già la mia persona,
Ch'io non posso soffrire;
Se tu mi vuoi servire,
Mena l'anima teco

(Molto di ciò ten preco),

Quando uscirà del core.

Deh, Ballatetta, alla tua amistate

Quest' anima che triema raccomando:

Menala teco nella sua pietate

A quella bella Donna a cui ti mando:
Deh, Ballatetta, dille sospirando,

Quando le sei presente:

Questa vostra servente

Vien per istar con vui.

Partita da colui,

الله

1 No per Non, a fuggir la durezza che verrebbe da non spero.
Piana. Dimessa, modesta.

3 Per quel ec. Per la tempesta che fanno dentro gli affetti.

Vui, per voi; e così, tui, nui, sui, per tuoi, noi, suoi, sono VOCI

frequenti, presso gli antichi, anche in prosa.

AMEROSOLI. --- I.

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