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confermo che sonovi legati con un'obbligazione grandissima.

lo poi ho un'altra particolare ragione che mi move a mandarvi questa lettera ; poichè dovete sapere che a quel tempo, in cui feci il mio pellegrinaggio sulla terra, conobbi un altro pellegrino chiamato Francesco Marcolini, col quale fui un' anima e un corpo; perchè stando io confinato ad un tavolino tutto il dì e buona parte della notte ancora, scrivea i più gioviali capricci e le più sterminate fantasie che nascessero in cervello umano; e quell' uomo dabbene stampava ogni cosa mia e l'adornava con belle figure, tanto che i miei componimenti ebbero voga a que' dì, è tuttavia sono essi ricercati dalle persone curiose. Cotesto Marcolini con la sua cordialità verso di me m'ispirò tanta gratitudine in quel tempo, che non è ancora svanita, anzi mi si appiccò intorno per modo ch' io voglio bene perciò non solo a lui, ma a tutti gli stampatori e librai universalmente. Egli è però vero che voi siete oggidì una calca, un nuvolo, anzi un diluvio così grande ch'io non posso al largare la mia affezione intorno intorno sopra quanti siete, ma debbo ristringerla verso a que' pochi che procurano di usare nell' arte loro diligenza, fra i quali voi siete uno principalmente. Ma perchè un

affetto non si può meglio mostrare che col dar qualche utilità a cui si vuol bene, sappiate che non solo vi scrivo per mandarvi quattro ciance in forma di cirimonie, come si usa; ma per procacciarvi ancora qualche vantaggio, e udite come. Io so che voi avete conosciuto costà un nobile ingegno veronese, detto fra voi il sig. Filippo Rosa Morando, quegli che negli undici anni dell' età sua, con iniracolosa forza di acume, era pervenuto a scrivere versi italiani con isquisito sapore, e quegli che giunto all' anno poco più che ventiquattresimo dell' età sua benissimo educata, intendeva egregiamente ogni genere di poesie, e molte buone tragedie dettò, e finalmente mandò a voi appunto certe dichiarazioni sopra la Commedia di Dante, che avete stampate. Egli in somma, partitosi dal mondo poco tempo fa, giunse qui negli Elisj a tutte le più dotte e onorate anime caro. Quantunque però noi gli abbiamo fatto una molto amorevole accoglienza, non potemmo fare a meno di non dolerci per vostra cagione che il frutto di tante così bene spese vigilie e fatiche di questo giovane vi sia stato furato da morte così per tempo: avendo l'Italia grandissimo bisogno di chi tenga ritto cotesto benedetto timone delle buone lettere, le quali vanno percuotendo oggi in uno scoglio,

GOZZI

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domani in una secca, e poco possono stare a capitar male affatto e ad inabissarsi. Pervenuto egli dunque fra noi, e fatto un cenno di cortesia a tutti gli altri che qui sono, appiccò di subito una grande amicizia con Dante, il quale gli era molto piaciuto anche nel vostro monragionando come si fa con essolui ora di questa cosa e ora di quella, gli yenne detto che prima della partenza si andavano stampando fra voi certe lettere contro alla maniera del poetare di Dante, e che si dicea da Virgilio all'Acendemia degli Arcadi essere state mandate di qua.

do;

Il poeta fiorentino, che sempre è stato di sua natura dilicato, e piuttosto collerico che no, volea attaccarla di subito con Virgilio, non perchè egli avesse cen surata l'opera sua, ma perchè gli riusciva un'anima doppia, maltrattandolo in questa guisa, quando egli l'avea tanto nella sua Commedia onorato, chiamatolo suo Maestro, suo Autore, e colui da cui avea tolto il suo bello stile, e fattolo sua guida quasi per tutta quella finzione poetica; reputandolo piuttosto una deità che uomo. Il giovane moderato e onesto come un agnolo, lo temperava e gli dicea come parea a lui pure impossibile che a Virgilio dopo tanti anni fosse venuto il capriccio di far. il censore, e che pri

da Platone e da Longino, come dalle citazioni poste a lato si vede. Colui, dice dunque il chiosatore, che ha tanto polso e nervo di poesia ne' suoi componimenti che possa invogliare altrui ad imitarlo, veramente ebbe l'animo dalle sfere commosso; e il fuoco di quelle sparso per le sue invenzioni e nell'armonia de' suoi versi è patente, nè gli si potrà negare, quando altri intelletti riscalda e commove. Quando i poeti sono da vero furore sollevati, lasciano nelle opere da loro dettate, quasi certe funicelle con gli ami, che adescano altri intelletti anche nati molti anni e molti secoli dopo. Immortale sia Omero che nella sua Iliade e Odissea lasciò questa funicella che molti adesco, ma principalmente Virgilio; e immortale Virgilio che adescò Dante; e finalmente immortale quest'ultimo che parecchi adescò, e non oscuri imitatori, col suo stile e con le sue maravigliose invenzioni. E in margine si legge, vedi l' Ione di Platone, dove parla in qual modo il furore poetico passi dalla Musa al poeta, da questo al recitante, e dal recitante agli ascoltatori. Il passo di Longino vi è allegato disteso.

,, Questo valentuomo (Platone) ci mostra, se trascurati esser non vogliamo, oltre le già dette, esservi un'altra via la qual porta al sublime. E quale è questa? ·

L'imitazione e l'émulazione degli antichi e grandi storici e poeti; e questa, o amico, dobbiamo fortemente aver in mira. Perocchè molti dall' altrui divino spirito sono portati, appunto com'è fa ma della Pithia accostatasi al tripode, ov'è un' apertura di terra respirante, come dicono, vapor divino, la qual fatta pregna della divina virtù, manda fuori oracoli, secondo l'ispirazione: così dalla naturale altezza di spirito degli antichi nell' animo di coloro che gl' imitano, come da sagre grotte, certi effluvj si tramandano, da' quali inspirati anche quelli che non sono molto disposti ad esser dal furore febeo invasati, insieme con l'altrui grandezza l'entusiasmo concepiscono,,

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Così appunto stava io fantasticando solitario in una picciola selvetta, quando fra gli altri pensieri, mi siete venuto voi alla mente. Chi sa, diss' io, che questo caso non possa far qualche benefizio al nuovo stampatore di Dante? So che qui nascerà qualche bisbiglio, sia stato o non sia stato Virgilio lo scrittore di queste lettere. Ne verranno fuori diverse scritture... Ma che occorre ch'io vi dica tutti i miei pensieri? Vi basti, sig. Zatta ca rissimo, che quanto si dirà in questo proposito di qua, ve lo manderò, voi lo raccoglierete e ne farete un libro; facendovi fare qua e colà qualche annotazione, se

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