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viensi a rilevare che incominciasse cotal suo viaggio nella notte di mezzo tra 'l quarto e 'l quinto giorno d'aprile. Nel dì 4 d' aprile accadde in quell'anno il plenilunio. Dante pone l'anniversario della morte del Redentore nel dì 5. d' aprile, a diversità del Petrarca, che il diede nel successivo giorno sei. Finge altresì d' aver compiuto il poetico viaggio nel colmo dell'arco per cui sale e scende la vita; ma se ne occupò anche molto tempo dopo: così potè mostrar di prevedere, come venture, cose di già avvenute. Questo frutto della sciagura è poema narrativo, drammatico e didascalico insieme: nel poetico itinerario Dante ne dà giorno per giorno relazione di ciò ch' egli ha veduto e inteso lungo il cammino, e degli evenimenti che gli sono occorsi. Impiega egli una notte ed un giorno nella visita dell' Inferno e un'altra notte ed un altro giorno a passare dal centro terrestre sino all' altro emisfero, il qual tempo forma due giorni naturali. Cominciava la notte quand' egli entrava: dall'entrata fino al dipartirsi dalla Giudecca, spende ore ventiquattro; tre ore nello scendere da mezzo il petto di Lucifero al centro, e nel salire dal cen

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tro all'altra faccia della Giudecca; ed ore ventuna per uscire nell'isola di là: così passarono le ore quarantotto. Trovossi nell' opposto emisfero nell'ora vicina al nascere del giorno, perchè quando qui è notte, di là è giorno. Spende poi tre notti e tre giorni e mezzo nel vedere il Purgatorio e nel contemplare il soggiorno de' nostri primi parenti sulla vetta della montagna; segue suo corso pei campi dell' aere e dell'etere, e si eleva a traverso i cieli di Tolommeo fino a la decima sfera, ove risiede la Divinità: così arriva in Paradiso nel giorno di Pasqua, dopo sette giorni di cammino. Nel celeste suo viaggio impiega ventiquattr' ore. Si parte dal mezzo del Purgatorio, antipodo a Gerusalemme, e compie il giro tornando al punto del cielo, sotto 'l quale s'era partito. Spiccatosi da terra, vola in sei ore dal meridiano del Purgatorio all'orizzonte orientale di Gerusalemme; indi in altre sei ore al meridiano della stessa città; quindi nel tempo stesso al suo orizzonte occidentale: onde nell'ultime sei ore ritorna al colmo del meridiano del Purgatorio, sotto 'l quale s'era alzato a volo.

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SULL' ORIGINE

della

DIVINA COMMEDIA

NOTA

D'UGO FOSCOLO

Quanto all'origine, l'opinione più an

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tica a me pare più filosofica, e prossima al vero. Fu espressa con eloquenza; e fu nondimeno la meno osservata da'critici, forse perchè la intendevano da Boccaccio. "Ragguardando Dante dalla sommità del governo della repubblica, sopra la quale stava, e vedendo in grandissima parte, siccome da sì fatti luoghi si vede, qual fusse la vita degli uomini, e quali fussero gli errori del volgo, e come fussero pochi i disvianti da quello, e di quanti onori degni fussero quelli che a quello si accostassero;... gli venne nell'animo un alto pensiero per lo quale a una medesima ora... mostrando la sua sufficienza, di mordere con gravissime pene i viziosi, e con grandissimi premi i virtuosi e i valo

rosi onorare. E perchè, come è già mostrato, egli aveva ad ogni studio già preposta la poesia, poetica opera stimò di comporre.... La teologia niuna altra cosa è che una poesia d'Iddio.... Aristotile.... afferma aver trovato i Poeti essere stati primi teologanti,, - Niuno mai scrisse definizione più sublime insieme e più esatta della poesia: ne additò sì da presso le origini, e le intenzioni perpetue della Divina Commedia. Vero è che una sacra visione agitavasi nella fantasia di Dante, chi sa da quando? e fors'anche sino dalla sua fanciullezza... E promettevala nel libro gentile della Vita Nuova. Apparve a me una mirabil visione, nella quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta infino a tanto che io non potessi più degnamente trattar di lei.... Sicchè se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, spero di dire di lei, quello che mai non fu detto d'alcuna. -,, Se mai le sorti gli avessero conceduto vita quietissima forse che la sua fantasia sarebbesi sollevata continuamente a celesti contemplazioni, e non avrebbe veduto mai nè Ï'Inferno nè il Purgatorio.

Un de'meriti sommi sta nell'architettura del poema: dove, solamente guardando all' apparente disposizione, e a' compartimenti maggiori e minori di tutto il lavoro, ti avvedi che furono congegnati con tanta previdenza, da permettergli cangiamenti infiniti senza che mai disturbassero il suo tutto, nè alterassero in nulla il disegno. Bastava mutare le parti : e anche, mutandone molte, e più di una volta, il poema si rimaneva lo stesso a ogni modo. La somma di 14,230 versi, si scopre accuratamente ripartita, cosicchè la prima cantica non è che di trenta più breve che la seconda, nè la seconda più di sei che la terza. Ma perchè piene son tutte le carte Ordite a questa cantica seconda, — Non mi lascia più ir lo fren dell'arte.

Pur l'autore, standosi inflessibilmente sotto queste sue leggi, e noverando i versi a ciascheduno dei cento canti, affinchè l'uno non soverchiasse l'altro di troppa lunghezza, gli alterava quà e là a norma degli avvenimenti che gli importava di celebrare, e che accadevano dopo che esso aveva già terminato que' canti. A ciò gli giovava mirabilmente lo spirito di profezia ch' ei diede anche a'dan

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