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CAPITOLO I

CARATTERE DEL PETRARCA

Lo scrivere oggi intorno a Francesco Petrarca è reso difficile assai, non solo dalle molte opere di lui, ma ancora dalle moltissime, e forse troppe, che intorno a lui furono scritte, e delle quali si potrebbe comporre una biblioteca di molte migliaia di volumi. Da Filippo Villani, da Coluccio Salutati, dal Vergerio, dallo Squarciafico, dal Vellutello, dal Tommasini, dal De Sade, fino ai moderni, e ai modernissimi, fino al Foscolo, al Macaulay, al Quinet, al Voigt, al Mezières, al De Sanctis, al Geiger, all' Hortis, al Fracassetti, al Koerting, a cento altri, più o meno illustri, più o meno dotti, più o meno acuti scrittori, noi possediamo una congerie immensa di scritti, in alcuni dei quali c'è molto ingegno, in altri molta dottrina, in altri molta sottigliezza; in alcuni ancora molte ripetizioni, molte volgarità, molte insulsaggini. Che cosa dovremo far

BARTOLI.

-St. della Letterat. Ital.

Vol. VII.

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noi di questi scrittori? Tenerné conto, ma come di un sussidio affatto secondario. Lo studio nostro primo e principale dovrà essere quello di cercare il Petrarca nel Petrarca stesso; di andare a spiarne, a indagarne, a sorprenderne le qualità morali e le intellettuali nelle sue opere. Noi non vogliamo proporci di trovare, nè un uomo. grande, nè un uomo piccolo; nè un uomo buono, nè un uomo cattivo, nè un genio, nè un poeta mediocre. Noi non ci proponiamo nulla, perchè aspettiamo tutto da lui; da lui che ci dica quello che fu, e quello che fece; noi non vogliamo fabbricarci un idolo, ma ricavare una persona viva, dalle carte in gran parte tarlate dei suoi volumi in-folio. Questo lavoro di ricostruzione di un uomo, di un carattere, di un animo, di una mente; questo quasi rendere ad uno scheletro la carne, i nervi, i muscoli, e dirgli: cammina davanti a me, che io ti vegga e ti giudichi; questo è lavoro delicato e difficile. Perchè non basta giudicarlo da quello che apparirà; ma bisognerà anche giudicarlo tentando per quanto sarà possibile di spogliarci noi delle nostre idee, ricercando insieme a lui, nel suo sepolcro, le idee del suo tempo. A questa sola condizione è possibile intendere la storia, dove tutto è relativo. Noi non possediamo nè una morale nè un' estetica assoluta. Per i seguaci dei vecchi sistemi la cosa era presto fatta: questo è il tipo, paragonate e traete le conseguenze. Ma per noi i tipi

son morti, per noi l'assoluto non è che una parola; per noi tutto è relativo; quindi l'opera nostra è ben più difficile, e richiede che ci immedesimiamo ai tempi di cui dobbiamo parlare; richiede che quello spirito, quell' alito di vita noi lo risentiamo quasi in noi stessi; che ci tramutiamo per un momento in uomini d' altri secoli; che ci spogliamo di noi medesimi, per rivestirci d'altrui.

Io non scriverò la biografia del Petrarca. La vita di lui è troppo diversa da quella di Dante: è là, quasi tutta, chiara nelle sue Epistole e nelle sue opere. Quindi essa ci verrà fatta nello svolgersi del nostro studio. Qui io entro subito in medias res, e comincio dallo studiare il carattere del Petrarca.

E prima di tutto, non potremmo noi studiarci di rivederlo, quale egli era, nella sua giovinezza, questo poeta delle grazie e dell' amore? Noi tutti, pur troppo, ci siamo abituati a figurarcelo quale è in quei brutti ritratti che non adornano, ma deturpano le mille edizioni del suo Canzoniere: colla tradizionale corona d'alloro, colla faccia canonicale: un insieme antipatico ed antiestetico. Può essere che il Petrarca fosse tale nella sua età matura; ma tale non era certo nella sua giovinezza: quando destro ed agile, non bello

1 A proposito di ciò, vedi Notizie sopra due piccoli ritratti in bassorilievo rappresentanti il Petrarca e Madonna Laura, che esistono in casa Peruzzi in Firenze; Parigi, Dondey-Dupré, 1821.

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(come egli stesso dice) ma piacente, di un bel colore tra il bianco ed il bruno, d'occhi vivaci, 1 profumato, elegante nelle vesti che cambiava mattina e sera, colla chioma lungamente e studiosamente acconciata, 3 lindo e azzimato, cercava la compagnia delle vaghe donne senza le quali non poteva vivere, si dilettava della musica 5 e dei conviti, era insomma un giovane elegante, già ammirato, già cercato per le vie, per le piazze, per le sale di Avignone. 7 Avvertiamo, che questo ritratto di sè stesso, ce lo ha lasciato egli medesimo, e una parte di tale ritratto, in una lettera che egli in età di più di settant'anni dirigeva alla posterità, ad posteros, per narrare ad essi i casi della propria vita.

Scrivere ai posteri non sarebbe per avventura un sintomo di orgoglio? E se anche fosse, dovremmo noi muoverne rimprovero al Petrarca? Noi possiamo ben ritenere che egli avesse la coscienza della sua grandezza; e in un uomo veramente grande, ciò è giusto, è necessario, è bello, perchè quella coscienza stessa fa parte dell' esser suo, della potenza del suo spirito, della influenza

1 Epistolae de Rebus Senilibus, XII, 1, Obtulisti mihi; Epistola

ad Posteros; Epist. de Rebus Familiaribus, xxi, 13.

2 Epist. de Reb. Fam., x, 3.

3 Ivi.

4 Epist. de Reb. Fam., x, 5.

5 Epist. de Reb. Sen., XI, 5; de Reb. Fam., XIII, 8; Epist., Poet. v, 1. 6 Epist. de Reb. Fam., x, 3.

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