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sere in grazia di S. M. Cattolica, e a questo effetto,s' è posto nella sua protezione, sperando di assicurarsi con questo mezzo dai travagli che potesse ricevere dal duca di Savoia per il Monferrato; immaginandosi anco che, per la quiete d'Italia e per sicurezza delle cose sue in essa, e particolarmente nello stato di Milano, sia il re Cattolico per difenderlo da ogni molestia che gli fosse data, e sopire le fiamme di nuovi incendj, che, come s'è detto, potrebbero facilmente ardere i tetti di lui.

Il duca di Parma è non solo devoto servitore e parente di S. M. Cattolica, ma anco suddito di quella corona per la città di Piacenza, e però dipende affatto da essa, avendo, per quanto si dice, secreto giuramento d' obbedirla in ogni cosa, e necessità di rispettarla per non le dare occasione di risentirsi come potrebbe; poichè l'investitura di Piacenza non fu concessa alla casa Farnese se non fino alla quarta discendenza, dopo la quale ritorna poi al re di Spagna, come già la ducea di Milano; talchè potria S. M., non rimanendo soddisfatta di esso duca, negarsi a concedergli più oltre questo feudo; e Sua Eccellenza, per non si separare dai voleri di quella maestà, ricusò ultimamente l'apparentarsi con il granduca, per esser ciò contrario alla mente del re Cattolico.

Il duca d'Urbino, principe di poche forze, è in tutto dipendente da Spagna per essere provvisionato di quella corona, ritenendo il carico del generalato della cavalleria italiana per S. M. Cattolica.

La repubblica di Genova si ritrova a guisa d'una nave sbattuta ed agitata da venti contrarj, e posta quasi fra due ancore, che sono il principe Doria suo cittadino, e l'ambasciatore Cattolico, che ne ha la protezione in home del suo signore. Al quale non è dubbio alcuno che tornerebbe molto a proposito l'impadronirsene, non solo per aggiungere maggior dominio alla sua grandezza, ma per la qualità del sito di quella città; della quale usano dire gli spagnuoli, che se il re Cattolico fosse padrone e di Marsiglia in Provenza e di Genova in Italia, con la comodità di questi due famosissimi porti, arriveria facilmente alla monarchia. Ma sebbene il re

di Spagna non è padrone di Genova, vi ha però tanta parte, che si può tener per fermo che ella in tutto dipenda da' suoi comandamenti; e la grandezza del principe Doria, da lui tanto favorita e sostentata, gli serve per mezzo attissimo a conseguire ed ottenere quant' egli desidera e vuole da quella nazione. La qual si trova anco interessata con S. M. Cattolica per avere il re di Spagna preso gran somma di danari a interesse da' genovesi, che fuggiranno sempre di romperla per non compromettere i loro guadagni insieme con il capitale; e si crede che siano al disotto con S. M. di più d' un milione e mezzo d'oro. Nè potrà mai appresso questa nazione tanto il pubblico bene, che non possa più il loro privato benefizio, poichè si vede troppo chiaro che il pubblico, per questo rispetto, è sempre povero, ed i particolari abbondano di ricchezze.

Della religione di Malta tiene esso re particolare protezione, come anco essa dipende affatto da' suoi voleri, ed eseguisce prontamente i comandamenti regj, servendo bene spesSO a tener guardate le marine della Spagna e i regni di Napoli e di Sicilia dalle incursioni de' corsari, senza che il re ne senta interesse alcuno di spesa.

La signoria di Lucca ha posto sè stessa e le cose sue, per il timore che ha della potenza del granduca, nella protezione di Sua Maestà.

Mi resta per ultimo dire l'animo di questo re verso la Serenità Vostra; e sebbene sia difficil cosa il farne certo e fondato giudizio, tuttavia considerando l'inclinazione naturale di questo serenissimo re, che non vorrebbe vedere potentato alcuno in grandezza che gli possa dar gelosia, è da credere che vedendo lo stato di questa serenissima Repubblica ben munito di tante fortezze, e ben provvisto d'ogni cosa, e per la reputazione grande nelle cose di mare e il grosso numero delle sue galere esser di suprema autorità in Italia, e vedendo anco che, come Repubblica, è molto veemente e costante nel conservare la propria libertà; è da credere, dico, che non sia molto ben disposto ad amarla, con tutto che le porti qualche inclinazione, conoscendo il suo buon desiderio di procurar seco lui unitamente la pace d'Italia. L' ha però in granRELAZIONI VENETE,

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474 RELAZIONE DI SPAGNA DI F. VENDRAMINO. 1595. dissimo concetto, e suol bene spesso commendare la giustizia e la prudenza di questo serenissimo dominio, adducendone talora gli esempi; ma in generale la nazione spagnuola ama poco questa Repubblica, stimandola d'animo francese, dal vederla ristretta con il re Cristianissimo (1) e con la serenissima regina d'Inghilterra, apparenti nimici di S. M. Cattolica. Evvi ancora poca inclinazione in loro verso d'essa, poichè pensano che faccia professione di bilanciare gli stati e le forze dei principi cristiani; e sebben la stimano assai, non l'amano però punto.

Sanno tuttavia gli spagnuoli che nelle guerre, che potranno occorrere con la potenza turchesca, non potranno far di meno di non ajutarla, e che all' incontro da essa in tale occasione non potranno sperare la retribuzione; e però se si risolveranno a favorirla dei loro aiuti, saranno sempre scarsi e somministrati lentamente, in modo che non le diano forze e vigore, ma che solo la salvino dalla rovina, e tanto appena che basti. Il che intendendo la Serenità Vostra, ha da procurare con ogni maniera di mantenersi in pace, e provvedersi frattanto di quello che le potrà occorrere in tempo di guerra, accrescendo e moltiplicando le pubbliche e private ricchezze, facendo finire le fortezze che mancano (2), confermando e chiamando a' suoi servizj capitani e genti valorose, per poter, quando occorra, vivamente opporsi all' impeto dei nemici. Che nel resto, aggiunta sempre la grazia del Signore Dio, si deve sperare, con la prudenza di Vostra Serenità e delle VV. SS. EE., in ogni evento ottima e felice riuscita.

(1) Alla riconcigliazione del quale con Clemente VIII la Repubblica cooperò con ogni suo potere, come abbiamo avvertito nella precedente relazione del Contarini. (2) Avevano allora i Veneziani in costruzione la fortezza di Palmanova decretata nel 1593, quando, invasa nuovamente dai Turchi l'Ungheria, stimarono necessario di accrescere le difese da quella parte.

SOMMARIO DELLA RELAZIONE

DI

AGOSTINO NANI

LETTA IL 22 DECEMBRE 1598.

(Da copia contemporanea nella Libreria dei Conti Manin Mss. n.° 788).

AVVERTIMENTO

Nel libro Ambascierie non si trova registrata la legazione di Agostino Nani in Ispagna, nè l' eruditissimo cav. Cicogna, nella copiosa notizia di esso Nani inserita nel Tomo VI delle Inscrizioni Veneziane, pag. 547 e segg., mostra di averne altra cognizione che quella che deriva dall'esistenza del presente sommario. È per altro incontrovertibile ch'egli fu in quell' ufficio successore del Vendramino e predecessore di Francesco Soranzo, come, oltre questa testimonianza, viene espressa mente dichiarato dallo stesso Soranzo, andato a quella corte nel 4598 e partitone nel febbrajo del 4602, là dove dice, sul fine della sua relazione:

« Trovai all'arrivo mio in corte l'ill. signor cavalier Nani, amba«sciatore, il quale mi lasciò un esempio così grande di valore, di pru<< denza, di splendore e di stima, in che era appresso il re, il principe <«<e tutta la corte, che so che alla mia debolezza è stato d'impossibile « imitazione (1). »

È bensi da dolere che della sua relazione non si conosca che il sommario che qui rechiamo, perchè dai cenni che vi s'incontrano ben si può argomentare dell'importanza che certe parti del suo discorso avrebbero avuto, non solo per le cose di Spagna, ma per quelle altresi di tutti gli altri stati d'Europa in un'epoca tanto notevole come fu quella degli ultimi momenti di Filippo II. Vero è che in gran parte ne compensa la citata relazione del Soranzo: il quale essendosi trovato in corte, insiem col Nani, all'epoca della pace di Vervins e della morte del re, ha occasione di discorrere di tutti i grandi interessi che a quegli avvenimenti si collegavano.

Nel precedente Avvertimento abbiamo già dichiarato come il conte Greppi, per errore del codice del quale si è servito, ha dato sotto il nome del Nani l'estratto della relazione del Vendramino.

(1) Relazioni di Spagna del secolo XVII ec. Vol. I, p. 210.

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