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Conobbi il tremolar della marina.

Nell'ora credo, che dell'oriente Prima raggiò nel monte Citerea,

Purg. 1. 115.

Che di fuoco d'amor par sempre ardente. Purg. xxvii. 94.
Dolce color d'oriental zaffiro,

Che s'accoglieva nel sereno aspetto
Dell'aer puro infino al primo giro,

Agli occhi miei ricominciò diletto,...
Lo bel pianeta che ad amar conforta,
Facea tutto rider l'oriente,
Velando i pesci ch'erano in sua scorta.

(I pesci guizzan su per l'orizzonte. Inf. xI. 113.)
La concubina di Titone antico

Già s'imbiancava al balzo d'oriente,

Fuor delle braccia del suo dolce amico:

Purg. 1. 13.

(Poetica e incomparabilmente vaga figura. Ranalli- Virg. Æn. iv. 584.)
Di gemme la sua fronte era lucente,

Poste in figura del freddo animale,
Che con la coda percuote la gente:

E la notte de' passi, con che sale,
Fatti avea duo nel loco ov' eravamo,
E il terzo già chinava in giuso l'ale;...
Nell'ora che comincia i tristi lai
La rondinella presso alla mattina,
Forse a memoria de' suoi primi guai,

E che la mente nostra pellegrina

Più dalla carne, e men da' pensier presa,

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(Qui vedi con proprietá distinta l'alba, ed il primo imbiancarsi del

l'aurora che si fa vermiglia e poi gialla.)

In su 'l presso del mattino.
Forse semila miglia di lontano

Ci ferve l'ora sesta, e questo mondo
China già l'ombra quasi al letto piano,
Quando il mezzo del cielo a noi profondo

Comincia a farsi tal, che alcuna stella

Purg. II, 13.

Perde il parere infino a questo fondo;
E come vien la chiarissima ancella
Del Sol più oltre, così il ciel si chiude
Di vista in vista infino alla più bella.

Par. xxx. 1.

(Manca un'ora circa al nascer del sole. - Leggiadra imagine per significare lo sparire delle stelle di mano in mano chiamate viste o vedute perchè sono come gli occhi del cielo.)

E la notte che opposita a lui (al sole) cerchia, Uscia di Gange fuor colle bilance,

Che le caggion di man quando soverchia;

Sì che le bianche e le vermiglie guance,
Là dov'io era, della bella Aurora,
Per troppa etate divenivan rance.

Purg. 11. 4.

(Questi sono i tre aspetti in che l'Aurora suole appresentarsi: ed il Caro nella sua lettera a Taddeo Zuccaro, additandogli il come avesse a dipingere l'Aurora, gli rammenta ch'essa ha come tre stati e tre colori distinti, così ha tre nomi alba vermiglia e rancia. L'Aurora già di vermiglia cominciava, appressandosi il sole, a divenir rancia. Boccaccio, Gior. II. n. 1.)

Io vidi già nel cominciar del giorno La parte oriental tutta rosata,

(pregna dei vapori sollevatisi dalla rugiada) E l'altro ciel di bel sereno adorno,

E la faccia del Sol nascere ombrata, Sì che per temperanza di vapori L'occhio lo sostenea lunga fiata.

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La parte oriental dell'orizzonte
Soverchia quella dove il Sol declina.

Gia fiammeggiava l'amorosa stella
Per l'oriente, e l'altra, che Giunone
Suol far gelosa, nel settentrione
Rotava i raggi suoi lucente e bella.

Levata era a filar la vecchierella,

Discinta e scalza, e desto avea 'l carbone.

Purg. xxx. 22.

Par. XXXI. 118.

Quand' io veggio dal ciel scender l'Aurora

Con la fronte di rose e co' crin d'oro.

La fanciulla di Titone

Son. 20.

Son. 23. p. 2.

Correa gelata al suo antico soggiorno. Trionfo Amore, 1. 5.

La notte Spargea per l'aere il dolce estivo gelo,
Che con la bianca amica di Titone
Suol de' sogni confusi torre il velo.

Vedi l'Aurora dell'aurato letto
Rimenar a' mortali il giorno; e 'l sole
Già fuor dell'Oceano infino al petto.

Trionfo Morte, u. 1.

Tosto che spunti in ciel la prima luce.

II. 178.

Ariosto, 11. 63.

Come nacque Del bel giorno seguente il mattutino. iv. 10.

Poichè la luce candida e vermiglia

Dell'altro giorno aperse l'emispero.

IV. 68.

Ma poi che 'l sol con l'auree chiome sparte

Del ricco albergo di Titone uscio,

E fe l'ombra fuggir umida e nera...

VIII. 86.

Dormi senza destarse,

Finchè l'Aurora la gelata brina
Dalle dorate ruote in terra sparse,
E s'udir le alcione alla marina
Dell'antico infortunio lamentarse.

Era nell'ora che traea i cavalli
Febo del mar, con rugiadoso pelo,
E l'Aurora di fior vermigli e gialli
Venia spargendo d'ogn'intorno il cielo,
E lasciato le stelle aveano i balli,

x. 20.

E per partirsi postosi già il velo.

XII. 68.

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Il sole appena avea il dorato crine

Tolto di grembo alla nutrice antica,
E cominciava dalle piagge alpine

A cacciar l'ombre, e far la cima aprica.

XVII. 129.

L'Aurora il vecchiarel già suo diletto,...

E poi che 'l nuovo sol lucido e chiaro Per tutto sparsi ebbe i fulgenti raggi.

XVIII. 103, 104. Spesso guardando... Se l'oriente ancor si facea rosso. Dal duro volto della terra il sole

Non tollea ancora il velo oscuro ed atro;
Appena avea la Licaonia prole

Per li solchi del ciel volto l'aratro.

Pur nacque In oriente il disiato albore.
Il sole ancor non ha le luci sparte.
Poi che l'altro mattin la bella aurora
L'aer seren fe bianco e rosso e giallo.

Senza aspettar... che l'albore
Che va dinanzi al nuovo giorno nasca.

E posò fin ch'un nembo rosso e bianco

Di fiori sparse le contrade liete
Del lucido oriente d'ogni intorno,
Ed indi uscì dell'aureo albergo il giorno.
E poi ch'a salutar la nova luce

Pei verdi rami incominciar gli augelli.
Già cominciava...

Dinanzi al sole a fuggir l'aer cieco.

Tosto ch'al sole

La vaga Aurora fe l'usata scorta.

Spesso aprir la finestra ha per costume, Per veder s'anco di Titon la sposa

xx. 81, 82.

XXIII. 8.

XXII. 51.

XXIII. 52.

XXI. 124.

XXV. 93,

94.

XXVIII. 20.

xxx.44.

Sparge dinanzi al mattutino lume

Il bianco giglio e la vermiglia rosa.

Lasciando già l'Aurora il vecchio sposo,

Ch'ancor per lunga età mai non l'increbbe.
E tosto che l'aurora fece segno

XXXII. 13.

XXXIV. 61.

XXXVII. 86.

Che dar dovesse al sol loco ogni stella.
Appena avea la vigilante Aurora
Dall'ostel di Titon fuor messo il capo...

Ancor giacea col suo Titon nel letto
La bella Aurora, ed era il cielo oscuro.
Nel biancheggiar della nuova alba.
E già il color cilestro

XXXVIII. 76.

XL. 14.

XLI. 46.

Chè, votando di fior tutto il canestro,
L'Aurora vi facea vermiglio e bianco.

Al primo lampo Ch'apparve all'orizzonte.
Ma poi che dentro alle cimmerie grotte
Con l'ombre sue Notturno fu rimesso.

Il dì seguente, allor che aperte sono Del lucido oriente al Sol le porte.

Tanta in lor cupidigia è che riluca Omai nel ciel l'alba aspettata e lieta. Già l'aura messaggera erasi desta A nunziar che se ne vien l'aurora: Ella intanto s'adorna, e l'aurea testa Di rose colte in paradiso infiora.

XLIII. 54.

XLV. 68.

XLV. 102.

Tasso, 1. 71.

II. 97.

III. 1.

(II paragone è che dà la misura dei grandi scrittori. Qui avete messaggiera, nunziar, che se ne vien, tronchi che non dipingono così gli albori come la semplice parola di Dante (Purg. xxiv. 145); poi l'aurora con l'aurea testa infiorata di rose colte in paradiso è imagine rettorica accanto allo schietto muovesi e olezza di Dante. Tommaseo.) Non si destò finchè garrir gli augelli

Non sentì lieli, a salutar gli albori,
E mormorar il fiume e gli arboscelli,
E con l'onda scherzar l'aura e co' fiori.
E vede intanto con serene ciglia
Sorger l'aurora candida e vermiglia.

E l'alba uscìa della magion celeste
Con la fronte di rose e co' piè d'oro.
Aspetta I primi rai della novella luce.
Così pugnato fu sinchè l'alhòre
Rosseggiando nel ciel già n'apparia...

Ma, poi ch'accesi in oriente scorse I raggi del maltin purpurei e d'oro.

E nell'ora che par che il mondo reste Fra la notte e fra 'l dì dubbio e diviso.

L'aurora intanto il bel purpureo volto

Già dimostrava dal sovran balcone.

Quinci, veggendo omai ch' Apollo inaura Le rose che l'aurora ha colorite.

Ancor dubbia l'aurora, ed immaturo Nell'oriente il parto era del giorno;

VII. 5.

VII. 25.

VIII. 1.

VIII. 12.

VIII. 42.

IX. 14.

IX. 74.

x. 14.

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