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Nella feconda narro, là ove Amore m'avea pofto, con altro intendimento, che le eftreme parti del Sonetto non moftrano; e dico ciò, che io ho perduto. La feconda parte comincia: Amor, non già. Appreffo 'l partire di quefta gentil donna, fu piacere del Signore degli Angeli, di chiamare alla fua gloria una donna giovane, di gentile aspetto molto, la qual fu affai graziofa in quefta fopraddetta Città; lo cui corpo io vidi giacere fanza anima, in mezzo di molte donne, le quali piangeano affai pietofamente. Allora, ricordandomi, che già l'avea veduta far compagnia a quella gentiliffima, non potei foftenere alquante lacrime; anzi piangendo, mi propuofi di dire alquante parole nella fua morte, in guidardone di ciò, che alcuna fiata l'avea veduta colla mia donna; e di ciò toccai alcuna cofa nell'ultima parte, delle parole, che io ne diffi, ficcome appare manifeftamente, a chi le'ntende: e diffi allora quefti due Sonetti, de' quali comincia il primo : Piangete, amanti. E'l fecondo: Morte villana.

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Piangete, amanti, poichè piange Amore,
Udendo qual cagion lui fa plorare;
Amor fente a pietà donne chiamare,
Moftrando amaro duol per gli occhi fore.

Perchè villana morte in gentil core.

Ha meffo il fuo crudele adoperare, Guaftando ciò, chal mondo è da lodare In gentil donna foura dello onore. Udite, quanta amor le fece orranza ;

I

Chi vidi lamentare in forma vera
Sovra la morta immagine avvenente ;

I foura dello onore, al fuora dell' onore.

E poi

mio nafcondere; propuofi adunque di fare alcuna lamentanza, in un Sonetto, in un Sonetto, lo quale io fcriverò, perciocchè la mia donna fu immediata cagione di certe parole, che nel Sonetto fono, ficcome appare a chi lo 'ntende; ed allora diffi quefto Sonetto:

O voi, che per la via d'Amor passate
Attendete, e guardate,

S'egli è dolore alcun, quanto'l mio grave':
E priego fol, ch'a udir mi Joffriate;
E poi immaginate,

S'io fon d'ogni dolore eftello, e chiave.
Amor, non già per mia poca bontate,
Ma per fua nobiltate,

Mi pofe in vita si dolce, e foarve;
Ch'i mi fentia dir dietro fpeffe fiate:
Dio! per qual dignitate

Cost leggiadro questi lo cor ave?
Ora bo perduta tutta mia baldanza,
Che fi movea d'amorofo teforo;
Ond' io pover dimoro

In guifa, che di dir mi vien dottanga s
Sicchè, volendo far come coloro,

Che per vergogna celan lor mancanza z
Di fuor moftro allegranza:

E dentro dallo cor mi ftruggo, e ploro.

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Questo Sonetto ha due parti principali; che nella prima intendo di chiamare gli fedeli d'Amore per quelle parole di Jeremia Profeta: Ovos omnes, qui tranfitis per viam, attendite, videte fi eft dolor ficut dolor meus; e pregare, che mi fofferino d'udire. Nel

1 Dio al, deh! dallo antico per Deo.

Nella feconda narro, là ove Amore m'avea pofto, con altro intendimento, che le eftreme parti del Sonetto non mostrano; e dico ciò, che io ho perduto. La feconda parte comincia: Amor, non già. Appreffo'l partire di quefta gentil donna, fu piacere del Signore degli Angeli, di chiamare alla fua gloria una donna giovane, di gentile aspetto molto, la qual fu affai graziofa in quefta fopraddetta Città; lo cui corpo io vidi giacere fanza anima, in mezzo di molte donne, le quali piangeano affai pietofamente. Allora, ricordandomi, che già l'avea veduta far compagnia a quella gentiliffima, non potei foftenere alquante lacrime; anzi piangendo, mi propuofi di dire alquante parole nella fua morte, in guidardone di ciò, che alcuna fiata l'avea veduta colla mia donna; e di ciò toccai alcuna cofa nell' ultima parte, delle parole, che io ne diffi, ficcome appare manifeftamente, a chi le 'ntende: e diffi allora quefti due Sonetti, de' quali comincia il primo : Piangete, amanti. Elfecondo: Morte villana.

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Piangete, amanti, poichè piange Amore,
Udendo qual cagion lui fa plorare;
Amor fente a pietà donne chiamare,
Moftrando amaro duol per gli occhi fore.

Perchè villana morte in gentil core.

I

Ha messo il fuo crudele adoperare, Guaftando ciò, ek al mondo è da bodare In gentil donna foura dello onore. Udite, quanta amor le fece orranza; Chil vidi lamentare in forma vera Sovra la morta immagine avvenente ;

I foura dello onore, al fuera dell'onore.

E poi

E poi riguarda in ver lo Ciel fovente,
Ove l'alma gentil già locata era,

Che donna fu di sì gaja fembianza.

Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima chiamo, e follecito i fedeli d'Amore a piangere: e dico, che 'l Signore loro piange: e dico udendo la cagione, perchè piange, acciocchè s'acconcino più ad afcoltarmi. Nella feconda narro la cagione. Nella terza parlo d'alcuno onore, che amor fece a questa donna. La feconda parte comincia: Amor fente. La terza: Udite, quanta.

• Morte villana, e di pietà nimica,
Di dolor madre antica,

Giudicio incontaftabile, gravofo,
Poich' hai data materia al cor dogliofo,
Ond' io vado penfofo ;

Di te biafmar la lingua s'affatica :
E fe di grazia ti vuoi far mendica,
3 Convienfi, che io dica

.

Lo tuo fallir, d'ogni torto tortofo
Non perchè alla gente fia nafcofo;
Ma per farne crucciofo

;

Chi d'Amor per innanzi si nutrica.

Dal fecolo bai partita cortefia,

E ciò che 'n donna è da pregiar virtute:

In gaja gioventute

Diftrutta hai l'amorofa leggiadria,

1 E poi riguarda. al. E riguardava. 2 Morte villana e di pietà nimica. *Nota che questa Canzonetta poco fopra chiama So

Più

netto. Vedi il Redi nell'Annotazioni al Ditirambo Gl'Inglefi tutte le Canzoni chiamano Songs, cioè Suoni. 3 Convienfi che io dica. al. convenefi che io dica.

Più non vo' difcovrir, qual donna fia,
Che per le proprietà fue conofciute:
Chi non merta falute,

Non fperi mai aver fua compagnia.

Quefto Sonetto fi divide in quattro parti. Nella prima parte chiamo la Morte per certi fuoi nomi proprj. Nella feconda, parlando di lei, dico la cagione, perchè io mi muovo a biafimarla. Nella ter za la vitupero. Nella quarta mi volgo a parlare ad infinita perfona, avvegnachè, quanto al mio intendimento fia diffinita. La feconda parte comincia: Poich' hai data. La terza: E fe di grazia. La quarta: Chi non merta falute.

Appreffo la morte di quefta donna alquanti dì, avvenne cofa, per la quale mi convenne partire della fopraddetta Città, e andare verfo quelle parti, dov' era la gentil donna, la quale era ftata mia difefa; avvegnachè non tanto foffe lontano il termine del mio andare, quant' ell' era: e tuttochè io foffi alla compagnia di molti, quanto alla vifta, ľ andare mi difpiacea; ficchè quafi li fofpiri non potevano disfogar l'angofcia, che'l cuor fentiva, perocchè io mi dilungava dalla mia beatitudine. Eperò il dolciffimo Signore, il quale mi fignoreggia, per virtù della gentiliffima donna, nella mia immaginazione apparve come pellegrino, leggiermente veftito, e di vili drappi. Egli mi pareva sbigottito, eguardava la terra, falvo, che tal'otta gli fuoi occhi mi parea, che fi volgeffero ad un fiume bello, e corrente, e chiariffimo, il qual fen gía lungo queTom. II.

1

B

fto

1 Infinita. idest non dif- Guicciardini: a indiffinita finita. indeterminata. MS. perfona.

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