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Viene ad atto talor che 'n miglior stato
Avria in altrui biasmato.

Se le man di pietà invidia m' ha chiuse,
Fame amorosa e 'l non poter mi scuse.
III. Ch'i' ho cercate già vie più di mille,

Per provar senza lor se mortal cosa
Mi potesse tener in vita un giorno:
L'anima, poi ch' altrove non ha posa,
Corre pur all' angeliche faville;

25

30

Ed io, che son di cera, al foco torno;
E pongo mente intorno,

Ove si fa men guardia a quel ch' i' bramo
E come augello in ramo,

35

Ove men teme, ivi più tosto è colto;

Così dal suo bel volto

L'involo or uno ed or un altro sguardo;
E di ciò insieme mi nutrico ed ardo.

IV. Di mia morte mi pasco e vivo in fiamme:
Stranio cibo e mirabil salamandra!
Ma miracol non è; da tal si vòle.
Felice agnello alla penosa mandra

40

Mi giacqui un tempo; or all' estremo famme
E Fortuna ed Amor pur come sôle.

45

Così rose e viole

Ha primavera, e 'l verno ha neve e ghiaccio.
Però, s' i' mi procaccio

Quinci e quindi alimenti al viver curto,

Si ricca donna deve esser contenta,

Se vòl dir che sia furto,

S' altri vive del suo, ch' ella nol senta.

50

25. DI PIETÀ: pietose. - INVIDIA: di Laura; cfr. P. I. Son. CXX, 1 e segg. 26. IL NON POTER: vivere senza vederla. Necessità non ha legge. SCUSE: Scusi.

III. 27. CH' 1' Hо: rende ragione del suo non poter. 28. LOR: Occhi. 30. L'ANIMA: mia. - 31. FAVILLE: a' di lei occhi. 32. DI CERA: cfr. P. I. Canz. VI, 31 e segg. 33. PONGO: descrive assai vagamente quai sieno gl' ingegni ch' egli usa, perchè il furto riescagli a bene. Carr. 34. A QUEL: alla vista di lei. 35. AUGELLO: paragona Laura all' uccello sul ramo, preso più presto dove si credea sicuro. 38. L' INVOLO: involo a lei.

IV. 41. SALAMANDRA: della quale si credeva che vivesse nel fuoco; cfr. Aug. Civ. Dei XXI, 4. 42. DA TAL: da Amore; cfr. Dante, Inf. VIII, 105. 43. AGNELLO: cfr. Dante, Parad. XXV, 5 e segg. MANDRA: degli amanti. 44. FAMME: mi fa. 45. COME SOLE: come suol fare agli amanti. 47. PRIMAVERA: gioventù. -VERNO: vecchiezza. 48. MI PROCACCIO: furtivamente. 49. ALIMENTI: sguardi. - 50. VÒL: vuole. 52. CH' ELLA NOL SENTA: in modo tale ch' ella non se ne accorga.

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V. Chi nol sa di ch' io vivo e vissi sempre
Dal dì che prima que' begli occhi vidi,
Che mi fecer cangiar vita e costume?
Per cercar terra e mar da tutti lidi
Chi può saver tutte l'umane tempre?

55

L'un vive, ecco, d' odor là sul gran fiume;
Io qui di foco e lume

Queto i frali e famelici miei spirti.

60.

Amor (e vo' ben dirti),

Disconviensi a signor l'esser sì parco.

Tu hai li strali l'arco:

Fa' di tua man, non pur bramando, i' mora:
Ch' un bel morir tutta la vita onora.

65

VI. Chiusa fiamma è più ardente; e se pur cresce,
In alcun modo più non può celarsi:
Amor, i''l so, che 'l provo alle tue mani.
Vedesti ben quando si tacito arsi:

Or de' miei gridi a me medesmo incresce;

70

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Onde l' annoda e preme

Quella che con tua forza al fin mi mena!

La colpa è vostra, e mio 'l danno e la pena.

VII. Così di ben amar porto tormento,

E del peccato altrui cheggio perdono;

75.

80

V. 53. DI CHE: cioè degli sguardi della mia donna. 54. PRIMA: la prima volta. Murat. AB: IN PRIMA. 56. PER CERCAR: per quanto altri cerchi. 57. TEMPRE: nature. 58. D' ODOR: cfr. P. I. Son. CLVIII, 10 e segg. -FIUME: Gange; cfr. Solin. c. 55. 59. FoCo: amoroso. -LUME: degli occhi di Laura. -61. DIRTI: arditamente. 62. PARCO: avaro.

-

63. LI STRALI: per potermi uccidere. 64. FA: fa ch' io moja di tua mano, e che nol brami soltanto. Uccidimi di un colpo, non così a poco a poco. 65. CH' UN BEL: è quel di Cicerone: Mors honesta saepe vitam quoque

turpem exornat.

VI. 66. CHIUSA: dolore celato più offende.

mani.

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68. ALLE: per le tue 69. TACITO: nascondendo il mio amoroso fuoco. poichè non posso più tacere, negandomi Laura l' usata aita, ed essendo quindi cresciuto il mio dolore. 71. PROSSIMI: vicini. 72. o MONDO: 73. FORTE: crudele. M' ADDUCE: mi conduce. — 74. LUCE: occhi di Laura. 76. ONDE: con la quale speme annoda e preme il cuore.. 77. QUELLA: Laura. AL FIN: a morte. 78. VOSTRA: di Amore e di Laura.

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VII. 79. BEN: virtuosamente. 80. ALTRUI: di Laura e di Amore. Cast. Peccato è della mia ventura, che Laura non mi mostri gli occhi; ed io ne sono punito e cheggio mercè, come se io avessi commesso er-rore, per lo quale Laura a ragione mi privasse di tal vista.

Anzi del mio, chè devea torcer gli occhi
Dal troppo lume, e di Sirene al suono
Chiuder gli orecchi: ed ancor non men pento
Che di dolce veleno il cor trabocchi.
Aspett' io pur che scocchi

L'ultimo colpo chi mi diede il primo:
E fia, s'i' dritto estimo,

Un modo di pietate occider tosto,
Non essend' ei disposto

A far altro di me che quel che soglia;
Chè ben mor chi morendo esce di doglia.

VIII. Canzon mia, fermo in campo

Starò, ch' egli è disnor morir fuggendo.
E me stesso riprendo

Di tai lamenti; sì dolce è mia sorte,

Pianto, sospiri e morte.

Servo d' Amor, che queste rime leggi;

Ben non ha 'l mondo che 'l mio mal pareggi.

SONETTO CLVI. (173.)

Prega il Rodano, che scendendo al paese di Laura, le baci 'l piede o la mano.

Rapido fiume, che d' alpestra vena,

Rodendo intorno, onde 'l tuo nome prendi,
Notte e di meco desïoso scendi,

Ov' Amor me, te sol Natura mena;

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81. DEVEA: io dovea. 83. MEN: mi. Tass.: Ed ancorchè di dolce veleno il cor trabocchi, non me ne pento. -84. VELENO: chiama così il suo vaneggiar d'amore. 86. L' ULTIMO: mortale. CHI: Amore; cfr. P. I. Son. XXIII, 9 e segg. 87. ESTIMO: giudico. 88. DI PIETATE: Seneca:

Misericordiae genus est cito occidere. 89. NON ESSENDO: quando egli non sia. 90. ALTRO: a farmi aver compassione da Laura; Cast. - CHE QUEL: che farmi perire vittima della passione come gli è in costume; Boz. È solito Amore e tormentare il Poeta; se non è disposto a mutare costume, sarà atto pietoso se il faccia uscire al più presto di pena con farlo - morire.

DISNOR: disonore.

VIII. 93. EGLI: riempitivo. 96. PIANTO: la quale mia sorte è pianto ecc. Diversamente Tass.: Dolce è la mia sorte, e così dolci sono pianto, sospiri e morte. - 98. BEN: o è sostantivo, e allora vuol dire : Il mondo non ha bene alcuno che pareggi il mio male. O è avverbio, e allora deve sottintendersi cosa, o simile: Veramente non vi è a questo mondo cosa che pareggi il mio male. Il contesto sembra esigere la prima interpretazione. Cast. Più dolce è questo mio male, che non è l' altrui bene. Così pure Vell., Ges., Tass., Leop. ecc.

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Son. CLIV. 1. FIUME: Rodano. Tass.: Mostra questo sonetto che Laura fosse in Avignone, perciocchè vicino a Cabrieres non passa il Rodano. D' ALPESTRA: nascendo dalle Alpi. 2. INTORNO: il terreno d' intorno. NOME: Rodano che il Poeta credeva derivasse da rodere. — 3. MECO: non perchè il Poeta fosse in barca (Cast.), ma perchè ritornava da un viaggio (in Alemagna?). - 4. OVE: verso il luogo ove dimora Laura.

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Vattene innanzi : il tuo corso non frena
Nè stanchezza nè sonno: e pria che rendi
Suo dritto al mar, fiso, u' si mostri, attendi
L'erba più verde, e l'aria più serena.
Ivi è quel nostro vivo e dolce Sole

Ch' adorna e 'nfiora la tua riva manca:
Forse (o che spero!) il mio tardar le dole.
Baciale 'l piede, o la man bella e bianca;
Dille: Il baciar sia 'n vece di parole;
Lo spirto è pronto ma la carne è stanca.

SONETTO CLV. (174.)

Assente da Valchiusa col corpo, non fu, non è, e non sarà mai
collo spirito.

I dolci colli ov' io lasciai me stesso

Partendo onde partir giammai non posso,
Mi vanno innanzi; ed emmi ogni or addosso
Quel caro peso ch' Amor m' ha commesso.
Meco di me mi maraviglio spesso,

Ch' i' pur vo sempre, e non son ancor mosso
Dal bel giogo più volte indarno scosso,
Ma com' più me n' allungo e più m' appresso.

E qual cervo ferito di saetta,

Col ferro avvelenato dentro al fianco
Fugge, e più duolsi quanto più s'affretta:

Tal io con quello stral dal lato manco,
Che mi consuma e parte mi diletta,
Di duol mi struggo e di fuggir mi stanco.

5. IL TUO:

come il mio. - 7. SUO DRITTO: il tributo delle tue acque. ATTENDI: guarda attentamente. 9. IVI: dove più verde è l' erba, e più serena l' aria. SOLE: Laura. 10. ADORNA: con lo sguardo. · -INFIORA: co' piedi. 11. DOLE: duole, cioè a Laura che dianzi chiamò Sole. È un costrutto di pensiero, se forse non è da leggere LI DOLE, Come hanno Murat. AB all. - 14. LO SPIRTO: cfr. Marc. XIV, 38.

Son. CLV. 1. COLLI: cfr. P. I. Son. VII, 1 e segg. 2. PARTIR: col cuore. 3. VANNO: agli occhi della mente. EMMI: mi è. 4. PESO: dell' amore di Laura. 5. MECO: fra me stesso. - 6. vo col corpo; allontanandomi continuamente da Laura. Puossi anche intendere dell' andare della vita. 8. MA COM': Murat. A B all.: MA CON. Senso: Ma tanto più a quello m' appresso, quanto più per andare e per invecchiare me ne allontano. - 9. QUAL CERVO: cfr. Virg. Aen. IV, 69 e segg. 11. DUOLSI: per la ferita. 12. DAL LATO MANCO: nel cuore. 13. PARTE: non intanto (Boz.), ma in parte (Ges.). Tass.: Esce dalla comparazione, perciocchè il cervo ferito non sente diletto alcuno, ma doglia solamente. 14. DUOL: passione amorosa. FUGGIR: allontanandomi da Laura.

SONETTO CLVI. (175.)

È novo ed unico il suo tormento, giacchè Laura, che n'è la cagione,

non s' accorge.

Non dall' ispano Ibero all' indo Idaspe
Ricercando del mar ogni pendice,

Nè dal lito vermiglio all' onde Caspe,
Nè' n ciel nè' n terra è più d' una Fenice.
Qual destro corvo o qual manca cornice
Canti 'l mio fato? o qual Parca l'innaspe?
Che sol trovo pietà sorda com' aspe,
Misero onde sperava esser felice:

Ch'i' non vo' dir di lei; ma chi la scorge,

Tutto 'l cor di dolcezza e d'amor l'empie;
Tanto n' ha seco e tant' altrui ne porge:
E per far mie dolcezze amare ed empie,
Ŏ s' infinge o non cura o non s'accorge
Del fiorir queste innanzi tempo tempie.

SONETTO CLVII. (176.)

Come e quando egli sia entrato nel labirinto d' Amore, e come ora egli vi stia.

Voglia mi sprona, Amor mi guida e scorge,
Piacer mi tira, usanza mi trasporta,

Speranza mi lusinga e rinconforta,

E la man destra al cor già stanco porge:

Il misero la prende, e non s'accorge

Di nostra cieca e disleale scorta:
Regnano i sensi, e la ragion è morta;
Dell' un vago desio l'altro risorge.

=

3. DAL

Son. CLVI. 1. DALL' ISPANO: dall' Occidente all' Oriente. LITO: dal mar rosso al mar caspio dal Mezzogiorno al Settentrione. 5. DESTRO: il volar destro del corvo era tenuto dagli antichi come di cattivo augurio, siccome il sinistro della cornacchia. Tass. viceversa: Qual destro corvo o qual manca cornice sarà mai che canti il mio fato e la mia buona sorte, e qual Parca si troverà mai che l'innaspi e non gli tronchi il filo? 6. INNASPE: innaspi. 7. PIETÀ: Laura che è la stessa pietà. ASPE: aspide, che, per non udire l'incanto, mette un' orecchia in terra, e l'altra la si tura colla coda. 8. ONDE: misero per Laura, per la quale io sperava esser felice. 9. CHI: Amore. -SCORGE: governa. 10. L' EMPIE: empie a lui. - 11. N' HA: di dolcezza e d' amore. 12. EMPIE: spietate. 14. DEL FIORIR: dell' incanutire prima del tempo.

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Son. CLVII. 1. SPRONA: all' amore di Laura. 4. PORGE: per segno di fede e per ajuto. 5. LA PRENDE: il cuore spera. 6. SCORTA: Amore (Vell., Ges. ecc.), oppure la speranza (Tass., Boz. ecc.). Cast.: Il cuor si conforta per la speranza, e non s' accorge che seguiti Amore che è scorta cieca e disleale. 8. RISORGE: rinasce.

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