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gio, e d' alcune altre città. L'Imperatore il 5 agosto del 1313 s'avviava contro Napoli con due mila cinque cento cavalieri d' Alemagna, con altri mille cinque cento italiani, e con proporzionato numero di pedoni. Potenti giungevano i rinforzi; quando Enrico cadde infermo a Buonconvento, castello de'Sanesi, dodici miglia al di là di Siena : il giorno 24 agosto del 1313 si avverò la dolorosa predizione del Vate.

Il cavalier Ranieri del già messere Zaccaria da Orvieto, vicario del re Roberto di Napoli in Firenze, riconfermò la condanna di Dante del 10 marzo 1302 con nuova sentenza nell'ottobre del 1315. L'abate Mehus attesta di aver veduto pur confermato l'esilio di Dante nelle riformagioni fatte nel 1317 da uno Hubaldo d' Aguglione giurista. Forse il re Roberto volle novellamente dannato l'Alighiero, perchè risapesse d' essere da lui chiamato re da sermone (1); o più veramente perchè il poeta soldato gli fosse formidabile nimico nella battaglia sulla Nievole, nella quale perirono Pietro di Angiò, Carlo di Taranto, e i principali de' Guelfi,

(1) Par. C. VIII. 147.

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Oderisi, parlando a Dante di Provenzano Salvani, dicea : trar l'amico suo di pena, nella prigion di Carlo,

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Che sostenea Si condusse a tremar per ogni vena (1). Significava così lo stato d'uomo gentile, stretto da crudele necessità a mendicare. Indi gli soggiugnea: so che parlo oscuramente; ma passerà poco tempo che i tuoi cittadini ti privando di tutti i tuoi averi, e ti esiliando dalla patria, tị obbligheranno a tremare per accattarti del pane: onde, dall'esperienza ammaestrato, capirai che significhino questi termini. E già a tale era Dante ridotto, mentre queste cose scrivea: e probabilmente le scrivea, scorsi due lustri dalepoca del suo esilio.

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Prima di varcare il Tagliamento, Dante abitò nella Marca al Foro Giulio contigua. Caduto Dante nello sfavore di Cane, si volse a Gherardo da Camino, signore di Trevigi (2); indi si tra

(1) Purg. C. XI. 139.

(2) Se l'epiteto di buono, assegnato a Gherardo, e le lodi dategli nel Convito sono prove che Dante fu presso di lui, tutti gli altri lodati egualmente e nel poema e nel Convito domanderanno lo stesso merito. Dante nel poema si richiamava alla setti. mana santa dell' anno 1300: ed è l'epoca alla quale,

sferì a Udine, e vi passò l'intiero anno 1317. Ma perchè nel 1318, dall'A

appartiene la narrazione di quanto il poeta vide e ascolto nel regno de' morti. Allora udi che Gherardo, con gli altri due vecchi, dolevasi di essere condannato a vivere troppo per vedere l'Italia degenerata; e tardavagli di morire... Quì i tre vecchi, viventi nell' ultimo anno del secolo XIII, sono ram、 mentati a rappresentare i costumi cavallereschi della passata generazione, E da che Dante pur nota, che attendeva a dettar il Convito dopo l'anno XLIV della sua vita, è da dire che o prima o poco dopo il 1310, quel Gherardo che dieci anni addietro era vecchio, fosse già morto, e non rimanesse più sulla terra -se non la memoria della nobiltà dell'animo suo. — « Chi dirà che Gherardo fosse vile uomo? Chi non dirà quello ESSERE STATO nobile? «< Ogni uomo, guardando appena negli indici del Muratori e del Tiraboschi, può sincerarsi che i versi de' poeti della Corte de' Caminesi, e Gherardo, e i suoi figliuoli, sono pur nominati in carta scritta undici anni prima che Dante nascesse. (Antich. Est. vol. II p. 11. St. dell'It. Letter. vol. IV. p. 350-351); e che Gherardo nel 1230 era padre di famiglia adulta: e di certo doveva essere poco meno che decrepito, allorchè Dante nel 1300 lo udi nominare da un'ombra nel Purgatorio. E comcchè l' editore del Codice Bartoliniano affermi che il rimembrare quanto Dante dice di Gherardo da Camino basta per conoscere, aver egli con esso famigliarmente trattato, a me anzi quelle parole suonano ch' et non l'abbia mai conosciuto se non per fama. Il poeta interroga l'ombra: Ma qual Gherardo è quel? L'ombra risponde, maravigliandosi che parlandomi

dige al Tagliamento crudelissima ardeva la guerra, essendosi nel dicembre eletto Cane della Scala a capitano della lega ghibellina; si trasferì a Gubbio fedele municipio de' Romani ne' vecchi tempi; e ne' mezzani rinomata repubblica. Aveva egli contratta grande amicizia in Arezzo con Bosone Raffaelli di Gubbio, allorchè questi, cacciato della patria dall' armi del cardinale Napoleone degli Orsini con Federigo da Montefeltro e con molti Ghibellini, riparar dovette all'asilo aperto alla sua fazione in quella città. Dante in Gubbio fu accolto dall'amico, prima nell'abitazione posta nel quartiere di s. Andrea, ed indi nel castello di Colmollaro, situato nel contado Gubbino, sopra il fiume Saonda, lungi sei miglia in circa dalla città. Questo Bo

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tosco, Par che del buon Gherardo nulla senPer poco che i lettori abbiano in pratica questo scrittore, s'accorgono che non eragli ignoto come la bontà di Gherardo era celebrata già da gran tempo, ma ch' ei si procacciava occasione di riparlarne a fine di pungere i suoi degeneri discendenti, che Dante vide e conobbe da poi che gli toccò d'andare ramingo nelle corti tutte, piene di turpezza, degli Italiani.

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sone de' Raffaelli era figlio di Bosone di Guido d'Alberico, nato era circa il 1280, e visse lunghi anni dopo la morte di Dante. Avendo Bosone affidata a lui l'educazione de' suoi figliuoli, uno di questi, chiamato Bosone Ungaro Raffaelli, e per abbaglio d' amanuensi scritto pur Caffarelli, diedesi sotto la sua istruzione allo studio della lingua greca: e Dante se ne allegrò col genitore per via d'un sonetto. Messer Bosone pianse poi la morte di Dante poeticamente, ed illustrò in varie guise il poema sacro. Credesi di Bosone Novello, di lui figlio, un capitolo in terza rima, che contiene un'epitome del poema di Dante, e che trovasi unito all'altro capitolo attribuito a Jacopo figliuolo di Dante. Bosone Novello nel 1337 fu creato senatore in Roma, in compagnia di Giacomo di Cante de' Gabrielli, parimente di Gubbio. Così vidersi sedere su la stessa panca in Campidoglio il figlio di quello che aveva esiliato il poeta, e il figlio di quello che avealo pietosamente accolto ed alimentato. Sebastiano da Gubbio, nella sua opera intitolata Telentelogio lib. III cap. 3, così a Bosone Ungaro scrivea: Dantem Alagherii, vestri temporis poetam, flo

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