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spagnuoli, ma hanno temuto di opporvisi per non si concitar l'odio universale; e alla fine anche in Spagna alcune volte si sono valuti di questi frumenti.

Con il Turco professa inimicizia per la religione e per le entrate che trae da' beni ecclesiastici e grazie del papa per quella guerra. Può patir invasioni in Spagna, in Africa, e in Sicilia; qui l'assicurano le fortezze e le armi; in Africa il Seriffo, al quale non mette conto che il Turco si faccia maggiore in quelle parti; la Spagna è lontana e importuosa, e se bene il Turco venisse chiamato da' Mori, essi sono disuniti, divisi, vili. Ma in mare non può il re affrontare con la sua armata sola la nemica.

Col Seriffo ha amicizia, ma dubita che s'intenda con Inghilterra. Ha esso Seriffo cinque figliuoli fra' quali ha repartito lo stato, e resteranno tanti regoli divisi, deboli e facili a soggiogare.

Discorre in materia de' nostri interessi comuni con Spagna, e sono quelli che andavano intorno al tempo della guerra e della pace col Turco. Interessi resi pochi con discorsi lunghi (1). Vogliono la Signoria magra; ed è pericolo che, oltre l'ordinaria tardanza, a bello studio lascino che abbia qualche gran danno prima che aiutarla, acciò cada loro in mano. Si moveranno più per Corfù che per Candia. Aiuti difensivi più tosto che offensivi, contra il bisogno della Repubblica. Non vogliono veder accrescere la Signoria di forze, come nè anco il papa. Tutti mal affetti. Quando del 1570 si ruppe la guerra, sospetta che spagnuoli fomentassero la rottura per diversione.

Il re non esorterà mai l'imperatore a lega per non si mettere in obbligo d'aiutarlo, conoscendo la sua debolezza. Descrive il successo alla casa (2) e le soddisfazioni avute; le quali sariano state maggiori, se qui non si avesse dall' am

(4) Pare che voglia dire che gli spagnuoli eran larghi in parole e stretti in fatti. (2) Pare che il discorso si riferisca a un insulto fatto alla residenza dell' ambasciatore veneto, forse per sospetto che durante la lotta tra Francia e Spagna, che poi si compose colla pace di Vervins del 2 maggio 1598, la Repubblica inclinasse più alla parte di Enrico IV che di Filippo II. Di un insulto di egual natura fatto alla casa dell'ambasciatore di Francia parla Francesco Soranzo nella sua Relazione di Spagna del 1602 (Collezione Barozzi e Berchet Serie I, vol. I, pag. 483).

basciator cattolico saputo tutto, penetrato e scritto; ed ha avuto esso Nani modo di penetrar in ogni cosa, veder le lettere scritte ec.; che da se solo ha raddrizzato il buon negozio, che è riuscito; che in fine fu aiutato alquanto dall' efficace offizio fatto in collegio con l'ambasciator cattolico dal procurator Donato. Fra gli onori ricevuti mette in fine quello che gli è stato fatto da Sua Serenità di mandargli per successore. (1). Parla del suo segretario e della grazia che supplicava, e l'ha ottenuta. Di sè e del presente (2) non molto.

.....

1) Il Soranzo sopradetto.

(2) Cioè del regalo fattogli dal re, del quale solevano gli ambasciatori supplicare dal senato la concessione.

FINE DEL TOMO V DELLA SERIE I.

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