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E quelli rispose: Questo nè fu giammai, nè può essere. Lo palafreno sia tuo, e la persona;1 ch' io t'amo come me medesimo. Allora lo cavaliere si riconsigliò, e tornò in su l'amore ed in su l'amistade ușata; e riconobbesi che non avea ben pensato. Come un giullaro si compianse dinanzi ad Alessandro d' un cavaliere, al quale elli avea donato per intenzione che 'l cavaliere li donerebbe ciò che Alessandro li donasse.

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Stando lo re Alessandro alla città di Giadre con moltitudine di gente ad assedio, un nobile cavaliere era fuggito di prigione; ed essendo poveramente ad arnese, misesi ad andare ad Ales sandro, che gli donasse; acciocchè lo mondo parlava, che donava larghissimamente sopra gli altri signori. Andando per lo cammino trovò uno uomo di corte nobilmente ad arnese. Domandollo dov' egli andava. Lo cavaliere rispose: Vo ad Alessandro, che mi doni; acciocchè io possa tornare in mia contrada onoratamente. Allora lo giullaro rispose e disse: Che vuogli tu che io ti dea, e tu mi dona ciò che Alessandro ti donerà? Lo cavaliere rispose: Donami cavallo da cavalcare, e somieri e robe e dispendio convenevole a ritornare in mia terra. Lo giullaro le gli donò, e in concordia cavalcâro ad Alessandro, lo quale aspramente avea combattuto la città di Giadre, ed era partito dalla battaglia, e faceasi sotto un padiglione disarmare. Lo cavaliere e lo giullaro si trassero avanti. Lo cavaliere fece la domanda sua ad Alessandro, umile e dolcemente. 9 Alessandro non gli fece motto niente, nè non 10 fece rispondere. Lo cavaliere si partío dal giullaro, e misesi per lo cammino a ritornare in sua terra. Poco dilungato il cavaliere, avvenne che li nobili cavalieri di Giadre recâro le chiavi della città ad Ales

1 E la (mja) persona.

2 Si riconsiglio. Rinsavi.

3 Poveramente ad arnese. Mal vestito. Poco appresso: Nobilmente ad arnese. Vestito nobilmente.

Che gli ec. Affinchè 'gli donasse. Acciocchè vale qui Perciocchè ; ma è disusato affatto.

5 Domandollo. Chi domanda è l'uomo di corte; ma per la grammatica si crederebbe il contrario.

6 Giullare o Giullaro, Giocolare, Buffone, Uomo di corte, persona piacevole e motteggevole che frequentava le corti.

7 Dispendio ec. Tanto che mi basti per tornare onorevolmente af mio paese.

8 Le gli dono. Gli donò le cose domandate.

9 Umile e dolcemente. Di due avverbi terminati in mente usarono al cuni antichi di troncare il primo.

10 Nè non. Il non è superfluo; pur trovasi questa ridondanza anche in qualche moderno.

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sandro, con pieno mandato1 d'ubidire li suoi comandamenti, come a lor signore. Alessandro allora si volse inverso i suoi baroni e disse: Dov'è chi mi domandava ch'io li donassi? Allora fu tramesso 2 per lo cavaliere ch' addomandava il dono. Lo cavaliere venne; Alessandro parlò e disse: Prendi, nobile cavaliere, le chiavi della nobile città di Giadre, chè la ti dono volentieri. Lo cavaliere rispose: Messere, non mi donare cittade: priegoti che tu mi doni oro o argento o robe, come ti sia in piacere. Allora Alessandro sorrise, e comandò che gli fossero dati due mila marchi d' ariento; e questo si scrisse per lo minore dono ch'egli facesse unque mai. Lo cavaliere prese li marchi e diègli al giullaro. Lo giullaro fu dinanzi ad Alessandro, e con grande istanza addomandava che gli facesse ragione ; e fece tanto che fece sostenere lo cavaliere, e 'l propose così: Messere, io trovai costui in cammino: domandâlo ove andava e perchè. Dissemi che ad Alessandro andava perchè gli donasse. Con lui feci patto; donâgli; ed egli mi promise di darmi ciò che Alessandro gli donasse: ond' egli m'ha rotto il patto; chè ha rifiutato la nobile città di Giadre, e prèso li marchi per ch' io dinanzi alla vostra Signoria domando, che mi facciate sodisfare di tanto, quanto vale più la città che' marchi. Allora il cavaliere parlò; e primieramente confessò i patti pienamente, poi disse: Ragione vuole quegli che mi domanda: egli è giullaro, e in cuore di giullaro non puote discendere signoria di cittade. Lo suo pensiero fu d'argento ed oro; e la sua intenzione fu tale, ed io pienamente fornita l'ho: onde la tua Signoria proveggia nella mia diliveranza, secondo che piacerà al tuo savio consiglio. Alessandro e' suoi Baroni prosciolsero il cavaliere, e commendaronlo di grande sapienza,

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Con pieno mandato ec. Con commissione di ec.

2 Fu tramesso per ec. Fu mandato a cercare il cavaliere.

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Ariento per Argento e Unque mai per Giammai non s' usano più.
Sostenere. Che gli fosse impedito di partirsi.

5 Domandálo. Domandailo, lo (o gli) domandai ec.

donagli per Gli donai.

Per ch' io, Per che, per la qualcosa io cc.

7 Che'. Che i.

8 Diliveranza. Liberazione. Voce antiquata.

Cosi appresso

AMBROSOLI. - I.

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Qui conta d'una bella sentenzia che diè lo schiavo di Bari tra uno borghese ed uno pellegrino.1

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Un borghese di Bari andò in romeaggio, e lasciò trecento bisanti a un suo amico, con queste condizioni e patti: Io andrò, siccome a Dio piacerà; e s'io non rivenissi, darâgli per l'anima mia; e s'io rivengo a certo termine, quello che tu vorrai mi renderai, e gli altri riterrai. Andò il pellegrino in suo viaggio; rivenne al termine ordinato; demandò li bisanti suoi. L'amico rispose: Come sta il patto? Lo romeo lo contò appunto. Ben dicesti, disse l' amico. Te', dieci bisanti ti voglio rendere; i dugento novanta mi tengo. Il pellegrino cominciò a crucciarsi, dicendo: Che fede è questa? Tu mi tolli il mio falsamente. E l'amico rispose soavemente: Io non ti fo torto; e s' io lo ti fo, sianne dinanzi alla Signoria. Richiamo ne fu. Lo schiavo di Bari ne fu giudice: Udite le parti, formò la quistione; onde nacque questa sentenza, e disse così a colui che ritenea i bisanti: I dugento novanta ne vuogli," rendili; e li dieci che tu non volêi, ritienli; perocchè il patto fu tale: Ciò che tu vorrai mi renderai.

Qui conta d'un novellatore di messer Azzolino.8

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Messer Azzolino avea un suo novellatore il quale faceva favolare quando erano le notti grandi di verno. Una notte avvenne che 'l favolatore avea grande talento di dormire,10 e Azzolino il pregava che favolasse. Il favolatore incominciò a dire una favola d'uno villano ch' avea suoi cento bisanti: andò a

1 Nell'anno 925 fu Catapano, e perciò anche giudice supremo, in Bari Michael Schlavus, un Michele Sclavo, forse cosi nominato dalla sua origine schiavona. Devo, questa notizia fondata su prove non dubbie alla cortesia del signor A. Nova professore dell' Università di Pavia. Così cessa quella maraviglia nella quale ci lasciaron finora gli editori del Novellino, che uno schiavo fosse giudice in appello, superiore alla Signoria.

2 Romeaggio dicevasi l'andare per divozione a Roma; Romeo chi vi andava. 3 Bisante o Bisanto. Moneta dell' imperio bizantino.

Lo contò appunto. Ridisse esattamente il patto che avevan fra loro.

5 Tolli. Togli; dal lat. tollere, è forma rimasta ai soli poeti.

6 Sianne. Siamone, Andiamo a cagione di ciò alla Signoria, al Magistrato. Richiamo (più spesso dicesi Reclamo), Lamentanza, Querela falta al giudice od a qualsiasi superiore.

7 Ne vuogii. Che tu vuoi avere dei trecento a te affidati. Non volės

Non volevi.

8 Azzolino. Ezzelino da Romano.

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Favolare. Raccontar favole. Favolatore. Chi racconta favole. 10 Talento di dormire. Voglia di dormire.

uno mercato a comperare berbici,' ed ebbene due per bisante. Tornando con le sue pecore, uno fiume ch' avea passato era molto cresciuto per una grande pioggia che era stata. Stando alla riva, brigossi d'accivire 2 in questo modo: che vide uno pescator povero con uno suo burchiello a dismisura piccolino, si che non vi capea se non il villano ed una pecora per volta. Lo villano cominciò a passare con una berbice, e cominciò a vogare. Lo fiume era largo; voga, e passa. E lo favolatore restò di favolare, e non dicea più. E messer Azzolino disse: Che fai? via oltre. Lo favolatore rispose: Messere, lasciate passare le pecore, poi conteremo lo fatto; che le pecore non sarebbono passate in un anno, sì che intanto potè bene ad agio dormire..

Qui conta del re Currado padre di Curradino.

Leggesi del re Currado padre di Curradino, che quando era garzone si avea in compagnia dodici garzoni di sua etade. Quando lo re Currado fallava, li maestri che gli erano dati a guardia non batteano lui, ma batteano di questi garzoni suoi compagni per lui. E que' dicea: Perchè battete voi cotestoro? Rispondeano li maestri: Per li falli tuoi. E que' dicea: Perchè non battete voi me, chè mia è la colpa? Diceano li maestri: Perchè tu sei nostro signore. Ma noi battiamo costoro per te; onde assai ti dee dolere, se tu hai gentil cuore, ch' altri porti pena delle tue colpe. E perciò si dice che lo re Currado si guardava molto di fallire per la pietà di coloro.

1 Berbici per Pecore è rimasto ai Francesi nella voce brebis.
2 Brigossi d' accivire. S'ingegnò di provedere al suo bisogno. Accivire

è caduto in disuso.

3 Vogare. Remare.

SECOLO DECIMOQUARTO.

NOTIZIE STORICHE.

Il pontefice Bonifazio VIII per sottrarsi al pericolo che gli sovrastava qualora Alberto d' Austria e Filippo il Bello si fossero collegati contro di lui, riconobbe imperatore l'austriaco, e sperò di averlo compagno a reprimere la baldanza del re francese. Ma Filippo non poteva essere così di leggieri spaventato nè illuso; e nel settembre del 1303 mandò Nogaret in Italia, il quale con Sciarra Colonna e con altri, già guadagnati da lui, fece prigioniero Bonifazio in Anagni. Una tradizione accolta anche dall' Allighieri aggiunge che il vecchio pontefice fu trattato durissimamente, e che Sciarra Colonna trascorse fin anco a dargli uno schiaffo. Veramente, il popolo dopo tre giorni lo tolse loro di mano e lo condusse a Roma quasi trionfante; nondimeno il dolore e lo sdegno di quell'ingiuria soverchiarono le sue forze, e ne morì poco appresso.

Benedetto XI, che gli successe, tenne il pontificato soltanto nove mesi; poi morì in Perugia dov' erasi trasferito per la poca sicurezza di Roma. Suo successore fu Bertrando di Goth arcivescovo di Bordeaux, creatura del re di Francia: e poichè gli Orsini e i Colonnesi, potenti di ricchezze e di fautori, tenevano sempre Roma sossopra e infermo il pontificato; riuscì facilmente a Filippo di persuaderlo a lasciare un paese, dove non avrebbe potuto essere nè autorevole mai nè sicuro. Il nuovo eletto andò quindi tramutandosi per varie città della Francia; coronossi nel 1305 in Lione prendendo il nome di Clemente V, e fermò la sua sede in Avignone nel 1308.

In quel medesimo anno morì Alberto d' Austria: laonde Carlo di Valois fratello di Filippo il Bello sollecitava Clemente V ad effettuare la promessa di Bonifazio VIII, ccronandolo imperatore: ma quel pontefice propose segretamente Arrigo conte di Lussemburgo, temendo la soverchia grandezza a cui la Casa di Francia

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