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nando lui e le leggi e dove si trovavano, minacciavano squartare i popolani che reggeano. Onde alcuni, che gli udirono, il rapportarono a' popolani, i quali cominciarono a inacerbire, e per paura e sdegno inasprirono le leggi, sì che ciascuno stava in gelosia. Erano i principali del popolo i Magalotti, però che sempre erano stati aiutatori del popolo: ed aveano gran séguito, e intorno a loro aveano molte schiatte che con loro si raunavano d'uno animo, 2 e più artefici minuti con loro si ritrae

vano.

I potenti cittadini (i quali non tutti erano nobili di sangue, ma per altri accidenti erano detti grandi) per isdegno del popolo molti modi trovarono per abbatterlo; e mossono di Campagna uno franco e ardito cavaliere, che avea nome messer Gian di Celona, potente più che leale, con alcune giurisdizioni a lui date dallo imperadore. E' venne in Toscana patteggiato da' grandi di Firenze, e di voluntà di papa Bonifazio VIII, nuovamente creato: ebbe carta e giurisdizioni di terre che guadagnasse; e tali vi posono il suggello, per frangere il popolo di Firenze, che furono messer Vieri de' Cerchi e Nuto Marignolli, secondo disse messer Piero Cane da Milano procuratore del detto messer Gian di Celona. Molti ordini dierono per uccidere il detto Giano dicendo: « Percosso il pastore, fiano disperse le pecore. »

Un giorno ordinarono di farlo assassinare: poi se ne ritrassono per tema del popolo: poi per ingegno trovarono modo di farlo morire con una sottile malizia, e dissono: « Egli è giusto: mettiangli innanzi le rie opere de' beccai, che sono uomini mal feraci e mal disposti. » Tra' quali era uno chiamato Pecora, gran beccaio, sostenuto da' Tosinghi, il quale facea la sua arte con falsi modi e nocivi alla repubblica : era perseguitato dall'Arte, però che le sue malizie usava senza timore: minacciava i rettori e gli uficiali, e profferevasi a mal fare con gran possa` d'uomini e d'arme.

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torono a' popolani, in luogo di Rapportarono a' popolani ciò che avevano udito dire dai Grandi.

1 Che reggeano. Che allora tenevano le magistrature.

2 D'uno (sottinteso solo) animo; cioè: Tutti d'una sola volontà. Si ritraevano, si univano.

3 Per isdegno. Per odio e disprezzo verso il popolo.
Creato papa da poco tempo; nel 1294.

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5 Mal feraci. Malfattori. Mal disposti. Inclinati, pronti a mal fare. 6 Dopo che le vittorie di Carlo d'Angiò nel Regno di Napoli sollevarono la parte Guelfa, i Ghibellini di Firenze giudicarono che fosse bene guadagnarsi con qualche beneficio quel popolo che prima aveano con ogni ingiuria aggravato... Giudicarono pertanto farsi amico il popolo e loro partigiano, se gli rendevano parte di quegli onori e di quella autorità che gli

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Quelli della congiura fatta contro a Giano, essendo sopra rinnovare le leggi nella chiesa d' Ognissanti, dissono a Giano: << Vedi l'opere de' beccai quanto multiplicano al mal fare; » e Giano rispose: «Perisca innanzi la città, che ciò si sostenga; » e procurava fare leggi sopra loro. E per simile diceano de' giudici: « Vedi! i giudici minacciano i rettori al sindacato, 1 e per paura traggono da loro le ingiuste grazie, e tengono le questioni sospese anni tre o quattro, e sentenzia di niuno piato si dà: e chi vuole perdere il piato di sua voluntà, non può, tanto impigliano le ragioni e'l pagamento senza ordine. » Giano, giustamente crucciandosi sopra di loro, dicea: « Faccinsi leggi che sieno freno a tanta malizia. » E quando l'ebbono così acceso alla giustizia, segretamente mandavano a' giudici e a' beccai e agli altri artefici, dicendo che Giano li vituperava, e che facea leggi contro a loro.

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Scoprissi la congiura fatta contro a Giano uno giorno che io Dino ero con alquanti di loro per raunarci in Ognissanti, e Giano se ne andava a spasso per l'orto. Quelli della congiura fermavano una falsa legge, che tutti non la 'ntendeano: che si avesse per nimica ogni città o castello che ritenesse alcuno sbandito nimico del popolo. E questo feciono, però che la congiura era fatta con falsi popolani per sbandeggiare Giano, e metterlo in odio del popolo. I' conobbi la congiura, e dubitai per che faceano la legge senza gli altri compagni. Palesai a Giano la congiura fatta contro a lui, e mostra'li come lo faceano nimico del popolo e degli artefici, e che, seguitando le leggi, il popolo li si volgerebbe addosso; e che egli le lasciasse, e opponessisi con parole alla difensione. E così fece, dicendo: << Perisca innanzi la città, che tante opere rie si sostengano. »>

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avevano tolta, ed elessero trentasei cittadini popolari, i quali insieme con due cavalieri fatti venire da Bologna riformassero lo stato della città. Costoro, come prima convennero, distinsero tutta la città in Arti, e sopra ciascun' Arte ordinarono un magistrato, il quale rendesse ragione ai sotto posti a quelle. Consegnarono oltre di questo una bandiera, acciocchè sotto quella ogni uomo convenisse armato, quando la città ne avesse di bisogno. Furono nel principio queste Arti dodici, sette maggiori e cinque minori. Dipoi crebbero le minori infino a quattordici, tanto che furono ventuna. MACHIAVELLI, Stor. lib. II.

1 Minacciano ec., cioè: Minacciano di chiamarli al rendimento di conti. Piato, Causa, Processo.

2 In Ognissanti. Nella chiesa di questo nome già mentovata.

3 Fermavano. Stabilivano, ordinavano.

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per lo è rimasto ai poeti.

Mostra' li lo stesso che mostraili e li mostrai. E si noti qui, com altrove, li in cambio di gli.

6 Persistendo nelle sue leggi.

Allora conobbe Giano chi lo tradiva; però che i congiurati non si poteano più coprire. I non colpevoli voleano esaminare i fatti saviamente; ma Giano, più ardito che savio, gli minacciò farl morire. E però si lasciò di seguire il fare le leggi, e con grande scandolo ci partimmo.

I grandi feciono loro consiglio in San Jacopo oltr' Arno, e quivi per tutti si disse che Giano fusse morto. Poi si raunarono uno per casa, e fu il dicitore messer Berto Frescobaldi, e disse, come i cani del popolo aveano tolto loro gli onori e gli ufici; e non osavano entrare in palagio: « I loro piati non possono sollicitare: se battiamo uno nostro fante, siamo disfatti. E pertanto, signori, io consiglio che noi usciamo di questa servitù. Prendiàn l'arme, e corriamo su la piazza: uccidiamo amici e nimici di popolo, quanti noi ne troviamo, sicchè giammai noi nè i nostri figliuoli non siamo da loro soggiogati. »

Appresso si levò messer Baldo della Tosa, e disse: «Signori, il consiglio del savio cavaliere è buono, se non fusse di troppo rischio; perchè, se nostro pensiero venisse manco,* noi saremmo tutti morti: ma vinciángli prima con ingegno, e scomuniánglis con parole pietose, dicendo, i Ghibellini ci torranno la terra, e loro e noi cacceranno, e che per Dio non lascino salire i Ghibellini in signoria: e cosi scomunati conciarli per modo, che mai più non si rilievino. » Il consiglio del cavaliere piacque a tutti; e ordinarono due per contrada, che avessono a corrompere e scomunare il popolo, e ad infamare Giano, tutti i potenti del popolo scostassono da lui per le ragioni dette.

Così dissimulando i cittadini, la città era in gran discordia. Avvenne che in quelli di messer Corso Donati, potente cavaliere, mandò alcuni fanti per fedire messer Simone Galastrone suo consorto:7 e nella zuffa uno vi fu morto e alcuni fediti. L'accusa si fe d'amendue le parti ; e però si convenía procedere secondo gli ordini della giustizia in ricevere le prove e in punire. Il processo venne innanzi al podestà, chiamato messer

1 Fusse morto. Fosse ucciso; che si dovesse uccider Giano.

2 Non osavano. Si riferisce a loro, cioè ai Grandi, non già (come parrebbe) a cani, od a popolo.

3 Avevano dunque il costume di battere i servitori, e volevano poterli battere impunemente !

Venisse manco. Non avesse effetto. Saremmo tutti morti. Saremme uccisi tutti.

5 Scomuniangli. Rompiamo la loro comunanza, facciamo che si disuni. scano. L' Allighieri usò in questo senso anche scommettere.

6 Dicendo che i Ghibellini ec.

7 Consorto dicevasi chi era unito di parentela o di parte.

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Giano di Lucino lombardo,' nobile cavaliere e di gran senno e bontà. E ricevendo il processo uno suo giudice, e udendo i te.stimoni prodotti d'amendue le parti, inteso erano contro a messer Corso, fece scrivere al notaio per lo contrario; per modo che messer Corso dovea essere assoluto, e messer Simone condannato. Onde il podestà, essendo ingannato, prosciolse messer Corso, e condannò messer Simone. I cittadini che intesono il fatto, stimarono l' avesse fatto per pecunia, e che fusse nemico del popolo; e spezialmente gli avversari di messer Corso gridarono a una voce: « Moia il podestà: al fuoco, al fuoco. » I primi cominciatori del furore furono Taldo della Bella e Baldo dal Borgo, più per malevolenza* aveano a messer Corso, che per pietà dell' offesa giustizia. E tanto crebbe il furore, che il popolo trasse al palagio del podestà colla stipa per ardere la porta.

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Giano della Bella che era con li priori, udendo il grido della gente, disse: «Io voglio andare a campare il podestà delle mani del popolo; e montò a cavallo, credendo che il popolo lo seguisse e si ritraesse per le sue parole. Ma fu il contrario, che gli volsono le lance per abbatterlo da cavallo: il perchè si tornò adietro. I priori, per piacere al popolo, scesono col gonfaloniere in piazza, credendo attutare il furore; e crebbe sì, che eglino arsono la porta del palagio, e rubarono i cavalli ed arnesi del podestà....

Il dì seguente si raunò il consiglio, e fu deliberato per onore della città, che le cose rubate si rendessono al podestà, e che del suo salario fusse pagato: e così si fe; e partissi.

La città rimase in grande discordia. I cittadini buoni biasimavano quello che era fatto: altri dava la colpa a Giano, cercando di cacciarlo o farlo mal capitare; altri dicea : « Poi che

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1 Lombardo. Il Machiavelli dice, che i Fiorentini x per levar via le cagiani delle inimicizie che dai giudicii nascono, providero a due giudici forestieri, chiamato l'uno Capitano di Popolo, l'altro Podestà, che le cause così civili come criminali tra i cittadini occorrenti giudicassero. » Del resto il Podestà fu un magistrato comune a tutte le repubbliche italiane. 2 Inteso che erano. Quando intese che erano ec.

3 Intesono. Intesero, riseppero il fatto ma non la cagione.

nia. Corrotto con denaro.

Malevolenza che aveano.

5 Il popolo trasse al palagio. Vi accorse in folla.

nuti, paglia e ciò ch'è atto a pigliar fuoco facilmente.

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Per реси

Stipa. Legni mi.

6 Volsono e poco appresso scesono, ed arsono in cambio di volsero, scesero, arsero, sono forme antiquate; e così in generale tutte le desinenzé si fatte. Perciò ci basti averle notate fin qui.'

7 Allulare. Quietare, sedare; poco usato oggidì.

8 Eglino. Il popolo.

cominciato abbiamo, ardiamo il resto; » e tanto rumore fu nena terra, che accese gli animi di tutti contro a Giano. E a ciò consentirono i Magalotti suoi parenti, i quali lo consigliarono che, per cessare il furore del popolo, per alquanti di s'assentasse fuori della terra; il quale, credendo al loro falso consiglio, si partì: e subito gli fu dato bando, e condannato nell' avere e nella persona....

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Levatevi, o malvagi cittadini pieni di scandoli, e pigliate il ferro e il fuoco colle vostre mani, e distendete le vostre malizie. Palesate le vostre inique voluntà e i pessimi proponimenti; non penate più:1 andate e mettete in ruina le bellezze della vostra città. Spandete il sangue de' vostri fratelli, spogliatevi della fede e dell' amore, nieghi l'uno all'altro aiuto e servigio. Seminate le vostre menzogne, le quali empiranno i granai de'vostri figliuoli. Fate come fe Silla nella città di Roma, che tutti i mali che esso fece in dieci anni, Mario in pochi di li vendicó. Credete voi che la giustizia di Dio sia venuta meno? pur quella del mondo rende una per una. Guardate a' vostri antichi, se ricevettono merito nelle loro discordie: barattate gli onori che eglino acquistarono. Non v'indugiate, miseri; chè più si consuma in uno dì nella guerra, che molt' anni non si guadagna in pace: e picciola è quella favilla, che a distruzione mena un gran regno.

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Carlo di Valois in Firenze, mandato da Bonifazio VIII con titolo di paciere, ma col proponimento di abbattere i Bianchi e inalzare i Neri.

Essendo già venuto messer Carlo di Valois a Bologna, furono a lui imbasciadori de' Neri di Firenze, usando queste parole: «Signore, merzè per Dio, noi siamo i Guelfi di Firenze, fedeli della casa di Francia: per Dio, prendi guardia di te e della tua gente, perchè la nostra città si re....5

Partiti gli ambasciadori de' Neri, giunsono i Bianchi, i quali

1 Non penate. Non indugiate più oltre.

2 Detto per antifrasi, volendo significare che li manderanno in rovina; ed è come se dicesse: Le quali stoltamente credete che empiranno ec. 3 Rende una per una; ma la giustizia di Dio, s' intende, punisce assai più gravemente.

Merito. Frutto, vantaggio. Barattate. Sciupate.

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Cosi le stampe più recenti. In quella procurata del Manni si legge la nostra città ec. Però nella prima edizione supposi che l'Autore avesse troncato così questo discorso perchè al suo tempo tutti sapessero le parole dette dai Neri.

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