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contemporaneo Villani, ove disse: Il detto Dante era de' maggiori governatori della nostra città E a buon testimonio non avrassi Lionardo Aretino? Egli nella Vita così scrivea: Pervenuto all'età debita, fu creato de'prio,, ri, non per sorte, come s'usa al pre"sente, ma per elezione, come in quel » tempo si costumava di fare. E fu questo suo priorato nel mille trecento... Avvenne che essendo Dante de'prio,, ri, certa ragunata si fe' per la parte de' Neri nella chicsa di s. Trinità... Per isdegno di coloro che nel suo ,, priorato confinati furono della parte Nera, gli fu corso a casa, e rubata ,, ogni sua cosa e dato il guasto alle „sue possessioni,, Il diligentissimo Pelli, nelle Memorie per la vita di Dante, comincia il §. X dicendo:,, Pervenuto il nostro Dante all'età di anni 36, fu creato de' priori. Risiedè Dante in questo uffizio dal dì 15 di giugno al di 15 agosto del 1300. Ma a che andiamo noi allegando gli altrui detti, mentre aperto di ciò favella Dante medesimo? Ecco le parole d' una sua epistola, già dal Bruni e da più altri recate: Tutti li mali e gl' inconvenienti miei dalli infausti comizi del

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mio priorato ebbero cagione e prin,, cipio: del quale priorato benchè per prudenza io non fussi degno, nientedimeno per fede e per età non ne ,, era indegno; perocchè dieci anni era,, no già passati dopo la battaglia di Campaldino „,. Si ha poi che priori erano con Dante Noffo di Guido, Neri di messer Jacopo del Giudice, Neri d'Arrighetto Doni, Bindo di Donato Bilenchi, e Ricco Falconetti. Era gonfaloniere Fazio da Micciola, ed era Aldobrandino d' Uguccione il loro notajo,

FIRENZE DEL 1300.

Capitolo Secondo

CIVILTÀ, LETTERE,

ARTI IN FIRENZE

Tu ricca, tu con pace, tu con senno.
Purg. C. VI. 137.

§. 1. Tu ricca! Nel 1300 i Fiorentini

cumulate avevano tante ricchezze, che Bonifazio VIII potè dire a Carlo di Valois: io ti ho mandato alla fonte dell'oro: se tu non ti sei cavata la sete, tuo danno. Tu con senno! -- Quando Bonifazio vide che degli oratori mandatigli da varie nazioni, dodici erano di Firenze, appellò i Fiorentini quinto elemento. Tu ricca! - Mentre i Veneziani e i Genovesi si emulavano nel provvedere esclusivamente l'Europa delle produzioni dell' Oriente, la repubblica di Firenze, non avendo agevole alcun porto, rivolse le proprie sollecitudini al miglioramento delle manifatture, e

verso gli oggetti della domestica industria. Fiorivano a questa età nel suo seno le manifatture in drappi ed in sete. Erano in Firenze ducento fabbriche di lane, che davano ogni anno settanta in ottanta mila pezze di stoffe, del valore complessivo d'un milione e cinque cento mila fiorini. Per le vicende or ora descritte, decadde bensì la mercatura da ciò ch'era del mille dugent'ottanta, nella qual' epoca ben trecento erano le botteghe dell'arte della lana, che fabbricavano cento mila panni, tuttavia grandissima conservavasi l'opulenza della repubblica. Il complesso delle sue rendite per anno ammontava intorno a trecento mila fiorini d'oro, e venti mila lire in bilione di rame. Le relazioni dai Fiorentini contratte con altri popoli mediante l'invio dei prodotti della propria industria, li fecero esperti in un altro ramo di commercio, in quello cioè della banca. Acquistarono essi ben presto una tale superiorità in questo genere, che il commercio del danaro di quasi tutti i regni d'Europa prese a passare per le loro mani: e già molti stati affidavano ai Fiorentini la percezione e l'amministrazione delle rendite pubbliche. - Tu con senno? - I Fio

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rentini nel 1300 erano divenuti gli storici, i poeti, gli oratori, i precettori dell'Europa. Molti Fiorentini ad un tempo per diversi sovrani esercitavano ministero diplomatico; altri pei re di Francia, d'Inghilterra, di Boemia, di Napoli, di Sicilia, altri per la Russia, per gli Scaligeri, pei Pisani, pel signore di Camerino, per l'ordine di s. Giovanni di Gerusalemme, e sino pel Cane de'Tartari. Era ben naturale che gli abitatori di quella città, già pronti d'ingegno e bei parlatori, reggendosi a stato franco, profittassero più che ogni altra gente d'Italia, della felice occasione di dar opera all' eloquenza. Veramente la favella scritta, quando Dante vivea, era povera e recente, sì ch' egli stesso ne lasciava nella sua Vita Nuova questa testimonianza: „, Per quanto si volle da noi guardare in questa lingua, non trovammo cose anzi il tempo nostro più vecchie di cento cinquant'anni. „ Dall' udire che l'anima di Cacciaguida parlò a Dante in latino, devesi argomentare che tale si fosse a' tempi di quel guerriero la comune favella d'Italia. E come agli occhi miei si fe' più bella, - Così con voce più dolce e soave, Ma non con questa moderna

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