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Fiorenza in te, sì che tu già ten piagni. Cotesto Guglielmo Borsiere cavalier valoroso e gentile, molto pratico delle corti, faceto e prontissimo, richiesto da messer Erminio de' Grimaldi, ricco ed avaro, a suggerirgli qual cosa non mai veduta avrebb'egli potuto far dipingere nella sala della sua casa, gli disse: fateci dipignere la cortesia (1).

S.

NELLA DI FORESE

Tant'è a Dio più cara e più diletta
La vedovella mia, che tanto amai,
Quanto in bene operare è più soletta.
Purg. C. XXIII. 91.

§. 4. Per la venuta de' Francesi con Carlo d'Angiò prese ad insinuarsi il lusso tra gl'Italiani, nimici dapprima d'ogni fasto e d'ogni vanità. I cittadini di Firenze, dice il Villani, viveano sobrii, e di grosse vivande, e con piccole spese, e di molti costumi, grossi e rudi: e di grossi drappi vestivano le loro donne; e molti portavano le pelli scoperte senza panno con berrette in capo, e tutti con usatti in piede e le donne fiorentine

(1) Boccaccio, Giorn. I. Nov. 8.

E

senza ornamenti; e passavasi la maggior donna d'una gonnella assai stretta di grosso scarlatto, cinta ivi su d'uno scheggiale all'antica, ed un mantello foderato di vajo cotassello di sopra, e portavanlo in capo: e le donne della comune foggia vestivano d'uno grosso verde di cambrasio per lo simile modo - Bellincion Berti vidio andar cinto - Di cuojo e d'osso, e venir dallo specchio La donna sua senza 'l viso dipinto vidi quel de' Nerli e quel del Vecchio Esser contenti alla pelle scoverta, - Ele sue donne al fuso ed al pennecchio — (1). Usavasi anticamente il cappuccio da ogni sorta di persone invece del cappello; ed in grandezza distinguevasi specialmente il cappuccio de' preti. Il Boccaccio, Nov. 65, scrive: con un cappuccio grande a gote, come noi veggiamo che i preti portano, si mise a sedere in coro. Il becchetto, dice il Varchi descrivendo le parti del cappuccio, storie lib. IX, è una striscia doppia del medesimo panno, che va fino in terra, e si ripiega in sulla spalla destra, e bene spesso si avvolge al collo, e da coloro che vogliono essere più destri

(1) Par. C. XV. 112.

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Se

e più spediti, intorno alla testa. questa descrizione fosse stata nota al Venturi avrebb' egli risparmiato di dolersi che pel becchetto nominato dall'Alighiero (1) gli espositori spieghino fascia di cappuccio; nè preteso avrebbe che debba piuttosto significare la punta del cappuccio.

A' tempi di Dante, pare che le ben

de fossero comune ornamento delle donne adulte. Nel Pur. C. XXIV. 43. dice Bonagiunta. Femmina è nata e non porta ancor benda; ove per benda intendasi quel drappo che scendendo dal capo copriva gli occhi e il volto. Pare che portassero un tal velo, variante peraltro nel colore, soltanto le maritate e le vedove. Nel Purg. C. VIII. 74, Nino di Gallura dice - Posciachè trasmutò le bianche bende; - perchè le femmine in segno di loro stato vedovile, negre portavano le vestimenta,

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me oggidì s' usa, ma bianchi i veli. Scrisse pure il Boccaccio nel Labirinto d'amore:,, Deh guarda come a cotal donna stanno le bende bianche e i " panni neri. „

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(1) Par. C. XXIX. 118.

Galvano Fiamma dice che il lusso insinuossi in Italia soltanto verso il 1340. Allora, secondo esso, le donne vestirono sontuosamente, scoprendo il collo e il petto, ed i giovani cominciarono ad usare vesti di foggia straniera, e spagnuola particolarmente, ed a giuocare; e si estinse nel lusso e nelle gozzoviglie l'amor di patria. Ma Cacciaguida nel dar lodi alle matrone de' tempi suoi, col dire Non avea catenella, non corona, Non donne contigiate, non cinChe fosse a veder più che la persona (1), manda un rimprovero severo a quelle ben diverse, che viveano nel trecento. Ed ivi l'Anonimo: „, Oggi le

tura

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donne portano corone come fossero ,, reine, contigie come femmine monda,, ne, cinture di grande peso d'oro e d' 39 argento, le quali cose sono per ,,ricuoprire i difetti che sono in esse femmine; onde a quelli ornamenti più che a'mancamenti si guata per li cie, chi. Molte fra le mogli divennero orgogliose, e co' mariti ritrose; perchè Jacopo Rusticucci, ricco ed onorato cavaliere di Firenze, molti ebbe compagni, i quali per non poter vivere gior

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(1) Par. C. XV. 100.

ni lieti colle loro consorti, furono spinti a far quello perchè va egli gridando in Inferno: La fiera moglie più ch'al

tro mi nuoce

(1).

Un'anima riconosce Dante in Purgatorio, e sclama: qual grazia è questa che m'è concessa? Dante ravvisa in essa Forese, fratello di Corso Donati e di Piccarda, è già suo intimo amico. Sapeva Dante che Forese erasi conservato indulgente alla gola sino all' ultima sua vita; e perciò gli manifesta la sua meraviglia di vederlo lassù ai martìri mentre avrebbe a essere fuori della porta del Purgatorio: e Forese gli risponde che le orazioni di Nella, cioè Giovannella, di lui vedova, gli hanno abbreviata la contumacia (2). Nel pur lodarsi assai della sua vedovetta, taccia d'impudiche le femmine fiorentine, più che le abitatrici degli aspri monti di Sardegna: » Ne'luoghi selvaggi della Sardegna, in cui le donne vanno senza vesti, hanno esse maggior pudoré che in quelli ne'quali io l'ho lasciata. O mio fratello, che vuoi tu ch'io dica? Io veggio nel prossimo avvenire un tempo, in cui si proi

(1) Inf. C. XVI. 45.

(2) Purg. C. XXIII. 40.

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