Meta al fuggir le inviolate schiere Di Topaia ingombrâr le quattro porte, Non che ferir, potute anco vedere
Non ben le avea dei granchi il popol forte. Cesar che vide e vinse, al mio parere, Men formidabil fu di Brancaforte, Al qual senza veder fu co' suoi fanti Agevol il fugar tre volte tanti.
Tornata l'oste a' babbi intera e sana, Se qualcuno il fuggir non fu mortale, Chiuse le porte fur della lor tana Con diligenza alla paura eguale. E per entrarvi lungamente vana Stata ogni opra saria d'ogni animale,
Si che molti anni in questo avria consunto Brancaforte che là tosto fu giunto,
Se non era che quei che per nefando Inganno del castello eran signori, E ch'or più faci al vento sollevando Sedean lassù nell'alto esploratori, Visto il popolo attorno ir trepidando E dentro ritornar quelli di fuori, Indovinar quel ch'era e, fatti arditi, I serragli sforzâr mal custoditi.
E, con sangue e terror corsa la terra, Aprîr le porte alla compagna gente,
Che, qual tigre dal carcer si disserra O da ramo si scaglia atro serpente, Precipitaron dentro e senza guerra Tutto il loco ebber pieno immantinente. Il rubare, il guastar d'una nemica Vincitrice canaglia il cor vel dica.
Più giorni a militar forma d'impero L'acquistata città fu sottoposta, Brancaforte imperando, anzi nel vero Quel ranocchin ch'egli avea seco a posta, A ciò che l'alfabetico mistero
Gli rivelasse in parte i dì di posta, E sempre che bisogno era dell'arte D'intendere o parlar per via di carte.
Tosto ogni atto, ogn'indizio, insegna o motto Di mista monarchia fu sparso al vento, Raso, abbattuto, trasformato o rotto. Chi statuto nomava e parlamento In carcere dai lanzi era condotto, Che, del parlar de' topi un solo accento Più là non intendendo, in tal famiglia Di parole eran dotti a maraviglia.
Leccafondi, che noto era per verɔ Amor di patria e del civil progresso, Non sol privato fu del ministero
E del poter che il re gli avea concesso, Ma dalla corte e dai maneggi intero Bando sostenne per volere espresso Di Senzacapo, e i giorni e le stagioni A passar cominciò fra gli spioni. Rodipan mi cred'io che volentieri Precipitato i granchi avrian dal trono, Ma trovar non potendo di leggeri Chi per sangue a regnar fosse si buono, Spesi d'intorno a ciò molti pensieri, Parve al re vincitor dargli perdono
E re chiamarlo senz'altro contratto, Se per dritto non era, almen per fatto. Ma con nome e color d'ambasciatore Inviògli il buon baron Camminatorto, Faccendier grande e gran raggiratore E in ogni opra di re dotto ed accorto, Che per arte e per forza ebbe, valore Di prestamente far che per conforto Suo si reggesse il regno, e ramo o foglia Non si movesse in quel senza sua voglia. Chiuso per suo comando il gabinetto,
Chiuse le scole fur che stabilito Aveva il conte, come sopra ho detto, E d'esser ne' caratteri erudito
Fu, com'ei volle, al popolo interdetto, Se di licenza special munito
A ciò non fosse ognun; perchè i re granchi D'oppugnar l'abbici non fur mai stanchi. Quindi i reami lor veracemente
Fur del mondo di sopra i regni bui. Ed era ben ragion, chè chiaramente Dovean veder che la superbia, in cui La lor sopra ogni casa era eminente, Non altro avea che l'ignoranza altrui Dove covar; chè dal disprezzo, sgombra Che fosse questa, non aveano altr'ombra.
Lascio molti e molti altri ordinamenti Del saggio nunzio, e sol dirò che segno Della bontà de' suoi provvedimenti Fu l'industria languir per tutto il regno, Crescer le usure, impoverir le genti, Nascondersi dal Sol qualunque ingegno, Sciocchi o ribaldi conosciuti e chiari Cercar solo e trattar civili affari;
Il popolo avvilito e pien di spie Di costumi ogni di farsi peggiore, Ricorrere agl'inganni, alle bugie, Sfrontato divenendo e traditore; Mal sicure da' ladri esser le vie Per tutta la città non che di fuori; L'or fuggendo e la fede, entrar le liti, Ed ir grassi i forensi ed infiniti.
Subito poi che l'orator fu giunto Cui de' topi il governo era commesso Dal re de' granchi, a Brancaforte ingiunto Fu di partir co' suoi. Ma dallo stesso Cresciuto insino a centomila appunto Fu lo stuolo in castel male intromesso; Il resto a trionfar di topi e rane Tornò con Brancaforte alle sue tane. Allor nacque fra' topi una follia Degna di riso più che di pietade; Una setta che andava e che venia Congiurando a grand'agio per le strade, Ragionando con forza e leggiadria D'amor patrio, d'onor, di libertade, Fermo ciascun, se si venisse all'atto, Di fuggir come dianzi avevan fatto,
E certo, quanto a sè, che pur col dito Lanzi ei non toccheria nè colla coda, Pure futuri eccidi amaro invito O ricevere o dar con faccia soda Massime all'età verde era gradito, Perchè di congiurar correa la modă, E disegnar pericoli e sconquasso Della città serviva lor di spasso.
Il pelame del muso e le basette Nutrian folte e prolisse oltre misura, Sperando, perchè il pelo ardir promette, D'avere, almeno ai topi, a far paura.
Pensosi in su i caffè, con le gazzette Fra man, parlando della lor congiura, Mostraronsi ogni giorno, e poi le sere Cantando arie sospette ivano a schiere. Al tutto si ridea Camminatorto Di si fatte commedie e volentieri Ai topi permettea questo conforto, Che con saputa sua, senza misteri, Lui decretando or preso or esser morto, Gli congiurasser contro i lustri interi: Ma non sostenne poi che capo e fonte Di queste trame divenisse il conte.
Al quale i giovinastri andando in frotte Offrian sè per la patria a morir presti; E disgombro giammai nè di nè notte Non era il tetto suo d'alcun di questi. Egli, perchè le genti, ancorchè dotte E sagge e d'opre e di voleri onesti, Di comandare altrui sempre son vaghe, E più se in tempo alcun di ciò fur paghe, Anche dal patrio nome e da quel vero Amor sospinto ond'ei fu sempre specchio Inducevasi a dar, se non intero
Il sentimento, almen grato l'orecchio Al dolce suon che lui nel ministero
E che la patria ritornar nel vecchio Onore e grado si venía vantando E con la speme il cor solleticando.
L'ambasciador, quantunque delle pie Voglie del conte ancor poco temesse, Pur com'era mestier che molte spie Con buone paghe intorno gli tenesse, Rivolger quei danari ad altre vie
E tôrsi quella noia un giorno elesse; E gentilmente in forma di consiglio Costrinse il conte a girsene in esiglio.
« ÖncekiDevam » |