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Rotti fur quivi, e volti negli amari
Passi di fuga, e veggendo la caccia
Letizia presi ad ogni altra dispari,
Quand' Annibal co' suoi diede le spalle.

(Petrarca, Tr. Castità, 103;

Dieder volta. (Ariosto, xv. 181).
Pien di spavento Nel porta un carro.
Digli che non mucci. (non se la batta)

Purg. x. 118.
Inf. xxxi. 117.
Ariosto, 1. 10.)

Canz. III. 2.

Purg. XII. 47. Inf. xxiv. 127.

A fuggirsi Ale sembiaron le lor gambe snelle. Inf. xvi. 86.

Si dileguò, come da corda cocca.

E fuggio, come tuon che si dilegua, Se subito la nuvola scoscende.

In rotta si fuggiro.

Ahi come facén lor levar le berze!

Inf. xvii. 86.

Purg. xiv. 134.

Purg. XII. 58.

Inf. xvii. 37.

Si non furo accorte Le gambe tue... (veloci) Inf. xii. 120.

E come i vanni

Nati gli sian, rivola alla sua gente.

E si ratto ne va per quelle fronde,
Che saria tardo a seguitarlo il vento.
E bisogno al fuggire eran le piume,
Le piante a levarsi ebbero pronte.
Fuggendo andò senza mai volger fronte.
Chi lungo 'l mar, chi verso 'l monte sgombra.

Ariosto, x. 19.

XII. 7.

XVII. 31.

XVIII. 5.

XVIII. 5.

XVII. 56; XXXVI. 102.

xx. 88.

XXIII, 88.

Si nel cor della gente il timor preme,

Che per disio di fuga si trabocca,

Con ruinoso corso si trabocca,

Di qua di là, di su di giù smarrita (Inf. v. 43,)

Surge la turba, e di fuggir procaccia:

Son più di mille a un tempo ad ogni uscita;
Cascano a monti, e l'una l'altra impaccia.

Chi scese al mare, e chi poggiò su al monte,
E chi tra i boschi ad occultar si yenne:

Alcuna, senza mai volger la fronte,

Fuggir per dieci dì non si ritenne,

Fuggono i Franchi allora a freno sciolto.

Fulmine.

XX. 90.

XX. 94. Tasso, ix. 24.

Fuoco di spessa nube, quando piove (Tasso, 111. 16.)
Da quel confine che più è remoto.

Come fuoco di nube si disserra,
Per dilatarsi sì che non vi cape,
E fuor di sua natura in giù s'atterra.
Sarebbe fronda che tuono scoscende.
Folgore parve, quando l'aer fende.
Ma folgore, fuggendo il proprio sito,
Non corse come tu ch'ad esso riedi.
La folgore acuta

Onde l'ultimo dì percosso fui.

Fitto dal telo Celestial.

Altissimo fragore. (del fulmine)

Chi vide mai dal ciel cadere il foco

Che con sì orrendo suon Giove disserra.

Il folgore non cade

In basso pian ma sull'eecelse cime.

Purg. XXXII. 109.

Par. XXIII. 40.

Par. XXI. 12.

Purg. xiv. 131.

Par. 1. 92.

Inf. XIV. 53.

Purg. XII. 29.

Ariosto, 1. 64.

IX. 78.

Tasso, VII.

(Feriuntque summos Fulmina montes. Orazio, n. 10.)

Fumo.

Il fummo è più acerbo. (denso)

...

L'inferno mi nascose il colore. (mi affumicò)
Ed ecco a poco a poco un fumo farsi
Verso di noi, come la notte, oscuro,..
Questo ne tolse gli occhi e l'aer puro.
Non fece al viso mio sì grosso velo,
Come quel fumo ch'ivi ci coperse,
Nè a sentir di così aspro pelo ;

Inf. ix. 75.

Purg. 1.123.

Purg. xv. 142.

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Pel monte che 'l Metauro o il Gauno fende. Ar. XLIII. 149.

Fuoco.

Piovean di fuoco dilatate falde, (Tasso, x. 61.)

Come di neve in alpe senza vento... (Pet. Tr. Morte, 1.167.)

Tale scendeva l'eternale ardore,

Onde l'arena s'accendea, com'esca
Sotto il focile, a doppiar lo dolore.

Poscia che 'l fuoco alquanto ebbe rugghiato

Al modo suo, l'aguta punta mosse
Di qua, di là.......

Poi come il fuoco movesi in altura,

Per la sua forma, ch'è nata a salire.

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Come la madre ch'al romore è desta,

E vede presso a sè le fiamme accese,

Inf. xiv. 37.

Inf. xxvII. 58.

Purg. xviii. 28.

Che prende il figlio e fugge, e non s'arresta, Avendo più di lui che di sè cura,

Tanto che solo una camicia vesta.

Come talor si getta e si periglia E da finestra e da sublime loco L'esterrefatta subito famiglia,

(bellissimo verso di terrore e di affrettamento )

Che vede appresso e d'ogn' intorno il fuoco,

Che, mentre le tenea gravi le ciglia

Inf. xxIII. 38.

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La donna di Dordona,

Che lo tenea di se medesmo in bando.

Così diss' egli: Io, che divisa e sevra

E lungi era da me, non posi mente.

Ariosto, XII. 20.

v. 26.

(Divisa da me, sevra da me, lungi da me vogliono tutti la stessa cosa, ma accumulati, per figura di congerie, tutti in un gruppo, crescono mirabilmente forza al concetto. Monti.)

Furore.

lo mi difesi con piedi e con mano, Et adoprávi sin all'ugne e il morso: Pelágli il mento, e gli graffiai la pelle,

Furie.

Ove in un punto furon dritte ratto
Tre furie infernal di sangue tinte,
Che membra femminili avieno ed atto;

E con idre verdissime eran cinte:
Serpentelli e ceraste avean per crine,
Onde le fiere tempie erano avvinte.

E quei, che ben conobbe le meschine
Della regina dell'eterno pianto,
Guarda, mi disse, le feroci Erine.

Questa è Megera dal sinistro canto:
Quella, che piange dal destro, è Aletto:
Tesifone è nel mezzo: e tacque a tanto.

Coll' unghie si fendea ciascuna il petto;
Batteansi a palme, e gridavan sì alto,
Ch'i' mi strinsi al Poeta per sospetto.

Cotali uscir della tartarea porta
Sogliono, e sottosopra il mondo porre
Le ministre di Pluto empie sorelle,
Lor ceraste scotendo e lor facelle.

Futuro.

Che del futuro mi squarciò il velame.
Quel che 'l tempo seco adduce.
Tempo futuro m'è già nel cospetto,
Cui non sarà quest'ora molto antica.
Temo di perder vita tra coloro
Che questo tempo chiameranno antico.

Inf. ix. 37.

Tasso, XI. 66.

Inf. xxxIII. 27.

Inf. x. 98.

Purg. XXIII. 98.

Par. xvII. 119.

Ma ch'io scopra il futuro, e ch'io dispieghi

Dell'occulto destin gli eterni annali.

Tusso, x. 20.

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(Il quale pareva diventato una cicogna. Boc. Gior. 11. nov. 2. cioè, batteva i denti per freddo, così forte, che pareva una cicogna, quando battono la parte di sotto del becco con quella di sopra. - Quasi cicogna divenuto, si forte batteva i denti. Gior, vII. n. 7. )

Poscia vid' io mille visi cagnazzi Fatti per freddo: onde mi vien ribrezzo, E verrà sempre, de' gelati guazzi.

Ed io tremava nell'eterno rezzo. Non ti basta sonar con le mascelle, Se tu non latri.

(È il virgiliano: Increpuit malis. xn. 755.) Ed avvegna che, sì come d'un callo, Per la freddura ciascun sentimento Cessato avesse del mio viso stallo.

Inf. xxxii. 70.

Inf. xxxii. 75.

Inf. xxxu. 107.

Inf. xxx. 100.

Ghiaccia. Inf. xxxiii. 117 ; xxxii. 35; xxxiv. 29 - Gelata. Inf. xxxш. 91 - Ghiacciato. XXX. 125 - Fredda crosta. Inf. XXXIII. 109.

Fretta V. Caminare in fretta (pag. 145.)

Frode.

Ecco la fiera con la coda aguzza,

Che passa i monti, e rompe mura ed armi;
Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza.

E quella sozza imagine di froda,

Sen venne,

...

La faccia sua era faccia d'uom giusto;
Tanto benigna avea di fuor la pelle;
E d'un serpente tutto l'altro fusto.

Duo branche avea pilose infin l'ascelle:
Lo dosso e 'l petto ed ambedue le coste
Dipinte avea di nodi e di rotelle...

Nel vano tutta sua coda guizzava, Torcendo in su la venenosa forca

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