213 CINO DA PISTOIA. Da Francesco dei Sinibaldi nacque in Pistoia_nell'anno 1270 Guittone, che per vezzo fu nominato Guittoncino e poi Cino. Egli attese allo studio della poesia e della giurisprudenza; al primo dei quali era invitato dalla propria natura; al secondo il traeva l'usanza de' tempi e l'utilità che da quello studio poteva sperarsi. Com' ebbe ottenuta in Bologna la laurea, dottorale tornò a Pistoia: vi tenne per qualche tempo ufficio di Giudice: poi, prevalendo la fazione dei Guelfi, egli, Ghibellino, abbandonò la Patria; o forse ne fu discacciato. Nel tempo del suo esiglio s'innamorò di Selvaggia, figliuola di Filippo Vergiolesi, che lo aveva cortesemente accolto nella fortezza di Piteccio; e di lei viva e morta scrisse molte poesie per le quali soltanto dura ancora il suo nome. Da'suoi contemporanei per altro fu conosciuto e celebrato come giureconsulto; e il suo commento al Codice parve tanto sapiente, che destò desiderio di lui nelle principali Università italiane, sicchè fu professore a Trevigi, a Perugia, a Firenze; ed alcuni aggiungono (ma senza probabili testimonianze), anche in Bologna e Parigi. Questa sua celebrità fu poi cagione ch'egli fosse eletto Gonfaloniere di Pistoia nel 1334, quando i Bianchi o Ghibellini vi tornaron possenti; ma non accettò quell' ufficio nè rivide la patria prima dell' anno 1336. E nel finire di quell' anno o nel cominciare del susseguente morì. SONETTI. Non v' accorgete, donna, d' un che smuore ' Io prego voi, se non ven siete accorta, Ei sen va sbigottito e d'un colore E quando alcun pietosamente il mira, 1 Smuore. Impallidisce. 2 Per vostro onore. Perchè non siate incolpata di crudeltà, o della sua morte. Altri legge: Di levarli in altrui non ha valore. Il cor di pianger tutto si distrugge, lo son si vago de la bella luce 4 Degli occhi traditor che m' banno ucciso, Ma più mi duole, ahi lasso! che si vede 7 Mille dubbi in un dì, mille querele, È questo il merto che mi rendi, ingrato, Io no, risponde. — Ed ella: A sì gran piato, Convien più tempo a dar sentenza vera. 1 Or sappiam ec. Questa conclusione serve di commento al quarto verso. Vuolsi notare che questo e il seguente sonetto trovansi in molte edizioni attribuiti promiscuamente a Cino ed a Dante. 2 Vago, e poco appresso raghozza, significano desideroso e desiderio. 3 Là dov' io ec. Dov'è Selvaggia. Che pare. Che appariste. 51 uno e l'altro viso. Degli occhi e della mente. Alta imperatrice. La Ragione. Sol mia ec. Solo pel favor ch' io gli presto, per le mie inspirazioni La dolce vista e 'I bel guardo soave Porto disii nel core Che nati son di morte, Per la partita che mi duol si forte. Al sospirar più ardo; Trovandomi partuto 6· Da que' begli occhi ov' io t'ho già vedute. A veder ec. Accorgendomi quanto vi spiace d' esser mirata da me, non vengo a vedervi. 2 Di mirar sol ec. La vostra grande altezza non s' adiri che io appaghi il mio desiderio, ch'è sol di mirarvi. Ho perduto. Perchè Selvaggia era morta. Partita. Partenza di Selvaggia da questo mondo. Sol perchè morte mai non la divide Mi trovo dal bel viso E d'ogni stato allegro, Pel gran contrario ch'è tra 'l bianco e 'l negro. Ver bella Donna levo gli occhi alquanto, Si tutta si disvia la mia virtute Che dentro ritener non posso il pianto, O dolenti occhi miei, Si per vostro voler,3 pur ch' Amor voglia: E ciò che 'ncontran gli occhi più m'attrista; Tutte le colte nazioni conoscono e pregiano il nome di Francesco Petrarca, per quella gran parte ch' egli ebbe a far risorgere le buone lettere in tutta Europa. 1 Non la divide ec. Forse vuol dire: Perchè non divide l'anima mia da me (facendo ch'io muoia), come il doloroso mio stato, è diviso da ogni ullegrezza e le è contrario, quanto sono contrari fra loro il bianco ed il nero. Per gentil ec. Salutando per gentilezza qualche donna. 3 Si per ec.; cioè: Voi certamente vorreste morire, se Amore ve lo consentisse. Per morte. Morendo. 5 Il mio tormento. Dice che Amore sarà pietoso se, uccidendolo, porrò fine al suo patire. La sua celebrità gli fruttò l'amicizia e la stima di ragguardevoli personaggi in Italia e fuori; ed egli se ne valse per raccogliere manoscritti greci e latini che giacevano inonorati da tanti secoli. Molti ne comperò anche a sue spese; e sostenne la dura fatica di copiarne alcuni egli stesso, affinchè non fossero guasti dall'ignoranza dei soliti amanuensi. Quest'uomo sì benemerito del moderno incivilimento nacque in Arezzo la notte tra il 19 e il 20 luglio 1304, quando i Ghibellini esuli da Firenze tentarono invano di riacquistare coll' armi la patria. Del numero di que' fuorusciti era anche Petracco notaio fiorentino, padre del nostro poeta, che poi cambiò il nome paterno in quel di Petrarca. Il fanciullo stette fino ai sette anni all' Incisa nella Valle d'Arno presso la propria madre, a cui era stato concesso ritornar dall' esiglio: ma n'andò poi a cominciare i suoi studi in Pisa, dove Petracco erasi stabilito; finchè nel 1313 (quando la morte di Arrigo VII fece disperato ai Ghibellini il ritorno) si trasferì in Avigno ne, fiorente allora per la residenza dei papi. Il giovine Petrarca studio giurisprudenza per ben. sette anni, assecondando come poteva il volere del padre; ma l'animo suo il traeva con troppo maggior forza alle lettere ed alla poesia. Si racconta che un giorno suo padre gli gittò nel fuoco i libri che lo sviavano dagli studi creduti migliori perchè davan maggiore speranza di utilità; ma vinto poi dalle lagrime del figlio, ne ritrasse mezzo abbruciati un Virgilio e un Cicerone, nei quali pare che il giovinetto avesse posto principalmente il suo amore e la speranza della futura sua vita. Nell' anno 1326, il Petrarca, perduti già i genitori, abbandonò del tutto la giurisprudenza, vestì l'abito clericale (senza perciò farsi prete) ed entrò al servizio di Iacopo Colonna, vescovo poi di Lombès, dalla cui famiglia fu costantemente favorito e onorato. Un anno più tardi s'innamorò di Laura (moglie di Ugo de Sade), giovane di circa venti anni, lodata di bellezza non meno che di virtù; e secondo l' usanza di quel secolo e specialmente di quel paese, cominciò a scrivere per lei poesie che subito lo resero illustre. Ciò ch' egli dice e della persona e dell' animo di Laura dimostra chiaramente ch' egli ritrae un'idea formata secondo certe dottrine seguite anche da altri poeti, ma da lui sollevate a maggiore altezza e vestite di nuovi colori. Queste poesie gli |