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DISCORSO PRELIMINARE

I.

Io non saprei con sicurtà asserire, che sia progredito fra noi in questo secolo lo studio della diplomatica, a confronto del secolo passato.

Posta mente alla serie degli illustri uomini che nel varcato secolo eccelsero, e percorrendo le opere di loro, con sentita compiacenza si presentano alla memoria nostra i nomi di Antonino Mongitore, di Giuseppe Vinci, di Vito Coco, di Domenico Schiavo, di Francesco Tardia, e del sommo fra tutti e di tutti più celebre monsignor Di Giovanni, i quali nel frugare archivii e nel pubblicarne tesori furono instancabili, e si resero degni di non peritura rinomanza.

Questa maniera di studi proseguì se non prevalse nel primo periodo del secolo corrente; dapoichè in esso periodo rilussero i valenti discepoli della vecchia scuola ; e più svegliati, più culti, e forse anco (almeno nell'arte critica) meglio istruiti comparvero dei loro stessi maestri. Ond'è che levaron di sè al

nonico Stefano Di-Chiara, e il professore Salvatore Morso, nomi alla Sicilia carissimi, e venerandi per chiare opere, le quali

a loro ed alla patria acquistarono assai gloria, che in tutti i tempi futuri non verrà meno giammai.

Si estinse con essi il gusto delle laboriose ricerche diplomatiche, ed altre discipline signoreggiando su quelle da lor coltivate, gl' ingegni dall' antiquaria si sviarono, e perciò dalla diplomatica, furono negletti gli archivii, non si ebbe più cura dei diplomi; e dirò francamente che ricaddero in quello abbandono nel quale altra volta giaceano gli storici documenti,

Ciò accadde appunto, perchè uno spirito che alcuni chiamarono filosofico, e che forse con più maturo consiglio altri ha chiamato frivolo e leggiero, alla severità degli studi storici sostituì il facile metodo del sentenziare e del dogmatizzare a talento, senza curarsi gran fatto dei documenti che sorreggono, e che rischiarano l'antica storia; e perchè fu messo in non cale lo studio delle dotte lingue, la cui trascuranza fu senza meno cagione primaria di un così riprovevole mal vezzo.

Ben presto si accorsero gli avveduti che questo procedere a rovina strascina, togliendo alla storia la conoscenza delle fondamenta sue più solide e delle più solide sue basi; giacchè, come ben avvertiva l'erudito encomiatore del Mabillon (1), senza di essi vacilla la fede delle cose che narransi. E fatti avvertiti che le fatiche spese da tanti filologi, per mancanza di metodo e di permanente ordinamento erano in gran parte perdute, trovarono indispensabile coordinare, ed in maniera durevole sistemare, le diverse raccolte diplomatiche a somiglianza di ciò che praticasi presso gli altri popoli civili.

Ma siccome per questi studi una grande elevazione di mente non si ricerca, bensì costante assiduità si richiede, e cognizioni speciali e positive, grave stento e pazienza invitta, non riesce agevole per ordinario lo attirarvi gli uomini di alto ingegno, senza che a nojose ricerche volentieri consentano, ed a pesante soma di materiale lavoro con perseveranza si sobbarchino.

Pochi quindi vi si rivolsero, essendo mestieri d'altronde per venire in onoranza le discipline una volta neglette, che prima ricadano quelle che in atto fioriscono, e che la pubblica opinione le richiami dolcemente in istima; ciò ch'è senza dubbio delle lettere la consueta vicenda. Laonde limitaronsi i dotti fra noi a compiangerne l'abbandono, a desiderarne lo studio, a dire in somma, a consigliare altrui, com'è costume dei più; ma senza por mano all'opera, spingendosi arditamente innanzi con l'efficacissimo impulso dello esempio.

Nullostante per buona ventura qualche diplomatico lavoro venne a buon fine, il che ad individualità di circostanze fu dovuto, casuali non solo del tutto, ma dirò pure inaspettate.

Fu primo Luigi Garofalo ad occuparsi di un tabulario. Studioso egli della greca lingua e della latina, fornito del corredo di buoni studi, pregiato per le sue interessanti memorie intorno a Gorgia leontino lanciossi ardimentoso, senza averne prima valutato interamente la mole, nella difficile impresa di coordinare i preziosi diplomi della palatina cappella di Palermo e di pubblicarli (1).

Impulsato al sollecito compimento, non ebbe però l'accortezza di metter tempo in mezzo, sino a che si fosse avanzato

(1) Tabularium regiae ac imperialis capellae collegiatae divi Petri in regio panormitano palatio, Ferdinandi II regni utriusque Siciliae regis jussu editum ac

nelle cognizioni paleografiche delle quali scarseggiava, e in quelle della diplomatica in cui non era per nulla esercitato. Sicchè acciabattò un'opera che non gli accrebbe fama, e che non fu trovata commendevole (1). Impertanto fu grande il servizio da lui renduto alle lettere ed alla patria, anzi grandissimo; giacchè i documenti storici dei quali occupossi furono per lo di lui mezzo ben ordinati, e in maniera propria conservati, degli studi diplomatici si risvegliò alquanto l'ardore, e dalla stessa polemica ritrasse vanto la Sicilia, perchè nel sapere diplomatico apparve agli stranii sufficientemente versata.

E morto il Garofalo si spinse un tal sac. Nicolò Buscemi, del quale è pure a compiangere la perdita immatura, a pubblicare un' appendice (2), che servì ad accrescere se non servi a migliorare il troppo monco tabulario dell'erudito Garofalo, cui debbesi senza contrasto l'onore di aver alzato primo fra tutti il vessillo della scuola novella, che già sorgeva e progrediva fra noi.

Le parole di lode che il Garofalo prodigò nella sua opera ad un tal Giuseppe Caruso in fatto di lingua araba, che il lodatore sconosceva, illusero quest'ultimo al punto di credersi troppo presto capace a far mostra di sè come paleografo di arabico, e annunciossi non meno che correttore e continuatore della raccolta di diplomi arabi incominciata dal Gregorio e seguita dal Morso (3).

(1) Mortillaro, Opere, vol. 1, pag. 107 a 153.

(2) Appendix ad tabularium regiae ac imperialis capellae divi Petri in regio palatio panhormitano curis Nicolai Buscemi - Panormi, ex regia typographia MDCCCXXXIX in fol.

(3) Appendice all'opera del Mongitore - Bullae privilegia et instrumenta Eccl. Pan. nella Biblioteca sacra ossia Giornale letterario-scientifico-ecclesiastico per

Se non che severamente avvertito dei suoi grossolani errori e della sua precipitanza (1), non potè progredire più in là dei primi fogli, che rimasero come monumento d'inconsideratezza ed imperizia per quell'epoca.

Sull'esempio del Garofalo, il p. don Giovan Battista Tarallo benedettino coordinava il tabulario della cattedrale morrealese, prendendo occasione del gran numero di pergamene che dimenticate trovaronsi anzi sepolte. E il catalogo che ne dava in luce (2) fu novello alloro che colse, e del quale adornossi la fama dell'illustre autore, il quale speriamo che non tardi più oltre a pubblicare l'intero tabulario, che si assicura aver egli da più anni interamente compiuto.

Terzo ed importante tabulario fu quello, da me posto in assetto, della cattedrale di Palermo (3), di cui si ebbe una seconda edizione accresciuta di molti inediti documenti (4), cui fu fatto buon viso ed oltremare (5) ed oltremonti (6), avendo contribuito allo avanzamento della diplomatica universale (7). Per questo modo, senza tener conto di qualche importante

(1) Mortillaro, Opere, vol. 1, pag. 101 a 107.

(2) Elenco dei diplomi, bolle e pergamene del duomo di Monreale, compilato nel secolo XVI, e con annotazioni pubblicato dal p. don Giovan Battista Tarallo benedettino cassinese e canonico dello stesso duomo nel Giornale di scienze, lettere e

arti per la Sicilia, tom. 46, pag. 236 e seg.

(3) Catalogo ragionato dei diplomi esistenti nel tabulario della cattedrale di Palermo, ora coordinati per ordine del regal Governo da Vincenzo Mortillaro marchese di Villarena Palermo dalla stamperia Oretea, 1842 in-8.

(4) Mortillaro, Opere, vol. 1, pag. 155 a 490.

(5) V. il Lucifero, agosto 1843, n. 27, anno vi, pag. 217.

(6) V. Appendice all'Archivio storico italiano. n. 4, agosto 1843, pag. 76, FiL'Album di Roma, anno x1, 4 mag. 1844, pag. 79.

renze

(7) V. Historia diplomatica Friderici II etc. collegit J-L. A. Huillard-Bréholles auspiciis et sumptibus H. de Albertis de Luynes Parisiis excudebant Planfratus 1853, t. 1, pars prima, pag. 54, 118, 241.

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