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che rotta, ovvero perdita in Ungheria, pareria al re d'esser tenuto a risarcirlo della perdita con molta sua spesa.

Quanto poi aspetta al fatto della lega, credo certissimo che S. M. non sia per mancar all' obbligo suo nè voler strane condizioni da V. S., e ciò sì per punto d'onore, come anco per suo beneficio. L'onor è, che se bene non si vede regnar in S. M. quell'ardire e gran bravura che forse bisogneria a dettrazione dei turchi, tuttavia so che per grandezza d'animo e per religione ha questo di proprio, che vuol sempre che si dica che lui non sia mancato mai ad alcuno contra infedeli, nè che per sua causa la cristianità abbia ricevuto qualche segnalato danno; e per ciò quando è stato ricercato dal Turco, mai ha voluto dar orecchie per aver seco pace o tregua. Oltre a ciò S. M. fa professione d'esser osservantissima della sua parola, nè fin qui si è veduto che abbia mancato a' principi di quanto loro ha promesso; e però quando vien ricercato d' alcuna cosa, ancorchè la voglia fare, non la risolve subito, per non esser necessitato, quando gli fosse dannosa, a continuar in essa con suo maleficio, o rivocarla con poca riputazione.

Quanto all' utile, dico poi che con la lega, e con poco più di spesa di quella che ordinariamente fa, il re tien discosto da sè e in guerra il più possente principe nemico ch' egli abbia; onde crederò che mettendogli tanto a conto, non sia per mancar dal debito suo, nè per dar occasione che la detta unione si risolva e si disfaccia. Crederò bene che in essa S. M. non s'abbia a mover del tutto come faria per proprio interesse; e però conoscendo io tutto ciò, mentre son stato in corte, ho procurato di persuader e far creder al re e ai ministri che non hanno da riputar che questa guerra sia solo della Signoria di Venezia, ma che in essa, per infiniti rispetti, si tratta anco grandemente dell' interesse e riputazione di Sua Maestà.

Però se il clarissimo mio successore (1) avrà più felicità di me in farli capaci di questo, sarà certo uno dei segnalatissimi benefizj che si possan far in questa impresa; perchè sti

Leonardo Donato.

mandola spagnuoli come propria, vi anderiano con miglior animo, e forse, oltra l'obbligo, si delibereriano d'assaltar da sè soli per qualche altra parte l'inimico; il che riusciria di quel gran beneficio che le SS. VV. II. posson considerare. Ma se resteranno nel pensiero che basti a loro tenersi la guerra lontana con la lega, dubito che, oltra essa, poco altro da loro siano per fare; onde se a questa tepidezza s' aggiungerà il lungo e tardo procedere di quella corte, dubito che vi sarà da fare assai per aver le provvisioni in tempo, come fu nel soccorso di Malta, dove se le cose passaron bene, fu più per fortuna che per molta prudenza. E se nella guerra di Granata le provvisioni fossero state per tempo e preste, con assai manco spesa e danno sariano stati acquietati quei rumori. Pertanto sarà sommamente necessario, come di sopra dissi, far che si cominci presto a sollecitar queste provvisioni, e batter sempre in esse. E saria gran beneficio il poter far quello che mi disse il duca di Savoia, ragionando io seco sopra di tal proposito, perchè Sua Altezza fa ancor lei difficoltà grande sopra di ciò. Il quale considerando che, oltra quanto ad ognuno de' collegati bisognerà al primo tratto, sarà necessario anco ogni giorno somministrar al campo e all'armata nuovi soldati in luogo di quelli che per malattia o nelle fazioni moriranno, palle di artiglieria, polvere, viveri, e mille altre cose (che lui che l'ha provato lo sa molto bene), se si vorrà sopra ognuna spedir in Spagna e aspettar risposta, si consumeranno tutte le entrate in questa pratica; però dice lui che saria benissimo far un commissario generale, persona di riputazione, il quale da sè avesse autorità di provveder all' esercito e all'armata quanto facesse di bisogno, pigliando la roba in qualsivoglia stato dei principi confederati a giusto e ragionevole prezzo; e che per ciò si dovria fare un deposito per porzione, avanti tratto, di qualche somma di danaro per supplir a questo. E mi disse Sua Altezza che lei aveva avuto sempre molto più fatica e pensiero in provveder all'esercito quando governava in Fiandra, che in trattar la guerra stando in campo quando la regina Maria vi provvedeva.

Parerà forse a Vostra Serenità cosa nuova questa del

RELAZIONI VENETE.

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RELAZIONE DI SIGISMONDO CAVALLI. 1570.

commissario, ma certo a voler che l'impresa proceda bene sarà necessario far questa o ver altra cosa simile. E poichè le SS. VV. EE. si son degnate di darmi il carico di Savio di Terraferma, io la proporrò, e pregherò i signori Savj che la consentano; nel qual caso mi estenderò a più particolari, che dirli al presente forse non saria così opportuno e a proposito.

Conchiude lodando il suo successore Leonardo Donato, il suo secretario Leonardo Ottobon, e supplicando pel bacile e ramin d'oro, che gli fu donato dal re nel suo partirsi di corte.

RELAZIONE

DI

ANTONIO TIEPOLO

TORNATO AMBASCIATORE STRAORDINARIO

DALLE CORTI

DI SPAGNA E DI PORTOGALLO

NEL 1572.

(Da copia postillata e corretta di mano dell'autore, nel Museo Correr di Venezia, ms. Corner-Duodo, n. 42)

Nell' ottobre del 4570, passato Filippo II a quarte nozze con Anna d'Austria, il Senato Veneto, con decreto del 4 maggio 4574, deputò Antonio Tiepolo ambasciatore straordinario a quel re per rallegrarsi del fausto evento, ed in uno per vieppiù incalorirlo ad aiutare potentemente la lega oramai stabilita tra lui, Venezia e Roma contro il Turco, e a procurare l'unione di altri principi cristiani contro il comune nemico. Al quale ultimo effetto, mentre già si ritrovava in Ispagna, gli fu ingiunto eziandio di recarsi alla corte di Portogallo. Partito di Venezia nel principio di giugno e trattenutosi alcun tempo, per le ragioni che deduce, a Genova ed a Torino, giunse a Madrid il 9 novembre, pochi giorni dopo l'arrivo del corriere che vi portò la gran notizia della vittoria di Lepanto del 7 ottobre. Ebbe la sua udienza solenne il di 8 decembre, ritardata a cagione del parto della regina, e il di 20 di detto mese mosse alla volta di Portogallo, di dove ripatrio nella primavera del 4572, e nel mese di giugno lesse la sua relazione. La quale è notevole per più rispetti, ma specialmente per le cose che dice della mala disposizione di Filippo II a continuare nello sforzo dell'anno innanzi (onde invano si poté dire versato tanto sangue di cristiani a Lepanto), e più per esser la prima che ci parli del Portogallo, dove da quasi cent'anni la Repubblica non aveva spedito ambasciatore.

Di questa legazione non si aveva finora conoscenza che per una inedita scrittura di un gentiluomo del seguito del Tiepolo, intitolata: Relazione curiosissima della corte di Spagna fatta l' anno 1572 da un cortigiano del Tiepolo ambasciatore della repubblica di Venezia presso Filippo II, e Relazione della corte di Portogallo fatta dallo stesso cortigiano del Tiepolo ambasciatore presso Sebastiano I di Portogallo; della quale il sig. Gachard ha dato l'estratto nel suo più volte citato volume: Relations des ambassadeurs Vénitiens sur Charles V et Philippe II. Or della vera relazione del Tiepolo, che qui rechiamo, noi dobbiamo la cognizione alle incessanti cure dell' egregio cavaliere Vincenzo Lazari, al quale solo si deve che la nostra raccolta possa finalmente raggiungere l'intento, che forse troppo arditamente ci eravamo da principio proposti.

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