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LETTERA III.

AL PROF. EMILIO DE TIPALDO

UNO STORICO CHIARIMENTO

Non è vera la replicata coronazione di Ruggeri I. Ed io nel seguire quanto aveva scritto il mio illustre maestro prof. Salvatore Morso errava con lui (1), che aveva errato perchè avea prestato intera fede a Fazello, a Ducange, a Rocco Pirro, a Troylo, al Troylo, al p. Tromby, e al Mongitore, i quali erano stati tratti in errore dalla cronica del certosino fra Maraldo; abbenchè eransi levati a contraddirli Camillo Pellegrino, Pagi, p. Amico e tant'altri.

Ruggeri si coronò nel natale del 1130, dietro la concessione dell'antipapa Anacleto II: la sua coronazione del 15 maggio 1129 è favola, come bene dimostra il p. Di Meo (2). Nei mesi anteriori al dicembre 1130 trovansi privilegi' da lui conceduti col semplice titolo di Duca a favore del monastero casinese, giusta la testimonianza di Pietro diacono continuatore della cronaca casinese di Leone di Ostia (3). Nel riportare siffatta testimonianza io stimo di renderla ben chiara con opportune dilucidazioni.

PRAETEREA ROGGERIUS DUX FECIT PRIVILEGIUM SANCTO BENEDICTO de IIS QUAE Obtulerunt Robbertus Dux et SicHELGAYTA UXOR ejus,

(1) Opere, vol. 3, pag. 271.

(2) Ann. crit. dipl. del regno di Napoli, tomo 9, ann. 1129, p. 350-378.

ROGGERIUS (il successore di Roberto Wiscardo, figliuolo di Sichalgayta, che per le brighe di costui tolse i ducati d'Italia a Boemondo figliuol primogenito della prima moglie del Wiscardo), ET GUILIELMUS FILII Questo Guglielmo è l'immediato antecessore di re Ruggieri, e come narra nel cap. 96 lo stesso Pietro Diacono cum jam fere sexdecim ducatum rexissel annos, mortuus est ann. 1127 atque in ipso omnis Robberti Guiscardi familia, quae ex ipso descenderat finita est, sane in occidente: in oriente etenim ducatu est in Boemundo ex succes

soribus principibus Antiochiae. Defuncto itaque Duce (Guilielmo) Roggerius haeres et filius quondam Roggerii Siciliae Comitis, fratris praedicti Robberti Guiscardi Ducis, Ducatum occupat; contra quem apostolicus (Honorius II) cum expeditione properat: demum facia concordia eidem confirmavit DUCATUM (non regnum) IN APULIA, CALABRIA, PRINCIPATU (cioè il principato capuano tolto dai Normanni ai Longobardi, e poi tolto a Roberto da Ruggeri re) SALERNO ET AMALFIA (Il principato di Salerno longobardo fu da Roberto Guiscardo unito al suo ducato di Puglia e di Calabria e Salerno fatta capitale di quei suoi stati) DE CONCESSIONIBUS PRINCIPUM ET BARONUM (Ruggeri confermò le concessioni fatte in addietro a Monte Casino dai suoi predecessori della stirpe del Guiscardo) ET ALIORUM FIDELIUM POENA LIBRARUM AURI TRECENTARUM APPOSITA ANNO DOMINI 1130 PER MANUM GUARNERII MAZARIENSIS DECANI (Questo uffiziale della cancellaria, che scrisse il privilegio in quistione nel 1130, fu il Decano della chiesa di Mazara).

Le monete dimostrano questa verità; e meglio la confermano. Dapoichè i ducati i quali furono battuti la prima volta nel 1140 portano segnato l'anno di regno. A siffatte monete latine coniate nel regno di Puglia aggiungonsi le monete cufiche battute in Sicilia nelle quali solo nell'anno 525 dell'Egira (che cominciò a 4 dicembre 1130) comparisce Ruggeri col titolo di re.

A conciliare però le assolute asserzioni di coloro (e non son pochi nè da sezzo), che pretesero essersi due volte coronato Ruggeri, ha molto giudiziosamente opinato il principe di San Giorgio (1) che a

(1) Monete cufiche battute da principi longobardi, normanni, e svevi nel regno delle due Sicilie

vrebbe potuto essere di fondamento, che Ruggeri avesse ricevuto nel 1129 il diadema ducale e nel 1130 la corona reale. E che ottenuta da papa Onorio Il l'investitura del ducato di Puglia nel 22 agosto 1128 Ruggeri si sia condotto in Sicilia, ove è probabile che abbia ricevuto il berretto ducale per mani di quattro arcivescovi. Coronato però Ruggeri al 1129 o al 1130 non fu possibile che sia stato riconosciuto col titolo di re dalla corte romana pria del 1139. Che anzi pria di quell'epoca scherniva s. Bennardo nelle sue lettere 127 129 e 140 inane regis nomen a Rogerio vindicatum, come ricorda il Pirri (1), e poscia nelle lettere 207 e 208 gratulatus est Rogerio de regio diademate (2), quando conciliatosi con papa Innocenzo II, fu emessa in data del 27 luglio 1139 la bolla di conferma (3).

(1) Chronologia, pag. xvi, col. 2, litt. c.
(2) Pirri, loc. cit., pag. xvII, col. 2, litt. A.
(3) v. Labbé, tom. 10, Concil. pag. 951,

LETTERA IV.

AL PROF. CAN. GIUSEPPE ALESSI

INTORNO

ALL'OPERA DEL SAC. LUIGI GIAMPALLARI

SUL DIRITTO ECCLESIASTICO SICULO

Voi mi chiedete ragguaglio dell'opera del sac. Luigi Giampallari sul Dritto ecclesiastico siculo: io ne ho letto assai rapidamente i quattro volumi in che si comprende, e li ho letti per la importanza del subbietto, e li ho letti di volo perchè non vi ho trovato solidità di sapere, ma superficialità ed errori.

Pria di tutto l'autore slega la disciplina ecclesiastica dal dritto ecclesiastico di Sicilia, e ne tratta separatamente; quandochè la disciplina è l'objetto proprio della scienza canonica, ed i canoni sono il principio e costitutivo e dimostrativo della disciplina. Ond'è che l'averle scompartite fa sì, che egli a brani ed a riprese presenti il diritto canonico. Non si prefigge poi l'autore che di illustrare il diritto ecclesiastico proprio della Sicilia; epperò avrebbe dovuto contentarsi di proporre e giustificare solo quei punti nei quali dal diritto comune il nostro dissomiglia o discorda. Ma invece contener non si

seppe entro i limiti che si prefisse, spaziando mai sempre senz' utile per lo vasto campo del diritto comune.

Tutta l'opera poi è piena di errori di cronologia e di storia. Genserico re dei Vandali è trasformato in re dei Goti, e da re barbaro e

persecutore dei Cattolici in principe saggio e moderato:

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unico fra gl'imperatori, chiamasi primo: S. Basilio è tramutato in S. Bonifazio; Pasquale II in Urbano II; Lucio III in Alessandro III; Filippo III di Spagna e II di Sicilia in Filippo V.

Si lasciò scappar l'autore che il Concilio tridentino distrusse tutte le esenzioni della potestà ordinaria. Insistevano i più zelanti pastori, perchè fossero abolite, essendo una piaga della disciplina della chiesa; ma il sacro Concilio unicamente le limitò e le circoscrisse. Trascura poi il Giampallari di mettere in chiaro alcuni capi di sovrana giurisdizione, com'è quello del ricorso al Principe contro gli stessi giudici ecclesiastici che abusano del loro potere avverso i canoni o avverso l'ordine giudiziario dai canoni statuito. Dapoichè il Principe è nel dovere di proteggere la verità e la giustizia, e di vendicare la prepotenza dei magistrati così ecclesiastici che secolari.

Alle sole chiese di regio patronato restringe l' A. il diritto che hanno i nostri sovrani di soggettare alle regie visite le chiese tutte del regno. Errore notabile in colui, che si dà l'aria di giureconsulto siculo; conciossiachè addossandosi un tal carattere deve conseguentemente sostenere il diritto regio. Tre sono come voi ben sapete i titoli sopra cui si appoggia il diritto delle regie visite: il principato, il patronato, e la legazione apostolica. Or il patronato, che per ordinario si acquista colla fondazione, ne' nostri monarchi abbraccia non meno che il principato, e la legazione apostolica, le chiese tutte della Sicilia; imperciocchè i Normanni tutta l'isola liberarono dal giogo dei Musulmani, e dapertutto il Cristianesimo e la soggezione ai dritti patriarcali della sede apostolica vi ristabilirono.

Con inconsiderata franchezza poi asserisce l'autore, che assai poco più di quello che ai privati patroni è conceduto, possono praticare in qualità di legati i nostri sovrani : proposizione falsa anzi risibile. Giacchè se la potestà che ad essi compete come principi, ed insieme patroni, non trascorre al di là del temporale, quella che loro è propria come legati essendo sacra e pontificia, il temporale insieme e lo spirituale comprende. Per lo che i regii visitatori assumono la dignità di prelati e di pastori; e le chiese, ed i monasteri, e le opere

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