Con l'una mano vëemente aggrappi, Con l'altra il berrettino si scontorca, Gridi, singhiozzi, ed a vicenda mandi Fuori or voce di toro, or di zanzara. Allora udrai far gli uditori tosse Universale; ognun si spurga e sputa, E forte applaude col polmone a questa Eloquenza di timpano e campana. Qual frutto poi ? pieni i sedili, pieni I borsellini che insolente canna Fa suonar negli orecchi agli ascoltanti. E l'alme? vote vanno al tempio, e fuori Escon piene di vento e di parole. O Padri santi, s' io voi leggo, tali Però non vi ritrovo. Al tuo somiglia Lor pensiero e lo stil. Saggia morale, Tratta fuor dalle viscere più interne Dell' uomo, e vera. Se Basilio sgrida L'usuraio o l' iroso, io veggo tosto L'avarizia dipinta, e gli artifizj,
Di cui si serve a trar frutto dell' oro Che a ragione portar frutto non puote. Fa dell'ira pittura ? eccoti innanzi Il furor dell' irato, il labbro gonfio, Le ginocchia tremanti, e mille effetti Che mostran la pazzia di chi s' adira. Ferma le prove sue con la parola Di Dio, ma non la trae con le tanaglie A quel che vuole; anzi ad un corpo nato Sembra il suo dir col favellar divino. Parla di Dio? nella sua lingua vedi Il verace Signor che il mondo tutto
Tiene in sua destra come gran di polve Ecco Dio, dico, è tale; e l'alma ho piena D'un sacro orror ch'è riverenza e speme; Questa è sacra eloquenza. Io tal la chieggo, Filippo, e grido: in te la trovo, e lodo, Te ancor, lodando della Chiesa i Padri.
Gli parla di sè medesimo.
Or chetaccion le scene, e per le strade Non urtando passeggia il popol cheto, Nè più zendado, nè cerata tela Coprono i visi, a te, Zeno, rivolge La mia Musa sue preci. In alto stato Nascesti, e tal, che puoi giovare altrui; Perciò benigno ad ascoltar t'avvezza Chiedenti lingue o seccatrici penne. Sai quel ch'io bramo,e non è d'uopo ad alma Gentile rinnovar domanda antica, Come uscir di memoria a lei potesse. Sol ti ricordo, che il miglior terreno Ch'io m'abbia al mondo,è un orïuol d'arena. Qual Virgilio, Crescenzi, od Alamanni Insegnarono mai che si traesse
Da un orïuol da sabbia entrate e beni? E pure è il ver. Quel che in Vicenza crebbe Alto al Vecchia palagio, e i fornimenti Di cui la casa sulla Brenta adorna; E gli argenti e le gioie, onde arricchisce La sua casa in Vinegia, e l'abbondanza, Onde accetta in suo albergo il Cordellina Fra lumi e giuochi, cavalieri, e dame,
Della polve fruttifera son beni D'un orïuolo usciti; ma diversi Sono i cultori. Io coltivar non seppi La rena mia con si maestra zappa; E spesso invano misurando quante Volte dal vetro, ch'è di sopra, scorre A quel di sotto la fugace arena, Scrivo,e frutto non traggo. È ver che quando Cominciai tal cultura, io non credea Ch'esser dovesse necessaria, e solo Per diporto dell'alma io la intrapresi, Qual chi coltiva giardinetto od orto. Esser così dovea, poich' io pur ebbi Non ignobile culla, e gli occhi apersi Con buon augurio di felice vita. Ma nella prima età, quando soggetto Appena al pedagogo, avea timore Del fischiar della sferza e del latino, Si rivolse fortuna. Aspri litigi, D'avvocati viluppi e di notaj, Furon nembo e tempesta alle ricolte De' paterni poderi. Alcuno accusa Il mio buon padre, che cavalli e cani Amò soverchiamente. Ah! non potea, Prima avvezzo nel ben, frenar poi tosto I suoi desiri, e non avea si forte Filosofico petto; ond' io lo scuso, Eil piango ancora, e il suo sepolcro onoro. Io di fervido cor, benchè di fuori Sembri di ghiaccio, i mali miei non vidi Allora, o non prezzai : parte mi rese Non curante lo studio, e appena in mente
Avea che l'uom di cibo abbia bisogno, Quando in mano tenca la penna o un libro. Crebbero gli anni, e mi condusse il tempo Gravi pensieri o pensier pazzi; mentre Non so se gravi o pensier pazzi sieno Quei ch' oltre il di presente, l' inquieto Cervel fanno volare a' di futuri. Per empier la dispensa e la cantina Veggo pensarvi ognun: dunque si pensi, Anch'io, mi grido. Oh fortunati i Zeni, Dico, a cui di Lampòl fertili campi Riempion mille botti, e più granai Fan di frumento e gran turchesco gravi! Che bel confronto! un orïuol da polve! Oh grassa dote che n'avran tre figlie! Pur giovarmi tu puoi: segui l'impresa Che si ben cominciasti, e fa ch'io vôlti Non senza frutto la mia poca rena. Felice te, che l'eloquente lingua Adoprar puoi senza pensier noiosi, E gli studj seguir! T'applaudiranno Gli accolti Padri; approverà tuoi detti Bossol che afferma, le città soggette Avran dai detti tuoi frutto ed onore.
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