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avuto di procurar il di lei servizio; e mi assicurò che sempre che di lui vorrà servirsi la Serenità Vostra in qualsivoglia importante carico, non meno lo ritroverà sufficiente e giudizioso che sollecito e diligente, e sopra tutto pieno di buonissima volontà. Ha speso assai in questa legazione, non per vanità o leggerezza, ma per pura necessità, comportando così lo stato di quella corte, dove tutte le cose sono in estremo carissime, oltre il danno grandissimo che ha patito nelle sue robe, così nell' andare come nel ritorno di questa benedetta legazione. Perchè siccome nell' andar in Spagna, essendo da' malandrini svaligiati i carriaggi delle mie robe con danno molto maggiore che non ricercava lo stato mio, perse lui ancora una gran parte di quello che portava seco per vestirsi, così nel ritorno ha perso il tutto, ed è rimasto con quei soli drappi che aveva indosso; perchè avendo inviate per mare quasi tutte le nostre robe per venir per terra più liberi ed espediti, sopraggiunta una fortuna, bisognò, per assicurar gli uomini e il vascello, gittar due forzieri, fra' quali piacque al Signore Dio che uno fosse il suo e l'altro uno dei migliori ch'io avessi. Egli non ha grazia nè espettativa alcuna, ed è così povero di patrimonio, che non gli basta a vivere e trattenersi di quella maniera che conviene allo stato suo; però io lo raccordo con ogni affetto alla S. V., promettendole che in coscienza mia mi par di poterle dir con ogni sincerità e verità, che lo giudico meritevole e degno d'ogni sorte di favore e di qualsivoglia grazia che abbia mai la S. V. fatta ad alcun altro del suo ordine.

In quanto a me, piaccia al Signore Dio che almeno, con tanti miei incomodi e travagli, abbia io potuto dar soddisfazione alla S. V., perchè questo solo basteria a consolarmi e ristorarmi di tutto quello che ho patito così nel tempo ch'io sono stato in Spagna come nel ritorno mio da quella corte, avendo nel viaggio passati tanti pericoli e sopportate tante spese, che troppo lunga cosa saria il riferirle; nelle quali però ho avuto quest' altra consolazione di aver ritrovato a Torino per ambasciatore della S. V. al signor duca di Savoia il clarissimo messer Costantino da Molin, gentiluomo di così gran RELAZIONI VENETE.

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RELAZIONE DI SPAGNA DI G. F. MOROSINI. 1581.

bontà e di così nobil ingegno e virtù, che si fa non pur amare ma riverire da ciascuno a quella corte. Tiene casa così onorata e virtuosa, e vive con tanto splendore, come io l'ho provato in me stesso (essendo stato alloggiato da sua signoria illustriss. con non manco di liberalità che amorevolezza), che V. S. può esser certa che da alcuno non è stata servita con più dignità pubblica a quella corte; che non fu poca ventura la mia, dopo tanti travagli, capitar in così buone mani.

Nel mio partir da Lisbona mi mandò S. M. a donare quella catena che è a' piedi di V. S., presente ordinario che suol fare a tutti gli ambasciatori di questa serenissima Repubblica, il quale però è della Serenità Vostra e delle SS. VV. II. che ne possono far quanto lor piace; nè io ho altra parte in esso che quella sola che dalla loro accostumata benignità si può aspettare, non per ricompensa delle mie spese e danni patiti, ma per loro semplice grazia, e per testimonio che della servitù mia restano soddisfatte. Io posso ben dire che, oltre all' altre mie incomodità, non è stato poco, nel fine della mia lunghissima legazione, in cambio di ritornarmene a Venezia, convenir andar fino in Lisbona per licenziarmi da S. M., presentar il mio successore, e accompagnar gli ambasciatori straordinari, e spender per ritornare a Madrid quello che mi bastava a condurmi in Italia, e che a Barcellona poi non avendo ritrovata comodità di galere, mi sia convenuto ritornar per terra, spendendo il doppio di quello che avrei fatto venendo per mare. Però se piacerà alla S. V. e alle SS. VV. II. farmene grazia, io resterò intieramente consolato, e pronto a spender sempre la vita e quel poco di roba che mi avanza in suo servizio, supplicandola a servirsi sempre di me dove conosca ch' io sia buono a poterlo fare, solo dandomi tanto tempo ch'io possa ristorarmi, non pur delle spese, ma anco delle infermità che, in quattordici anni che servo la Serenità Vostra sopra le osterie, mi ritrovo aver guadagnate.

RELAZIONE

DI

MATTEO ZANE

1584.

(Da copia contemporanea contenuta nella filza 788 della libreria de' conti Manin in Venezia; codice appartenuto già ad Amedeo Svajer).

Matteo Zane fu eletto successore a Gioan Fr. Morosini con deliberazione del 6 ottobre 1580, e tornò dalla sua legazione sulla fine del 4583, come appare dalle cose ivi narrate, e specialmente da un luogo dove è detto che il re sollecitava a Roma il cappello per don Rodrigo di Castro arcivescovo di Siviglia, il quale fu appunto nominato cardinale nel concistoro del 12 decembre 1583. Che dove pure voglia supporsi l'elezione del di Castro non essere stata subito promulgata, onde potesse lo Zane per qualche tempo ignorarla, l'epoca della presente relazione non può per conto alcuno oltrepassar di molto il principio del 4584; e la data del 14 maggio, sotto la quale è registrata nell' apografo di cui si è servito il signor conte Greppi nei suoi estratti, è forse quella della sua esibizione in archivio anziché quella della lettura.

La Relazione discorre con molto senno politico intorno le contingenze generali d'Europa, che cosi strettamente si connettevano cogl' interessi di Filippo II; ragiona con qualche diffusione delle cose di Portogallo e dei Paesi Bassi; parla del progetto di un quinto matrimonio del re; e tocca di assai altri notevoli particolari, che la rendono quanto ogn'altra meritevole dell' attenzione dei nostri lettori.

Nel tempo di questa legazione accaddero i seguenti fatti:
Gli stati generali delle Provincie Unite si separano solennemente
dalla Spagna, e dichiarano Filippo II decaduto da ogni au-
torità (2 luglio 1581). Deferiscono poscia il protettorato dei
Paesi Bassi a Francesco duca d'Anjou, fratello di Enrico III
re di Francia, per insinuazione del principe d'Oranges, il
quale, anziché temere di perdere con ciò l'arbitrato dell' unio-
ne, intendeva di rafforzarsi col contrapporre quel principe agli
spagnuoli nelle provincie del mezzogiorno. L' arciduca Mat-
tias, riconoscendo in questo fatto la fine della sua effimera au-
torità, se ne ritorna in Germania (decembre 1581);
Riforma gregoriana del calendario decretata con bolla del 24 feb-
brajo 1582;

Vano tentativo di don Antonio di Crato contro il Portogallo (lu-
glio 1582);

Il duca d'Anjou, non contento dell' autorità deferitagli, tenta colla forza d'impadronirsi in Anversa del potere assoluto; ma fallitogli il tentativo, torna svergognato in Francia (giugno 4583). Alessandro Farnese, usando la fortuna, rompe i francesi comandati dal maresciallo Biron, e restituisce per alcun tempo il prestigio delle armi spagnuole nelle Fiandre.

Pretermessa una parte della solita descrizione degli stati di Filippo II, che nulla aggiunge d'importante a quanto intorno ad essi viene copiosamente discorso da molti precedenti ambasciatori, ne riportiamo quanto si riferisce al nuovo acquisto di Portogallo, e alla condizione delle Fiandre, seguitando poi integralmente la Relazione sino alla fine.

Il regno di Portogallo, situato nell'ultima parte di Spagna, si divide in due provincie, Portogallo e Algarve, ed è da farne gran conto per esser comodo ed attissimo a tutte le navigazioni, e oggidì è fatto assai più considerabile per esser aggiunto alla corona di Spagna. Apporta questo regno grandissima comodità al re, perchè mediante esso viene ad unire tutta la Spagna, le Indie Orientali con le Occidentali, e a farsi padrone di tutte quelle navigazioni, aprendosi la strada ad imprese assai maggiori e più gloriose. Il clero è onestamente ricco, e vi sono tredici vescovati ed altri benefizj tutti a disposizione del re; ma l'esser esso clero esente d'ogni gravezza, e temendo d'esser fatto soggetto come quello di Castiglia, è stato causa di renderlo tanto contrario al re Cattolico appunto come se fosse stato re Moro; a tal che i confessori e predicatori per zelo di religione movevano il popolo, e si come gli animi de' portoghesi erano malissimo affetti verso gli spagnuoli, così fu facile far tale impressione che non si potrà rimoverla se non in progresso di tempo. Vi sono anco in Portogallo tre ordini di cavalieri come in Spagna (1) con commende assai ricche, e più un ordine proprio di Portogallo

'Di Avis, San Giacomo e San Michele.

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