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AUREO SECOLO DI FIRENZE

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Capitolo Primo

BELLINCION BERTI

Bellincion Berti vidio andar, cinto
Di cuojo e d'osso, e venir dallo specchio
La donna sua senza 'l viso dipinto.
Par. C. XV. 112.

§. 1. Interrogati i mercatanti pisani dal

re di Tunisi, che città fosse tra'cristiani Fiorenza, risposero dispettosamente: sono nostri Arabi fra terra; che tanto veniva a dire, quanto nostri montanari : ma nel 1117, allorchè andarono essi Pisani al conquisto di Majorica posseduta da' Saraceni, a premunirsi dalle insidie de' Lucchesi che preparavano esercito a' danni di Pisa, impetrarono che la cara patria loro guardata fosse frattanto dai Fiorentini. Da ciò spontanea scende a noi la illazione, che il buon popolo fiorentino, vivendo rozza e poveramente la vita, a'giorni dell'alto Bellincione, degli Ughi, degli Arrigucci,

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sto a ritroso,

e di quelle trenta e più famiglie che al pronepote nomina e canta Cacciaguida in Paradiso, nella rustica sua frugalità e semplicità portasse gran pregio d'innocenza, e si facesse a tutti onorando. Con queste genti vid' io glorioso, E giusto 'l popol suo, tanto che il giglio Non era ad asta mai poNè per division fatto vermiglio (1) Narra ser Giovanni Fiorentino nella decima seconda giornata del suo Pecorone, ed in aria di tutta fede, che i Pisani tornandosi vittoriosi da Majorica, in segno di ciò ne recarono due colonne di porfido, le quali avevano questa virtù che ciascuno che si trovava meno cosa nessuna, e fusse ito a queste colonne, vedeva il ladro col furto in mano,. Soggiunge poi, che ne fecero un presente ai Fiorentini in premio di loro alleanza, ma che i Fiorentini le trovarono guaste da fuoco e da fumo, e spente d'ogni loro chiarezza. Secondo Giovanni Villani e il Boccaccio, quelle colonne, senz'altra magica virtù che quella della natura del porfido, furono dai Pisani guaste col fuoco, fasciate di scarlatto, e consegna

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(1) Par. C. XVI. 151.

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te ai Fiorentini che non s'accorsero dell'inganno, se non in Firenze quando le vollero alzare. Di qui i Fiorentini furono detti ciechi, e i Pisani traditori. Di qui Brunetto dice a Dante: - Vecchia fama nel mondo li chiama orbi — (1). I Pisani proffersero della ricca preda la scelta a' Fiorentini tra porte molto ornate d'un tempio, e le dette due colonne : quelle bellissime porte di bronzo adornano ora il duomo di Pisa ; e quelle colonne sono in Firenze dinanzi alla chiesa di s. Giovanni.

I Fiorentini allora viveano sobrii e di grosse vivande; e con piccole spese, ina con molti costumi: erano di buona fede tra loro, e leali al comune: e, dicea l'ingenuo Villani, con la loro così grossa e povera vita, più virtuose cose ed onori recavano a casa loro, che non si fa a'nostri tempi, che pur morbidamente viviamo. I costumi antichi delle donne fiorentine offrono al poeta un quadro domestico incantatore. L'una vegliando presso la culla del suo bambino balbetta con lui quello stesso idioma che alletta il suo materno cuore, quand'ella lo intende dalla tenerella sua

(1) Inf. C. XV. 67,

bocca: l'altra traendo il filo da la conocchia, ciancia colla sua famiglia, novellando di Troja, di Roma, e di Fiesole (1). Il primo sicuro effetto di quel semplice vivere, era la facilità e la frequenza de' matrimoni. Fin oltre la metà del terzodecimo secolo le doti comuni erano di cento lire; ed una dote di dugento o trecento era tenuta, al dir del Villani, folgorata dote. Non faceva, nascendo, ancor paura - La figlia al padre, che il tempo e la dote - Non fuggian quinci e quindi la misura - (2).

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La mira suprema del grande poema di Dante è Firenze: tutto il gran dramma ne'tre regni viene rappresentato dalle passioni di quella gente e di quell'età. Tutta l'opera di Dante, afferma il lodato Ugo Foscolo, benchè fondata sopra una finzione che altri può risguar dare come stravagante, non contiene però che una continua conversazione con persone reali. Nel tempo che gli altri poeti conducono sulla scena i trapassati o i favolosi eroi, egli tutti i suoi caratteri trae di mezzo ai suoi concittadini, ai suoi contemporanei, ai suoi

(1) Par. C. XV. 124. (2) Par. C. XV. 183.

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