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Quest' anima pittoresca non solo gli fa> cea comprendere le cose quasi vive ed in corpo, e con quelle attitudini che si converrebbero in una tela e in un quadro; ma gliele facea anche vestire con espressioni, che non agli orecchi suonano solamente, ma con gli occhi le vedi e le senti col fatto; onde quasi ogni suo pensiero più astratto, sottile, nuovo, o comunque si voglia, lo veste, per così dire, con un corpo visibile e palpabile: Così parlar conviensi al vostro ingegno, Perocchè solo da sensato apprende Ciò che fa poscia l'intelletto degno. Per questo la Scrittura condescende A vostra facultate, e piedi e mano Attribuisce a Dio, ed altro intende.

Par. Cant. IV, v. 40.

Fra mille esempj, ch'io vi potrei di ciò addurre, tolti dalle altre opere sue, un solo mi piace di qui riferirvene, perchè si vegga com' egli questa sua massima usasse di dare a tutte le cose corpo, e metterle sotto a' sensi come pittura. Volendo egli dunque significare più nobile esser colui che dà principio alla sua nobiltà, di un altro, il quale dopo cotal principio nascendo, esce dal cammino de' suoi maggiori; egli vi dipinge un paese, il verno, la neve, stretti sentieruzzi, uomini che camminano, udite con quanta proprietà, con quanta imi

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tazione di natura, con qual colorito. ,, Conv. c. 186. Una pianura è con certi sentieri, campo con siepi, con fossati, con pietre, con legname, con tutti quasi impedimenti, fuori de' suoi stretti sentieri. Nevato è, sicchè tutto copre la neve, e rende una figura in ogni parte, sicchè di alcuno sentiero vestigio non si vede. Viene alcuno dall' una parte della campagna, e vuole andare à una magione ch'è dall' altra parte; e per sua industria, cioè per accorgimento e bontà d'ingegno, solo da se guidato per lo diritto cammino si va là dove intende, lasciando le vestigie de' suoi passi dietro da sè. Viene un altro appresso a costui, e vuole a questa magione andare; e non gli è mestiere se non seguire le vestigie lasciate; e per suo difetto il cammino, che altri senza scorta ha saputo tenere, questo scorto, erra e tortisce per li pruni e per le rovine, e alla parte dove dee non va. Quale di costoro si dee dire valente? Rispondo: quello che andò dinanzi. Quest'altro come si chiamerà? vilissimo

Si può egli dipingere un paesello con maggior evidenza, con accuratezza maggiore? e nella fine da tutta questa pittura come chiaramente vedete voi il pensiero? Oh non sarebbe egli stato un gran male che un intelletto pieno di così

nobili pensieri, e così atto a dipingere

con le parole, non avesse poi scritto un poema

?

Ma ventura volle ch'egli lo scrivesse. E questo animo così sublime e pittoresco si riempiesse anche di tutte le belle arti e dottrine, studiasse filosofi, teologi e ogni scienza; di e notte avesse le sagre carte alle mani, si facesse suo amore i Profeti, l'Apocalissi, e la tua Eneide, o Virgilio. Dopo le quali fatiche e vigilie che lo fecero, come dic' egli, per molti anni macro, perchè nel suo poema doveano metter mano e cielo e terra, cioè tutte le scienze divine e umane, studiò un lungo tempo a meditare com' egli dovesse tessere la sua tela; siccome si può giudicare dal comento dell' ultimo Sonetto che nella sua Vita Nuova si legge, dove lasciò scritto: Appresso a questo Sonetto apparve a me una mirabil visione, nella quale io vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta insino a tanto ch' io non potessi più degnamente trattare di lei; e di venire a ciò studio quanto posso, siccome ella sa veracemente. Sicchè se piacere sarà di colui, a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni per. severi, spero di dire di lei quello che non fu mai detto di alcuna. „

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Tale dunque e così sublime fu l'ani

mo di Dante e così espressivo; come ho procurato in breve di mostrarvi e lungo tempo meditò l'opera sua. Ora è tempo che vediamo se, meditando, egli sapesse valersi delle sue ottime qualità almeno per condurla con quell' arte che dal Censore negata gli viene.

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Non si può dare, dico io, più regolata invenzione, se la guardiamo come filosofica e come poetica. Come filosofica, udite qual fosse la sua intenzione, ch' io vi dico l'intenzione sua propria da lui palesata nel terzo libro della Monarchia a c. 92, 93. Fra tutte le altre essenze, l'uomo solo è un certo che di mezzo fra le corruttibili e le incorruttibili; per la qual cosa l'hanno giustamente i filosofi all'orizzonte rassomigliato, che di due emisferj è nel mezzo. Imperocchè se noi vogliamo considerare l'uomo secondo le due parti essenziali che lo compongono, anima e corpo, egli è corruttibile; ma se lo consideri secondo una sola, ch'è l'anima, allora egli è incorruttibile. Se dunque l'uomo è un certo che di mezzo fra le corruttibili e le non corruttibili cose, di necessità ne viene ch'esso abbia dell'una e dell' altra natura. Ed essendo ogni natura a qualche ultimo fine stabilita, ne segue che per due fini sia l'uomo, il quale siccome solo fra tutte le cose è partecipe di corruttibilità e d'incor

GOZZI

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ruttibilità, cosi sia fra tutte le cose solo a due fini ordinato; l'uno de' quali sia suo fine come corruttibile, e l'altro come incorruttibile. Due fini dunque l'ineffabile Sapienza propose all' uomo a' quali dovesse indirizzarsi; cioè ad una felicità in questa vita, la quale consiste nell'operazione di sua propria virtù, e nel terrestre Paradiso è figurata (notate bene, signori, che nel terrestre Paradiso è figurata cioè in uno stato d'innocenza, e di libero arbitrio non aggravato dalle colpe ), l'altro fine è la beatitudine eterna, che consiste nella fruizione dell' aspetto divino; alla quale non si può salire per propria virtù, se da lume divino non è ajutata, e questa viene dall' intendere che cosa sia il Paradiso celeste. A sì fatte beatitudini dunque si dee andare, come a diverse conclusioni si va per mezzi diversi. Imperocchè alla prima si perviene per via di filosofici documenti, quando però si seguano con opere che sieno secondo le morali e intellettuali virtù. Alla seconda beatitudine, a cui umano conoscimento non potrebbe condurci, si perviene col mezzo di documenti spirituali, purché questi si seguano, secondo le virtù teologali, Fede, Speranza e Carità, e segue essersi così fatti fini e mezzi dimostrati, i primi dall'umava

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