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vizio, che non vi può Sua Maestà rimediare; in modo che ora il giuoco si ritrova in quella maggior consuetudine che sia mai stato per altro tempo. Mettono anco gran cura quei signori in vestir onoratamente, in corteggiare e servir dame, in comparir sopra bellissimi cavalli, in tener molti servitori e vestirli di livree; le quali cose tutte fanno con grandissima spesa, consumando tutto il tempo e il loro potere vanamente in simili azioni.

Del carattere e della devozione degli spagnuoli in generale:

Cosi come gli spagnuoli che sono usciti dal regno dimostrano ingegno atto e pronto a tutte le cose, così quelli che non sono stati fuori della provincia non si può dire quanto siano impazienti della fatica, come non curino saper le cose, come i loro ragionamenti siano impertinenti, e finalmente come siano dati all'ozio, alla vanità e alla lussuria. Nel negoziare e conversare poi sono tali, che alcun forestiero non può continuar con loro; perciocchè sì come nel principio si dimostrano umani e cortesi, così in un tratto si scuoprono di modo insolenti, che pochissimi abitano il paese che non siano della medesima nazione. E quanto alla religione, se dalle dimostrazioni estrinseche si dovesse far giudizio e prendere argomento, non è nazione alcuna che superi la spagnola, perciocchè in tutte le azioni sue apparenti si dimostra cattolica e molto devota. Ma se si parlerà del proceder loro, e delle operazioni che fanno, molto si dubiterà che gli animi, dicendo in universale, non corrispondano; e quelli che sanno come molti frescamente discendono da mori e da giudei, e come secretamente usano diversi costumi secondo le usanze di quelle nazioni, dubitano molto del cuor loro. È cosa verissima che alle Gerbe, e in altri luoghi che i mori tengono in Africa, molti lasciano la nostra fede e si scuoprono come loro (1); ne è dubbio alcuno che i regni di Granata e di Valenza, e altre parti di Spagna, sono piene di gente di simil qualità, se ben nelle operazioni estrinseche fingono d'esser cristiani; il che segue per il grandissi

4) It sunile abbiamo veduto dirsi dal Tiepolo a pag. 18.

mo timore e spavento che hanno dell' offizio dell' Inquisizione, il quale è di tanta autorità, che supera senza comparazione alcuna quello della maestà del re; e se non fosse questo rispetto, si potria esser certi doversi sentire con molta facilità grandissime e pericolosissime sollevazioni. Ma tanta è la severità e l'asprezza di quel tribunale, che non è alcuno che ardisca mostrarsi d'altra opinione; anzi così frequentano le chiese e i divini offizj, che non v'è paese che si possa a quello equiparare. Sono poi così facili e continui in prender il santissimo sacramento, andando a riceverlo alle ore che le chiese sono più piene e più frequenti di popolo, che danno grandissima meraviglia a tutti quelli che li vedono. A questo rispetto s'aggiunge l'utilità particolare, e il desiderio d'arricchire; perciocchè alcuno non può ottener vescovato, abbazia, commenda, o vero altro benefizio di chiesa, nè molt' altre dignità che si danno in Spagna, che rendono grossissime entrate, nè esser chiamato gentiluomo, nè cavaliero, come loro dicono, se quello non è cristiano vecchio; e chiamano cristiani vecchi quelli che sono nati di padre e madre cristiani, e che anco questi siano così medesimamente nati, tanto che per cent'anni sia stata cristiana tutta quella famiglia. S'aggiunge a questo, che nè lui nè il padre nè la madre siano stati condannati per la Inquisizione.

Delle Cortes, e specialmente di quelle d' Aragona :

Le terre di Spagna (la maggior parte brutte e poco abitate) si governano con molta libertà, avendo ognuna il suo particolar consiglio, quale eleggono esse medesime; e si reggono secondo loro ordini e consuetudini, nè il re ha che fare in questa parte se non in certi casi, nei quali vuole usare l'autorità e grandezza sua. In ogni regno sta un consiglio principale, che vien chiamato il consiglio reale, e i consiglieri sono messi dal re. A questi s' indirizzano le appellazioni; ma però le sentenze, per la maggior parte, terminano nel primo giudizio, massime quando non sono di molta importanza. Non mette il re alcuna gravezza, nè i popoli pagano imposizione alcuna oltre le ordinarie; ma per ottener doni fuori d'uso

chiama S. M. le corti, che sono come in Germania le diete, le quali si fanno separate; quelle di Castiglia riducendosi in un luogo di quei regni, e quelle d'Aragona sempre in Monzone (1).

Le corti di Castiglia si fanno con molta soddisfazione di S. M., e passano con molta quiete, essendo i castigliani molto più ossequenti e obbedienti che non sono gli aragonesi; nè avendo essi così larghi privilegi, la maestà del re li comanda con maggior autorità. Può il re chiamar queste corti ogni tre anni, dalle quali ottiene ogni volta 1,200,000 ducati, che vengono ad esser 400,000 l'anno. Suole qualche volta aver qualche dono straordinario, ma succede rare volte, facendo bisogno che S. M. dimostri le cause e le necessità che l'astringono a dimandare tale aiuto.

Le corti d'Aragona si fanno con altra maniera. Hanno privilegio, qual benissimo osservano, che mai si riducono senza la presenza del re, ovvero del principe; dal che segue che si riducano così rare volte, se ben S. M. le può chiamar ogni tre anni, come quelle di Castiglia, perciocchè le occupazioni sue molte ed importanti gli levano l'occasione d'andarvi. Fugge ancora il re di farle perchè gli avanza ben poco di quello che gli danno, che sono ogni volta 600,000 ducati in tre anni; i quali spende prima che siano finite, così nei viaggi che convien fare per ritrovarsi presente, come perchè gli conviene consumar molto tempo prima che siano ispedite, essendo obbligato ascoltare tutti quelli che vogliono dire il suo aggravio, nè può negarlo ad alcuno con tutto che la cosa fosse di minima importanza. Sopra che usano tante cerimonie e tanta lunghezza, che a voler riferir il tutto alla Serenità Vostra vi saria che dir assai. Ci va S. M. mal volentieri, perchè conviene starvi con molto suo incomodo e discontento, si perchè non può partire dal luogo dove si riducono prima che non siano del tutto terminate, come perchè conviene sopportar molte indegnità per causa dei grandi e amplissimi privilegi che ha quel regno, il quale fa professione d'esser in moltà libertà e

(1) Piccola città dell' Aragona a trenta miglia circa al nord di Lerida.

di viver come repubblica; sopra che usano quei popoli parole altissime senza alcun rispetto, e per conservazione delle loro giurisdizioni facilmente s' indurriano a fare grandissime e importanti sollevazioni. Quando accettano il re, usano queste proprie e altissime parole: « Noi, che valemo tanto come voi, << giuriamo a voi, che non valete piu di noi, per principe « ed erede del nostro regno, con condizione che conserviate « le nostre leggi e la nostra libertà, e facendo voi altrimenti « noi non vi giuriamo: »> e gli presentano il libro sopra il quale sono notati i loro privilegi, che domandano fueros, e S. M. giura la confirmazione. Si può chiamar questa tanta libertà licenza disordinata, poichè nell'azioni loro sono molto insolenti, e particolarmente verso i forestieri, facendo pagare grandissimi dazi a ognuno che passa per il loro paese, non perdonando ad alcuno, sia di qual grado o condizione si voglia. Togliono dieci per cento di quel che vale la roba, la quale viene stimata dai medesimi dazieri. Non danno al re, come ho detto, altro che 600,000 ducati quando si fanno le corti, e nulla più finchè di nuovo non si riducono; che infatti non essendo più state convocate dal 1552 fin l'anno passato, non ne aveva più avuto S. M. cosa alcuna. E tutti i denari che cavano dai dazi ed altre loro entrate restano a loro, e malamente si può sapere in che li dispensino.

Procura il re ogni occasione di far perdere loro questi tanti privilegi, e conoscendo non avere più facile nè più sicuro modo che il tribunale dell' Inquisizione, gli va del continuo crescendo l'autorità. Nelle ultime corti supplicarono gli aragonesi che l'Inquisizione non si potesse ingerire se non in cause di religione, e molto si dolsero che abbracciasse infinite cose lontanissime dal suo foro e dalla sua giurisdizione, e rappresentarono molti casi non pertinenti in alcuna parte all' officio suo; e per il vero al presente l'Inquisizione s'interpone in ogni cosa, non avendo rispetto ad alcuno, sia di qual grado o condizione si voglia, e si può al sicuro dire che quel tribunale è il vero padrone che regge e domina tutta la Spagna. Il re rispose che nelle corti non si doveva parlare d'Inquisizione; per il che si sollevarono minacciando partirsi

senza terminare alcuna altra cosa, quando S. M. non volesse che si parlasse di questo negozio che tanto a loro importava. Il re fece rispondere che dovessero acquetarsi, perciocchè prometteva, quando fosse ritornato in Castiglia, udire tutti i loro aggravi, nè mancheria allora d'esaudirli in quelle parti che fossero convenienti; con che s'acquetò il rumore. Ma senza dubbio alcuno S. M. fece quell' officio acciò le corti finissero senza sollevazione, essendo certo l'intenzione sua più volta ad accrescere che a diminuire la grandezza dell'Inquisizione, conoscendo chiaro col mezzo di quella mantenersi in reputazione, e tenere i popoli in freno e in grande spavento.

Grandissimo e antichissimo odio è poi fra castigliani e aragonesi, e lo vanno benissimo conservando; e se non fosse il rispetto che portano al re, e il gran timore di quest' officio dell' Inquisizione, cercheriano sempre d' offendersi, e fra loro seguiriano disordini di grande importanza.

Passando poi a parlare dei Paesi Bassi, così si esprime intorno alla natura ed origine di quelle turbolenze, che finirono ben presto col degenerare in aperta ribellione, e col far perdere finalmente alla Spagna quel prezioso possesso:

Quanto alla religione, sono quei popoli così corrotti e guasti, che pochissimi sono quelli che osservino la religione cattolica, anzi hanno le peggiori e più scellerate opinioni che siano, si può dire, in tutta Europa; poichè gran parte sono anabattisti, setta maledetta e diabolica fra tutte l'altre; e sono quei paesi andati tanto innanzi in questo errore, che si può temer molto, se Nostro Signore Dio non vi provvede col suo santo aiuto. Il re vien grandemente esortato d'andar in quelle parti, e gli vengono posti innanzi i grandissimi disordini e pericoli che potriano succedere per l'assenza sua; ma finora non s'intende che abbia fatta alcuna risoluzione di andarvi, con tutto che di continuo dia voce di volervisi trovar presto. La principal causa che trattiene S. M. è il conoscere di non poter fare alcuna buona operazione senza la forza, la qual non vorria usare, vedendo chiaramente che converria succe

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