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come per pompa, l' ampiezza della sua dottrina in filosofia platonica, in astronomia, e nelle altre scienze allora coltivate. Le forme sono tutte scolastiche, e la lettura nojosa; ma leggesi per satisfare alla curiosità filosofica. Vedesi con piacere l'effetto dei metodi adottati, nella forma ch' essi danno agl'ingegni più vantaggiati: ora cotale scrittura fa chiara testimonianza che l'autore avea mente energica, e cognizioni superiori a quelle del suo secolo; e che i metodi, adoperati allora nelle scuole, erano detestabili.

Pensa il Ginguenè che Dante ponesse mano al Convito negli ultimi anni della sua vita, e che ivi desse soltanto il commento sopra tre delle quattordici canzoni che ivi preso aveva ad illustrare, per essergli stata questa nuova fatica tronca tra mani dalla morte. Segue egli in ciò la relazione di Gio. Villani, il quale nel lib. IX. cap. 134, ne dice che in esilio cominciò Dante un commento volgare sopra quattordici delle sue canzoni morali, il quale per la sopravvenu ta morte non perfetto si ritrova, se non sopra le tre; la quale, per quello che si vede, grande e alta e bellissima opera ne riuscia, però che ornato appare d'al

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to dittato, e di belle ragioni filosofiche e astrologiche. Veramente manifesta egli stesso d'averlo scritto dopo sofferte le miserie dell' esilio. Ahi piaciuto fosse al dispensatore dell' universo, che la cagione della mia scusa mai non fosse ,, stata; chè nè altri contro a me avria ,, fallato, nè io sofferto avrei pena in» giustamente: pena, dico, d'esilio e di povertà: poichè fu piacere dei cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno, nel quale nato e nudrito fui fino al colmo della mia vita, e nel quale, con buona pace di quella, disidero con tutto il cuore di riposare l'animo stanco, e terminare il tempo che m'è dato „ (1). Tuttavia si trova di che argomentare scritto il Convito prima della Commedia. Dante nel Convito avea sostenuta l'opinione che le macchie della luna non sieno altro che le rarità del suo corpo, alle quali non possono terminare i raggi del sole, e ripercuotersi così come nelle altre parti (2). Supponendo essere la luna, come la terra, uno adu

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Convito Tratt. I. cap. 2.
Tratt. II. cap. 14.

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namento di molti corpi, credeva che i corpi rari facessero nella luna l' oscuro, e i densi il lucido. Nella Commedia poi Beatrice confuta una tale opinione, ed afferma che il torbido e il chiaro della luna, ossia la differenza tra la luce limpida e la luce macchiata, proviene da una emanazione di virtù che gli angeli distribuiscono negli astri, e che da alcune male disposizioni negli astri medesimi viene alterata (1). Altre emendazioni troviamo nella Commedia, ove l'Autore ritratta opinioni già esposte nel Convito. Ivi (2), ammette motori di Venere i Troni. Ragionevole è a credere, che li movitori del Cielo della luna siano dell' ordine delli an"geli: e quelli di Mercurio li arcangeli: " e quello di Venere siano li Troni.... Lo primo è quello delli angeli, lo secondo delli arcangeli, lo terzo delli Troni; e questi tre ordini fanno la "prima gerarchia „,. Ma Dante poi corregge sè stesso, e vuole che al cielo di Venere toccato sia in vece per motore il coro detto de' Principati, ove dice: — Noi ci volgiam co'Principi celesti—(3).

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(1) Par. C. II. 61

(2) Tratt. II. cap. 7.
(3) Par. C. VIII. 34.

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Pone quindi sopra gli angeli semplici gli arcangeli, e sopra gli arcangeli i principati, ed accenna di avere con s. Gregorio errato nel Convito, ammettendo motori di Venere i Troni (1). La rettificazione è sempre posteriore all'equivoco: dunque questi tratti della Commedia furono scritti posteriormente al Convito. A fissar l'epoca in cui Dante scrivea quel suo trattato, giovar possono le seguenti parole del medesimo.,, Dov'è da sapere, che Federigo di Soave, ultimo imperadore delli Romani (ulti,, mo, dico, per rispetto al tempo pre,,sente, non ostante che Ridolfo, e Andolfo, e Alberto poi eletti sieno ap" presso la sua morte e de' suoi di"scendenti) domandato che fosse gentilezza, rispose ch'era antica ricchezza, e be' costumi ». Dunque il Convito era scritto prima del 24 novembre 1308, epoca in cui fu coronato Arrigo VII.

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(1) Par. C. XXVII. 98.

CONSIDERAZIONI

DI UGO FOSCOLO

intorno

AD UN PASSO STORICO

DEL CONVITO

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Nell'età di quarantott'anni dice Dante d'avere intrapreso a comporre il Convito (P. 67. p. 260.) Se Dante non avesse notato in quest' opera ch'ei la incominciava poscia che Federigo VII dovea già essere eletto, e venuto in Italia, niuno avrebbe potuto contraddire a chiunque avesse affermato ch' ei la scriveva a' tempi d'Alberto d'Austria. E scrive in via di proemio: Ahi piaciuto fosse al dispensatore dell'universo, che la cagione della mia scusa mai non fos se stata; chè nè altri contro me avria fallato, nè io sofferto avrei pena ingiustamente, pena, dico, d'esilio e di povertà; poichè fu piacere de' cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno, nel quale nato e nudrito fui fino al colmo della mia vita; e

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